Fanghi tossici come concime nei nostri terreni

AMBIENTE • Risvolti inquietanti dall’operazione dei Carabinieri Forestali: 5mila Tir di veleno versati nei campi. Indagato il direttore di Aipo Luigi Mille

Le intercettazioni: «Pensa ai bimbi che mangiano quel mais... sono un delinquente»



Vanni Raineri
Il caso della cabina precipitata a Stresa non è purtroppo l’unico fatto di cronaca in cui si mette a repentaglio la vita altrui per denaro. Parliamo dello spargimento di fanghi industriali nei terreni agricoli anche del Cremonese. Nel caso della funivia i morti ben visibili fanno gridare allo scandalo, ma siamo certi che la responsabilità di chi abbassa la guardia sulla sicurezza (leggi il mancato utilizzo dei freni di emergenza) sia più grave di chi, volontariamente e consapevolmente, sparge veleno nei campi in cui si coltivano alimenti che finiscono sulle nostre tavole?
L’esito dell’indagine condotta dai Carabinieri Forestali del Gruppo di Brescia è da brividi: i militari parlano di 150mila tonnellate di fanghi contaminati da metalli pesanti, idrocarburi e altre sostanze inquinanti spacciati per fertilizzanti e smaltiti su oltre 3mila ettari di terreni agricoli in 4 regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Nella nostra provincia sono parecchi i comuni interessati: Castelleone, Castelvisconti, Casalmorano, Formigara, Persico Dosimo, Pieve D’Olmi, Pieve San Giacomo, Derovere, Sospiro, Piadena, Scandolara Ravara, Torricella del Pizzo, Gussola, Martignana di Po.
Il traffico illecito di rifiuti ha comportato lo sversamento sui campi delle 4 regioni italiane più sviluppate dell’equivalente di 5mila Tir. L’epoca di smaltimento va dal gennaio 2018 all’agosto 2019: almeno, su questo periodo si sono concentrate le indagini svolte dai Carabinieri Forestali bresciani coordinati dal Sostituto Procuratore della Repubblica Mauro Leo Tenaglia.
Il fulcro delle attività illecite è una società bresciana, la Wte, operante nel settore del recupero di rifiuti, che ha tre stabilimenti nei comuni bresciani di Calcinato, Quinzano d’Oglio e Calvisano, posti sotto sequestro. Quale sarebbe la condotta dell’azienda? Avrebbe ritirato fanghi prodotti da impianti pubblici e privati di depurazione delle acque reflue urbane ed industriali, da trattare mediante un procedimento che ne garantisse l’igienizzazione e la trasformazione in sostanze fertilizzanti. Invece, per massimizzare i propri profitti, la ditta ometteva di sottoporre i fanghi contaminati al trattamento previsto ed anzi vi aggiungeva ulteriori inquinanti come l’acido solforico derivante dal recupero di batterie esauste. Un business che garantiva grandi guadagni, e che si avvaleva della partecipazione compiacente di sei aziende di lavorazioni rurali conto terzi (una delle quali cremonese, di Castelvisconti), che offrivano agli agricoltori la fornitura a titolo gratuito dei finti ammendanti con addirittura compresa la successiva aratura dei campi. Fertilizzanti gratis distribuiti gratis nei campi e aratura gratis, cosa chiedere di più? Possibile che nessun agricoltore abbia mai nutrito sospetti sulla correttezza dell’operazione?
Questo business criminale avrebbe fruttato profitti illeciti per circa 12 milioni di euro. Tra gli indagati, anche imprenditori recidivi, già condannati per lo stesso reato, il che aumenta il disorientamento dei cittadini. E pure un importante dirigente pubblico (il direttore Aipo Luigi Mille) che avrebbe favorito la condotta criminale dell’azienda ottenendo in cambio incarichi e regali. Tra i reati contestati, anche quello di molestie olfattive.
La concentrazione della proprietà dei terreni, un tempo nelle mani di tante famiglie che vivevano sul posto e oggi spesso di pochi grandi imprenditori che hanno la loro principale attività in altri settori, ha certamente peggiorato il quadro, anche perché è sempre più difficile per i cittadini spostarsi in ampie aree private (pensiamo alle golene del Po) e poter essere testimoni diretti di quanto avviene nelle aree rurali.
Già il comunicato dell’operazione ha sconvolto l’opinione pubblica (almeno laddove è stata correttamente avvisata…), ma le intercettazioni successivamente rese note aggravano la situazione: il responsabile commerciale della Wte dice al telefono a un contoterzista incaricato di spargere i fanghi: «Chissà il bambino che mangia la pannocchia di mais cresciuta sui fanghi… Sono stato consapevolmente un delinquente».
In altre intercettazioni, alcuni lavoratori della Wte si lamentavano delle esalazioni in azienda: «Kumar vuole andare al pronto soccorso perché gli fanno troppo male i polmoni e la testa, gli brucia la gola. Dice che si sente morire».
Particolarmente grave il coinvolgimento dell’ingegner Mille, anche lui di Calvisano, dirigente Aipo dal 2003, che secondo le accuse sfruttava le conoscenze politiche (le dirigenze delle associazioni di agricoltori, i vertici politici regionali, parlamentari: autorità pubbliche che, è bene sottolinearlo, non sono coinvolte nelle indagini).
E si ha ben da difendere il made in Italy, o la bontà dei nostri terreni rispetto alla Terra dei Fuochi, quando emergono scandali di questa portata proprio davanti alle nostre case.

 

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