Pizzoni, capo della Resistenza ma cancellato dai partiti

 20/02/1894 • Nacque 127 anni fa a Cremona. Unico ad aver ricevuto la Medal of Freedom Usa, fu presidente del Cln poi esautorato dopo il 25 aprile

Vanni raineri

Non so come mi imbattei tempo fa nella figura di Alfredo Pizzoni. Nella mia poderosa ignoranza non conoscevo assolutamente niente di lui. Come era possibile che un uomo che è stato tanto importante nel periodo più delicato del nostro Paese, per di più di Cremona, mi fosse completamente sconosciuto? Poi, il sollievo per il fatto che anche colleghi ben più ferrati di me sui fatti storici ignorassero la sua figura, misto alla perplessità per come una personalità di così alta rango non fosse nota.
Qualche nota biografica. Alfredo nasce a Cremona il 20 febbraio 1984 da un ufficiale di artiglieria. Dopo gli studi a Oxford e a Londra, combatte da bersagliere nella prima guerra: internato in Austria e in Ungheria, rientra in Italia con una medaglia d’argento al valor militare e nel 1919 è a Fiume con D’Annunzio (sia pur con scetticismo). Si laurea e inizia l’impiego al Credito Italiano che durerà sino alla morte, nel 1928. Inizia a frequentare ambienti antifascisti e si avvicina a Giustizia e Libertà. Per ricongiungersi con la famiglia e lavorare al Credito nel 1933 cede alle pressioni della moglie e prende la tessera del partito. Torna al fronte da bersagliere (nome di battaglia Pietro Longhi), e anche qui si distingue per il coraggio. Alla caduta di Mussolini nel ’43 si riunisce con esponenti dei partiti antifascisti ed è chiamato a dirigere il comitato, che si trasforma in Cln, Comitato di Liberazione Nazionale, l’anno dopo Clnai (dell’Alta Italia). Servono persone colte, che parlino inglese per procurarsi la fiducia degli alleati, che diffidano dei politici; lui ci riesce a assicura cospicui fondi ai partigiani. Lo fa anche quando accompagna in Italia Sogno, Parri e Pajetta, facendoli incontrare col generale Alexander. Ma a sinistra Pizzoni è sempre più osteggiato, soprattutto da Sandro Pertini (per Pizzoni “un fanatico senza equilibrio”), e nel momento in cui non serve più alla causa viene fatto fuori: accade due giorni dopo il 25 aprile, mentre lui è impegnato nell’ennesima missione presso gli alleati. Possono restare nel Clnai solo i politici iscritti ai partiti, e lui di partiti non ne vuole sapere. Al suo posto Rodolfo Morandi. Da lì cala l’oblio su colui che fu il negoziatore principale, per conto della Resistenza italiana, con l’Alto comando alleato per tutti gli aiuti militari e finanziari ai partigiani. Una sorta di presidente, ministro delle finanze e ministro degli esteri del “governo della Resistenza”. Amareggiato dal trattamento riservatogli dopo la Liberazione, si allontanò per sempre dalla vita politica e fu nominato presidente del Credito Italiano.
Dopo la guerra, Alfredo Pizzoni fu insignito della Medal of Freedom, la più alta onorificenza civile concessa dal Congresso degli Stati Uniti. Ricevette pure la Bronze Star Medal (alto riconoscimento militare Usa) e fu nominato anche Cavaliere della Legion d’Onore dai francesi e Cavaliere di Gran Croce dalla Repubblica Italiana, solo alcuni tra i tanti riconoscimenti.
I suoi ricordi della Resistenza li raggruppò in un libro che, per sua volontà, avrebbe dovuto essere stampato 25 anni dopo la sua morte, quindi dopo il 1983. Conteneva durissimi giudizi sulla moralità della Resistenza e sulle figure di Cesare Merzagora e su Sandro Pertini. Ma in quel 1983 chi era presidente della Repubblica? Proprio lui, Pertini, che ricoprì la carica fino all’85, e morì nel 1990, da qui probabilmente la decisione di far slittare la pubblicazione. Il libro “Alla guida del Clnai. Memorie per i figli” venne quindi pubblicato nel 1993 da Einaudi con la prefazione di Renzo De Felice, ma mai messo in vendita. La denuncia di censura fu pubblicata da Avvenire il 2 febbraio del 1994, che scrisse: “Memorie importantissime, ma così scomode che l’Einaudi non le distribuisce”. Sul caso anche La Stampa, il giorno dopo, dedicò una pagina (il titolo: “Il partigiano si stampa ma non va in libreria”), confermando che le forti critiche a Pertini potessero avere inciso sulla decisione, e riportando anche l’interessante opinione di Leo Valiani, testimone dell’epoca, secondo il quale “c’era bisogno alla guida del Clnai di un uomo che non avesse avuto la tessera fascista. E Pizzoni aveva dovuto prenderla per restare dirigente del Credito, sebbene antifascista”.
Un altro interessante risvolto lo riporta il giornalista piacentino Cesare Zilocchi: «Il 30 marzo 1985  lord  Patrick  Gipson, ex ufficiale della Special Force One inglese e presidente del Financial Times,  scrisse una lettera al Corriere della Sera. Cominciava con queste parole: “desidero esprimere, anche a nome di molti altri colleghi che presero parte a quegli eventi storici, il disappunto e la tristezza che tutti noi  abbiamo provato in questi anni nel vedere che il nome illustre di Alfredo Pizzoni (alias Pietro Longhi) non sia stato quasi mai ricordato. E’ stato Pizzoni, come primo presidente del Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia, il vero capo della Resistenza. Alfredo Pizzoni fu, senza alcun dubbio, il negoziatore principale, per conto della Resistenza italiana, con l’Alto comando alleato per tutti gli aiuti militari e finanziari ai partigiani... La sua indipendenza da partiti politici è, forse – triste a dirsi – la causa probabile del fatto che egli sia stato praticamente dimenticato”. Questa lettera  il Corriere non la pubblicò».
Pizzoni fu un perdente? Può essere, scelse di non avere alcuna bandiera avendone a sufficienza di quella tricolore, e lo pagò assai caro. Lo pagò con l’indifferenza degli italiani futuri e il successo di quelli che furono i suoi avversari. Il che non toglie che la sua figura meriterebbe, una volta passate le divisioni ideologiche (prima o poi quel giorno arriverà), di essere rivalutata.

Commenti