Cremona città della musica? Lo dimostri

È il week end di Cremona Musica, il grande salone in Fiera, e mercoledì sera al Ponchielli sono stati decretati i premiati nell’ambito del Concorso Triennale Internazionale di Liuteria. Ne parliamo con un’autorità della liuteria cremonese quale Anna Lucia Maramotti Politi.

Vanni raineri
Le fiere significano ripartenza, come insegna l’esperienza recente di Milano.
«Il “concorsone” ha grande importanza, in quanto gli esperti che valutano gli strumenti sono di qualità eccelsa. Al di là dei vincitori, mi pare importante la capacità di coinvolgere e convogliare la presenza a Cremona di grossi nomi. Nel mondo della liuteria ai vincitori del concorso viene riconosciuto grande valore spendibile anche a livello “commerciale”. Quanto alla ripartenza, i liutai hanno sofferto parecchio in quanto non offrono beni di prima necessità, inoltre lo strumento va provato, in un rapporto diretto col liutaio. Il violino è come una scultura, bellissimo, ma la forma è connessa al risultato timbrico, la stessa verniciatura incide sulla cassa armonica. Il suono che deve essere trasmesso poi non è uguale per tutti. È come per le scarpe: non rispondono alla funzione per tutti alla stessa maniera».

Il violino si indossa dunque.
«È proprio così, è la continuità del braccio. Dunque il concorso, di grande prestigio, ha anche un valore rilevante ai fini della divulgazione. Il massimo prestigio per Mondo Musica arrivò nel 2014 quando l’Archivio di Stato concesse che il testamento di Stradivari fosse esposto al pubblico».

Quanto è importante rivolgersi agli esperti del settore e quanto la divulgazione?
«Serve rispondere ad entrambe le esigenze, l’ho verificato vedendo le presenze in Fiera dei bambini: se vengono attratti loro, lo sono anche gli adulti senza competenze che si vogliono solo avvicinare a questo mondo. D’altra parte non ci sono più i convegni ad altissimo livello dai linguaggi forbiti di un tempo, oggi si perseguono di più esigenze concrete. Ma pure per me un tempo i violini erano tutti uguali, prima di incontrare il Maestro GioBatta Morassi: è una materia con tanti risvolti, la meccanica dello strumento è una parte importante, insomma servono competenze specifiche».

I dati del turismo dicono che Cremona non è una meta di primo piano. Gli amanti del violino qui sono soddisfatti dell’offerta, ma non crede manchi qualcosa a livello di suggestione? Il visitatore cerca sempre più l’aspetto esperienziale, il richiamo della città e delle sue strade. Ad esempio l’idea di vagare nella nebbia del centro tra negozi di maestri liutai sentendo in sottofondo il suono del violino. È troppo romantico?

«Pensiamo agli eventi di grande diffusione quali il festival della filosofia o quello della letteratura. Io da sempre sostengo l’idea del museo diffuso. Pensi se si riuscisse a trasformare Cremona per una settimana in una città musicale, col Museo del Violino fulcro ma poi le botteghe, magari con vicino musicisti che interpretano musica barocca, classica, jazz. Pensiamo a una piazza come piazza Lodi o certi sagrati delle nostre chiese. Se ci fosse musica diffusa magari nella settimana in cui Cremona ospita la massa della Festa del Torrone… l’unione è strategia politica, una musica che si apre non perde di importanza ma aumenta il coinvolgimento. Pensiamo che nelle tradizioni culturali europee l’insegnamento della musica è sempre stato diffuso all’interno delle famiglie, mentre da noi accade solo per la pittura e la scultura, raramente per l’architettura. Invece la diffusione è necessaria, anche perché l’apprendimento della musica passa attraverso l’orecchio, che va educato perché nasca un interesse. La musica deve avere valore intrinseco, sennò è suoneria. L’arte che è più vicina al pensiero filosofico antico è la musica».

Il mondo della liuteria cremonese è stato spesso lacerato da divisioni.
«Ne ha patito tantissimo a partire dagli anni Settanta. Poi quei problemi sono stati superati ma permangono approcci diversi su questioni tecniche. Ad esempio trovo tragica la volontà di non sperimentare: se inizio a sostenere che uno strumento lo si fa solo così, mi precludo ogni sviluppo. Anche il giornalismo è un buon punto di riferimento, soprattutto i giornali liberi: se Cremona riuscirà a salvarsi lo farà per la presenza di testate che non devono rispondere a logiche dettate dall’alto».

Queste divisioni nel mondo liutario permangono oggi?

«La situazione non è ideale ma c’è la presenza di tanti soggetti, anche importanti, che si muovono attorno alla liuteria: la scuola internazionale di liuteria, la facoltà di Musicologia (esperienza notevole per l’approccio scientifico degli studenti, alcuni dei quali scrivono saggi per la rivista Liuteria Musica e Cultura), i cui importanti risultati raggiunti dipendono dalla preparazione di docenti e allievi ma anche dal numero ridotto degli ammessi al corso di restauro e conservazioni di strumenti musicali. Si parla spesso di università di massa, ma dovrebbe essere soprattutto ambiente di studio che promuove la conoscenza».

A proposito di università, cosa può offrire alla città l’importante recupero dell’ex convento di Santa Monica? Oggi che gli enti pubblici hanno difficoltà finanziarie è importante la presenza di magnati in grado di concretizzare progetti così ambiziosi.
«Da filosofo della storia, mi rifiuto di esprimere un giudizio. Sarà il tempo a rispondere sui grandi sviluppi di Cremona. Non so se riunire gli studenti cremonesi in un unico ambiente favorisca la città o piuttosto non rischi di creare una sorta di ghetto intellettuale che può andare bene nelle università americane o inglesi. Forse se si fosse creato a Cremona un tessuto diffuso sarebbe stato preferibile: penso alla vecchia Parma dove gli studenti vivendo creano la vita della città. Non saremo dunque noi a giudicare, ma le generazioni future. Va anche capito come si evolveranno le università: il sapere, umanistico, teorico, quanto sarà presente, dato che si tende sempre più a creare competenze spendibili? Detto questo, la salvaguardia degli edifici architettonici comporta capitali significativi, ma vorrei ricordare anche una figura come Gianluigi Coralucci, restauratore di Santa Monica e prima del Palazzo dell’Arte, e che restaurò la Cappella Sistina, e ancora la presenza della Sovrintendenza dei Beni Culturali, che ha garantito la salvaguardia di beni preziosi. La Sovrintendenza in questo momento è un importante punto di riferimento, da cui sono passate figure di funzionari fondamentali come Pietro Gazzola per Cremona, gente di grande spessore, certo più dei ministri della Cultura».

Allarghiamo lo sguardo: anni fa Cremona ospitava mostre di grande richiamo, ora non più.
«Non sono in grado di giudicare l’impatto economico, ma erano eventi importanti. Col senno di poi, si sarebbe potuto collegare già allora il grande evento con iniziative “minori”, per evitare le presenze fugaci dei visitatori».

Per chiudere: Cremona è città della musica?
«È uno slogan, deve dimostrarlo pienamente».

 

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