«Vaccino obbligatorio ? Sarebbe una sconfitta»


E SE IN UNA RSA UN PAZIENTE RIFIUTASSE IL VACCINO?

Libertà di vaccinarsi: attorno a questo tema si dibatte da settimane, senza però riuscire a trovare soluzioni definitive. Ad oggi non esiste una legge che obblighi il cittadino a sottoporsi alla vaccinazione, col rischio che, se la percentuale dei vaccinati non arrivasse attorno a una certa soglia (il 70-80%) non scatterebbe l’immunità di gregge, quindi non riusciremmo a debellare il virus.
Da più parti si invoca l’obbligatorietà: da questo punto di vista giova ricordare che la Costituzione sancisce la libertà di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario (art. 32), “se non per disposizione di legge”. Già in passato più volte la vaccinazione fu obbligatoria, ma per il momento contro il Covid-19 non è stato previsto: va detto però che non sarebbe stato possibile farlo in assenza di vaccino, ma ora che c’è, che fare?
In assenza di obbligatorietà, come agire se in un’azienda qualche dipendente rifiutasse la vaccinazione proposta dal datore di lavoro? In campo sanitario poi la cosa sarebbe ancor più grave. Ma si pensi anche ad una casa di riposo: come comportarsi con un ospite che rifiutasse il vaccino? Si potrebbe imporre il vaccino come condizione essenziale per proseguire nell’attività lavorativa, in certi casi, ed è la proposta di alcuni esperti in materia, al fine di realizzare le condizioni di massima sicurezza sul posto di lavoro. Cosa accadrebbe in caso di contagio in presenza di colleghi di lavoro non vaccinati? L’azienda rischierebbe di essere ritenuta responsabile.
Per chi obietta che anche i vaccinati possono trasmettere la malattia, è vero ma in misura molto più limitata.
Alla fine, è probabile che si opti per una sorta di patente di immunità: chi si ostinerà a non vaccinarsi rischierà di non poter essere ammesso in un luogo di lavoro, su un mezzo di trasporto pubblico, al ristorante, al supermercato, allo stadio, al cinema e in diversi altri luoghi di aggregazione, proprio perché la loro presenza potrebbe costituire fonte di rischio per l’altrui salute.
Bennedetta Fornasari
Dopo il rodaggio iniziale la macchina vaccinale contro il Covid-19 si è messa in moto seppur con disparità tra le diverse regioni italiane, alcune delle quali stanno per terminare la somministrazione della prima tranche di dosi assegnate, mentre altre stanno cercando di recuperare il ritardo accumulato. Il commissario straordinario all’emergenza Domenico Arcuri afferma che, se tutto procederà secondo il ruolino di marcia, entro la fine di marzo saranno vaccinate 5,9 milioni di persone, per arrivare a 21,5 milioni alla fine di maggio e completare così la vaccinazione volontaria nel mese di agosto.
Abbiamo fatto il punto della situazione sul tema del piano vaccinale in corso con il dottor Gianfranco Lima, presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Cremona.
Il vaccino anti Covid-19 viene identificato con il nome della azienda produttrice. Ci sono differenze tra i vaccini distribuiti?
I vaccini autorizzati Comirnaty - BioNTech/Pfizer e Moderna (quest’ultimo approvato dall’Agenzia Europea per i Medicinali lo scorso 5 gennaio) sono destinati a prevenire la malattia da Coronavirus rispettivamente nei soggetti di età pari o superiore a 16 e 18 anni. Entrambi hanno registrato il 95% di riposte positive nei test effettuati e impiegano la stessa tecnologia: non viene infatti introdotto nelle cellule umane il virus vero e proprio, ma solo l'informazione genetica (mRNA, molecole di acido ribonucleico messaggero che si degradano poco dopo la vaccinazione) necessaria per impedire l’infezione, stimolando il sistema immunitario a produrre anticorpi specifici. Se in un momento successivo la persona vaccinata dovesse entrare nuovamente in contatto con il SARS-CoV-2, il suo sistema immunitario riconoscerà il virus e sarà pronto a combatterlo.
I due vaccini sopracitati necessitano della doppia somministrazione a distanza di 21 giorni ma l’immunità viene garantita una settimana dopo la seconda dose e quindi un mese dopo la prima iniezione. La durata della protezione non è ancora definita con certezza ma dovrebbe essere di almeno 9-12 mesi. Le reazioni avverse osservate più frequentemente (oltre 1 persona su 10) sono state generalmente di entità lieve o moderata (dolore e gonfiore nel sito di iniezione, stanchezza, mal di testa, dolore ai muscoli e alle articolazioni, brividi e febbre) e si sono risolte entro pochi giorni dalla vaccinazione.
I due vaccini differiscono per quanto riguarda le modalità di mantenimento e di stoccaggio delle fiale in condizioni ottimali. Quello Pfizer ha bisogno di essere conservato a -70 gradi Celsius, con trasporto delle dosi in ghiaccio secco e dotate di sensori Gps, e dunque si rende necessario un ambiente di preparazione più strutturato. Il Moderna invece è di più semplice conservazione, perché resta stabile a una temperatura che varia tra i 2 e gli 8 gradi per il breve periodo di 30 giorni, mentre nel congelatore resiste fino a -20 gradi per sei mesi.
Quali sono i prossimi step della campagna vaccinale?
Nei prossimi giorni devono essere individuate in maniera definitiva, e mediante una programmazione nazionale, le categorie prioritarie soggette a vaccinazione. In questa prima fase sono coinvolti gli operatori sanitari e sociosanitari, i dipendenti e gli ospiti delle RSA ma occorre ampliare e velocizzare l’immunizzazione di massa, procedendo con la popolazione anziana e le persone affette da patologie croniche, senza tralasciare chi opera in strutture a rischio di contagio, i lavoratori dei servizi di pubblica utilità, le Forze dell’Ordine, il personale scolastico e via via fino ai più giovani. Come Ordine dei Medici e degli Odontoiatri stiamo intervenendo presso le istituzioni regionali per favorire il piano vaccinale, garantendo la massima collaborazione e il supporto con l’impiego dei medici di medicina generale. Stiamo chiedendo di consentire nell’immediato anche la vaccinazione dei medici libero professionisti e degli odontoiatri, al momento ancora esclusi in questa fase iniziale. Sollecitiamo inoltre una risposta univoca e condivisa da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per quanto riguarda la vaccinazione delle donne in stato di gravidanza e di allattamento. Un altro punto, che dovrà essere chiarito nei prossimi giorni, riguarda l’individuazione e la predisposizione dei siti di somministrazione del vaccino in modo da coprire in modo omogeneo e capillare tutto il territorio.
Cosa ne pensa di una eventuale obbligatorietà della vaccinazione anti Covid-19?
L’obbligatorietà del vaccino sarebbe una sconfitta perché significherebbe che non c’è stata una informazione chiara, semplice ed efficace sulla necessità di questo atto di responsabilità verso sé stessi, i familiari, i colleghi di lavoro e la collettività. Ricordiamoci che attualmente non esiste una cura, non c’è una terapia, pertanto l’unica arma a nostra disposizione per debellare la pandemia da Coronavirus è il vaccino. È fondamentale sensibilizzare tutta la popolazione a partire dal personale sanitario e a questo proposito il nostro Ordine promuove settimanalmente delle attività di formazione e informazione online e stiamo lavorando alla stesura di un documento per offrire risposte e indicazioni a tutta la cittadinanza. A questo proposito risulta determinante l’attività di comunicazione e di informazione promossa dai mass media, la cui collaborazione è fondamentale per persuadere chi ancora nutre dubbi o sospetti in merito alla sicurezza del vaccino che, ripeto, non produce effetti collaterali eccetto quelli tipici di una qualsiasi vaccinazione a cui ci siamo sottoposti come l’antinfluenzale o l’antitetanica.

Rsa, in provincia ancora nessun vaccino Montini: «Aspettiamo le prime dosi»

Ma il 20%degli operatori non aderisce
Entro la metà di gennaio la campagna vaccinale dovrebbe prendere il via anche nelle case di cura e nella RSA della provincia di Cremona, secondo quanto dichiarato da Walter Montini, presidente delle Residenze Socio Sanitarie della provincia di Cremona.
«Siamo in attesa di ricevere da parte dell’ospedale di Cremona il calendario delle operazioni di vaccinazione per il nostro personale sanitario. Il 31 dicembre, a seguito della richiesta inviataci da ATS Val Padana, abbiamo trasmesso i dati relativi alla quantità di dosi vaccinali necessarie per le nostre strutture. Ad oggi quasi la totalità degli ospiti (circa 5.000 persone) ha accettato di sottoporsi alla vaccinazione anti Covid, mentre l’adesione degli operatori si attesta all’80%, un numero che siamo certi è destinato ad aumentare. Una volta ricevuta la programmazione potrà partire la formazione degli infermieri e dei medici individuati dalla direzione sanitaria delle residenze sanitarie assistenziali per somministrare i vaccini. Confidiamo che le dosi a disposizione siano sufficienti per coprire il fabbisogno delle strutture in tempi brevi».

Commenti