Sconfigge il Covid e oggi festeggia i 100 anni

 TORRICELLA DEL PIZZO • Ci saranno il sindaco e il parroco. La morte del marito in guerra e la vita in golena

 

Vanni raineri

TORRICELLA DEL PIZZO - A lei che è nata lo stesso anno in cui furono fondati il Partito Comunista e il Partito Fascista, a lei che ha perso un marito in un campo tedesco quando aveva poco più di vent’anni e una figlia appena nata, a lei che ha vissuto tutta la sua vita in golena, quella parte del Po che al Po appartiene di diritto, poteva fare paura il Covid? Pierina Franchini oggi compie 100 anni tondi tondi, e per festeggiarli questa mattina riceverà il sindaco del suo paese, Emanuel Sacchini, e il parroco don Roberto Rota.
Si parlava di Covid: Pierina ha scoperto di aver contratto il virus il 9 novembre, assieme alla figlia Angela, la quale racconta: «Io ho avvertito febbre e sono andata al Pronto Soccorso. Già al secondo tampone mi ero negativizzata. Mia madre invece non ha avuto sintomi preoccupanti, è sempre rimasta in casa, ma i tanti tamponi fatti (in tutto 7) erano sempre positivi. Finalmente, il 6 febbraio abbiamo avuto l’esito negativo, dopo ben tre mesi».
Pierina e Angela ci accolgono nella loro casa in compagnia di Adriano (marito di Angela), Libero Mantovani, che da tanti decenni convive con Pierina, e il figlio Giuseppe (fratello dunque di Angela per parte di mamma). È lì che stanno preparando la meritatissima festa per i 100 anni di Pierina. Che non ha temuto il Covid non tanto per supponenza, quanto perché di ostacoli nella sua vita ne ha affrontati talmente tanti che quest’ultimo, sia pur terribile e capace di decimare tragicamente tanti suoi coetanei, non faceva altro che aggiungersi alla lunga lista. La nuova centenaria non ha ancora effettuato il vaccino, proprio perché è ancora troppo recente la sua negativizzazione: prossimamente le controlleranno gli anticorpi e poi verrà chiamata per fare le due somministrazioni.
Pierina, dicevamo, è sempre vissuta a Torricella. Per essere pignoli, nacque in provincia di Parma, ma solo perché la cascina in cui abitava allora con la sua famiglia fa parte di uno di quei lembi di terra in cui il confine regionale non segue il corso del Po. Fino a pochi anni fa sulla stradina che conduce a quella cascina faceva ancora bella vista un cippo che indicava il confine col Ducato di Parma: qualcuno probabilmente ha pensato bene di farne un gadget per il proprio giardinetto. Poi ha vissuto in altre cascine e, dopo la morte del marito, assieme a Libero in una casa che è collegata all’argine maestro da una stradina che ogni volta che il Po si ingrossa viene allagata (nella foto sopra uno di quei casi, nel 2015). Nessun problema per loro: auto in garage e fuori la barca. Così è stato per tanti anni, solo ultimamente Libero è rimasto solo a presidiare la casa in golena, con Pierina affidata alle cure della figlia. «Per la verità - dice proprio Angela - continua a chiedermi perché debba stare qui a fare niente, lei che ha sempre lavorato».
E di lavoro nei campi ne ha fatto tanto, ma si è dovuta dar da fare anche con altre attività, pure la balia, per rimediare alle sferzate del destino. Quel destino che la vide sposa nel maggio del 1943, e il marito partire l’8 settembre successivo, il giorno nefasto dell’armistizio di Badoglio: caricato su un treno fino ad un campo in Germania, dove morirà l’11 novembre del 1944. «Io - dice la figlia Angela - sono nata il 15 febbraio del ’44, quindi non ho mai potuto conoscere mio padre. Lui ha potuto vedermi in una foto che mia madre riuscì a fargli avere. So che nelle ultime parole che disse al cappellano del campo di prigionia manifestò il grande desiderio di tornare in Italia per potermi conoscere».
Non ci sarebbe mai riuscito, ma non solo: il destino non ha smesso di accanirsi contro di lui. È ancora Angela a raccontare: «Il suo corpo fu tumulato nel cimitero del campo. Qualche anno fa ci chiamarono dicendoci che il cimitero sarebbe stato chiuso, e i resti li avrebbero portati in Italia e consegnati ai famigliari. Ci dissero che la consegna dell’urna sarebbe avvenuta al Sacrario militare di Redipuglia. Partimmo per il Friuli contenti di poter finalmente seppellire mio padre, ma una volta arrivati ci spiegarono che nel corso dei lavori le ossa di tanti prigionieri morti furono mescolate, e che quindi non era stato possibile individuare parecchi resti, tra cui quelli di mio padre. Tutti quei resti senza nome sono stati quindi portati al Sacrario Militare dei Caduti d’Oltremare di Bari». Dove finalmente riposano in pace.

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