Mattarella a Cremona: dal dolore alla speranza

 

Dal dolore alla speranza. È questo il primo messaggio che ci arriva della giornata cremonese del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dal dolore della pandemia, che ha fatto della nostra città una involontaria capitale mondiale, al messaggio che sempre Cremona lancia al futuro con un grande progetto che punta proprio sulle nuove generazioni, un modo per dire che al di là delle frasi di circostanza, c’è chi crede davvero nei giovani e lo dimostra.
D’altra parte, estrapolando dai discorsi sentiti in Santa Monica gli spunti più interessanti, come ha detto il preside Anelli, dotiamo i giovani dei mezzi (conoscenze, capacità, cultura) per ripagare il debito finanziario che lasciamo loro. Non è sfuggito che i saluti Mattarella li abbia indirizzati soprattutto ai veri padroni di casa, gli studenti. Suggestivo l’aggancio storico del Presidente: «I monasteri nell’Alto Medioevo sono i propulsori della rinascita culturale e civile dei popoli d’Europa», sottolineando un valore simbolico per la ripresa del nostro Paese.
Comprensibilmente, era numerosa e qualificata la presenza delle autorità che hanno accolto il capo dello Stato all’ex monastero di Santa Monica.
Appena arrivato nel complesso ristrutturato di via Bissolati, Mattarella ha visitato gli spazi interni del campus, poi, uscito nel chiostro, si è seduto ed ha ascoltato l’inno nazionale suonato da Lena Yokoyama con lo Stradivari Vesuvius (accoppiata che in serata eseguirà l’inno anche a Torino alla partita del cuore in diretta Rai). Il primo discorso è stato quello del sindaco Galimberti, che ha ribadito la centralità per Cremona delle Università e l’opportunità importantissima di crescita, non ha mancato di sottolineare il “saper fare liutario” che ci è valso il marchio Unesco di patrimonio immateriale dell’umanità e ovviamente di ringraziare la Fondazione Arvedi-Buschini e il Cavaliere soprattutto, oltre a Regione, Provincia, Fondazione Cariplo e Camera di Commercio. Galimberti ha rimarcato l’importanza di collegare studio, ricerca e mondo del lavoro, per di più in una delle terre più fertili del pianeta. Il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana ha rimarcato la presenza storica dell’Ateneo nel territorio lombardo, da anni impegnato a perseguire l’«eccellenza educativa».
Il rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli ha insistito sul fatto che gli sforzi «sono ispirati dalla convinzione che il futuro della nostra società si gioca in gran parte sul terreno della formazione».
Prima che Lena Yokoyama si esibisse sulle note di Vivaldi per il congedo, Mattarella nel suo intervento ha riaffermato l’attenzione verso i giovani, motivo per cui le parole di apprezzamento espresse a Cremona sono sembrate particolarmente vere e sentite. L’esigenza è quella di «pensare nel nostro Paese ai giovani per consegnare loro, al di là delle contingenze del momento, un futuro adeguato che garantisca il futuro dell’Italia». Prima di lasciare la città, Mattarella ha ricevuto dal rettore una rara edizione di un trattato di agricoltura e botanica di Francesco Sansovino e dal Cavalier Arvedi (che ha incontrato nella Biblioteca) un crocifisso in acciaio realizzato da un ex dipendente dell’acciaieria.
Vanni Raineri

In piazza del comune

«Esprimo solidarietà per il dolore e i lutti»

ll presidente Sergio Mattarella è arrivato in piazza del Comune poco dopo le 10,30, preceduto dalle auto della scorta. Non c’era molta folla a salutarlo, ma le note e ancora doverose misure di distanziamento, unite al tradizionale, rigido protocollo dettato dal Quirinale non lo hanno consentito. Erano peraltro numerose le autorità cittadine, civili e religiose e gli  esponenti politici, inquadrati secondo le regole del distanziamento. La fanfara dei carabinieri ha intonato l’inno nazionale: una solennità che sempre emoziona. Ma ha emozionato ancor di più il silenzio fuori ordinanza, struggente, suonato in onore e a ricordo delle vittime cremonesi per la pandemia. Gli onori di casa spettano al sindaco Galimberti: un discorso sentito e commosso, il suo, quando ha ricordato «quel silenzio innaturale» che ha avvolto Cremona durante quei terribili mesi nei quali il virus ha colpito tragicamente e dolorosamente la città. Ha ricordato quanto fosse oneroso il compito del primo cittadino, particolarmente in quel periodo: «Quanto pesa, a volte, la fascia che indosso...». E  ha proseguito: «Caro Presidente ... non siamo esenti da difetti, ma ci impegniamo a imparare da quanto accaduto e a progettare il nostro comune futuro … Le prometto che saremo persone di speranza».
Parole che ben si attagliano all’esperienza di vita del Presidente Mattarella: un uomo che ha pagato un pesante tributo personale, con l’uccisione del fratello Piersanti per mano di mafia, ma che, fin dal suo discorso di insediamento nel 2015, non ha mai cessato di spronare all’impegno e alla fiducia nella capacità del Paese di reagire alle tante, troppe difficoltà.
E  anche le parole che ha pronunciato a Cremona vanno in questa direzione: «La mia visita vuole esprimere solidarietà per le sofferenze della pandemia che ha seminato dolore e lutti».
Poi è stata alzata la bandiera tricolore e scoperta la lapide a ricordo delle vittime cremonesi per il Covid-19, che verrà posta nel cortile Federico II. «… il ricordo delle vittime, il dolore dei famigliari, il lavoro di chi si è impegnato a salvare vite... tutto questo è raccolto in questa lapide. Dobbiamo avere fiducia per la ripresa che si è avviata», ha concluso il Presidente che, terminato il suo discorso, si è avvicinato alle transenne per ricevere il caloroso saluto delle persone presenti.
Numerose persone componevano il servizio d’ordine e della scorta al Presidente: persone per lo più in borghese, che hanno tenuto costantemente sottocchio tutta la piazza. Alcuni portavano in mano una strana borsa, una borsa piuttosto sottile. Mi sono chiesto cosa potesse contenere, e quindi, ho domandato. Mi hanno spiegato che quelle “borse” in realtà erano scudi antiproiettile per la difesa del Presidente: si impara sempre qualcosa di nuovo!
Poco prima delle 11, Mattarella è salito sull’auto per dirigersi verso Santa Monica, e, passandomi vicino, mi ha salutato. Arrivederci, Presidente.
Daniele Tamburini

IL CAMPUS

Santa Monica: dove era latino, ora è inglese

Lo ha ben detto il rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Franco Anelli: è vero che lo splendido progetto che regala alla città il Cavalier Arvedi non sarebbe stato concretizzato senza il suo contributo, ma il suo sostegno va oltre l’apporto economico ed è un sostegno fatto di una «costante, determinata e appassionata cura che ha personalmente dedicato a questa impresa, perché potesse realizzarsi».
Giovanni Arvedi ha deciso di puntare sui giovani, e nello specifico sulla loro formazione, andando oltre gli slogan e dimostrando concretamente quale sia la strada per consegnare alle future generazioni qualcosa che non sia solo debito pubblico, ma la spinta per migliorare il nostro Paese. Chiedendo loro sacrifici, certo, ma offrendo una fiducia che potrà favorire l’ottenimento di grandi risultati.
Il campus di Santa Monica che gli ospiti hanno potuto vedere nel corso dell’incontro col Presidente Mattarella è uno spazio in cui si può respirare il futuro, l’innovazione, ma inserito in un contesto che ci arriva dal Medioevo. Conoscere le proprie radici per imparare a spiccare il volo, gli insegnamenti e la tradizione del passato come forza propulsiva per affrontare le scommesse del futuro.
L’area di via Bissolati, se consideriamo anche il nuovo progetto che avrà il suo fulcro nella Caserma Manfredini, si candida ad essere il luogo del sapere, un luogo che tante altre città sono destinate ad invidiarci, dopo che per tanti decenni noi cremonesi abbiamo osservato con una giustificata dose di invidia la forza propulsiva che può derivare da una corposa presenza di studenti universitari. Il nuovo campus non basterà, serviranno scelte politiche mirate e anche coraggiose per far crescere la città non solo demograficamente, ma un bel pilastro è stato messo.
E che pilastro: oltre 16 milioni di euro di investimento in un campus che ospiterà oltre un migliaio di studenti, e diverse centinaia di docenti. E poi una ventina di aule (la sola aula magna ricavata dalla ex chiesa ospiterà 200 persone), numerose sale e laboratori, una biblioteca dotata di 14mila volumi. Il tutto per marcare ancor più la connotazione internazionale della sede cremonese della Cattolica: basti pensare che alcuni corsi di Laurea sono integralmente in lingua inglese.
Sono due i corsi di laurea ospitati in Santa Monica: la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali (preside Marco Trevisan), e quella di Economia e Giurisprudenza (preside Anna Maria Fellegara); inoltre l’Alta Scuola di Management ed economia agro-alimentare (direttore Daniele Rama). E poi, lauree triennali e magistrali e master, per non parlare dei centri di ricerca: per lo Sviluppo Imprenditoriale, sulle filiere suinicole, di coinvolgimento di consumatori, alimentazione e salute e l’Osservatorio sul Mercato dei Prodotti Zootecnici. Il tutto per garantire un vasto prestigio internazionale. Il recupero dell’ex complesso monastico di Santa Monica è anche un indirizzo che viene dato alla città, un modello da imitare. Un antico monastero in cui imperava il latino e che oggi richiama studenti da tutto il mondo per seguire lezioni in inglese.

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