LAVORO • La morte di Adil ha ricordato la vicenda del suo connazionale Taher licenziato a Cremona per essersi sfogato contro il sistema
Vanni Raineri
Il caso del sindacalista di origine marocchina ucciso nel Novarese, travolto da un mezzo pesante mentre partecipava a un presidio davanti alla sede logistica Lidl a Biandrate, ha contribuito a scoperchiare il pentolone di un settore, quello della logistica, reso una giungla dai subappalti tra cooperative.
Il caso in questione ci ha ricordato quello che Il Piccolo trattò alcuni anni fa, e che ha diverse similitudini: l’origine marocchina del protagonista, l’assunzione nelle cooperative e il problema dei subappalti.
Partiamo dai tragici fatti piemontesi: venerdì 18 giugno Adil Belakhdim, coordinatore SiCobas della provincia di Novara, stava partecipando al presidio di protesta non solo per contestare le chiusure, ma anche per protestare contro le condizioni di lavoro sempre più dure. Un giovane camionista campano ha forzato il picchetto investendo Adil e provocandone la morte. Un camionista contro un facchino, un lavoratore contro un altro lavoratore, in quella che è stata definita l’ennesima guerra tra poveri. Un episodio tragico che purtroppo era atteso, dopo che la battaglia tra chi organizza picchetti davanti ai centri di stoccaggio della grande distribuzione e chi legittimamente vuole solo concludere una dura giornata di lavoro per tornare dalla propria famiglia era in corso da tempo.
Se da un lato la pandemia ha gonfiato i profitti dell’e-commerce, dall’altro si moltiplicano le cooperative che si devono accontentare di una marginalità minima, il che significa pagare poco i lavoratori e chiedere loro prestazioni che vanno ben oltre rispetto a quanto previsto dai contratti nazionali. Si tratta in realtà di aziende che sfruttano la forma cooperativa nata per valorizzare il lavoro associato, situazione ben lontana da questi casi che rappresentano da anni una zona franca dalla quale le grandi organizzazioni sindacali rimangono estranee. Una sorta di Far West nel quale imprenditori spregiudicati offrono condizioni di lavoro accettabili solo per disperazione, lavoratori impediscono coi picchetti ad altri lavoratori di svolgere la loro attività e questi, esasperati, identificano l’avversario in quegli operai, spesso stranieri, coi quali si insinua anche un conflitto razziale.
Dure ma chiare le parole pronunciate da un collega di Adil poco dopo l’incidente: «Non si può vivere così per 850 euro al mese senza tutele, senza vita privata perché ti spostano i turni all’ultimo, se chiedi un permesso ti mettono in punizione una settimana, i giorni delle ferie le scelgono loro, dovresti lavorare 8 ore e ne fai 13 e ti pagano gli straordinari la metà, ti arrivano gli ordini di notte di essere all’alba in magazzino».
E sullo sfondo il tema delle cooperative non più accettabile. L’Alleanza delle cooperative già nel 2015 raccolse le firme per una legge che riformasse il settore, ed è sempre più urgente porre un limite ai subappalti selvaggi.
E qui torniamo al caso che segnalammo nel dicembre del 2017, quello di Taher Mansori, anche lui marocchino, che nella placida Cremona fu licenziato per aver inviato ai giornali una lettera in cui si lamentava proprio di passare da una cooperativa all’altra, società che prima lo assumevano, poi fallivano senza pagare parte degli stipendi arretrati. Poco prima raccogliemmo anche lo sfogo del suo connazionale Driss Fassali, che alla fine aveva deciso di licenziarsi. Entrambi erano addetti alla raccolta rifiuti per il Comune di Cremona, sia pur non dipendenti diretti di Linea Gestioni ma appunto di cooperative la cui durata era inferiore a quella di un gatto in tangenziale. Driss ci aveva raccontato, carte alla mano, che le prime tre cooperative per cui aveva lavorato erano tutte fallite, e la quarta aveva a sua volta dato il lavoro in subappalto all’ennesima cooperativa, situata a Salerno. Stesso destino per Taher, che pure vantava crediti nei confronti di aziende fallite e che però aveva deciso di sfogarsi sui giornali, lamentandosi anche del fatto che il lavoro restava lo stesso, agli ordini delle stesse persone ma cambiavano magicamente le società. In cambio, ecco il licenziamento per “giusta causa”, il tutto nel silenzio dei connazionali che temevano di subire la stessa sorte. Da Linea Gestioni ricevemmo un breve commento: “Sono questioni tra lavoratori e cooperativa”. Simile la risposta del Comune: “Sul problema non possiamo intervenire, noi ci occupiamo solo del bando”, pur garantendo attenzione e preoccupazione sul tema. Ma, passati 4 anni e mezzo, non pare che le cose siano migliorate.
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