LIBRI E DINTORNI • Rosalba di Villanova, autrice di “Baci senza amore!”, e la sua ricca collezione d’arte messa in vendita
Alessandro Zontini
Le ninfee o la cattedrale di Rouen, entrambi immortalati da Monet, o le ballerine di Degas fanno discutibile e bella mostra di sé, ornando quaderni, penne a sfera ed altri articoli da cancelleria, magliette ed altra paccottiglia, confezioni di biscotti e compongono puzzle da 2000 o più pezzi.
Certamente, nel valorizzare i predetti autori francesi, è stata determinante una diffusa critica - francese, è ovvio - che ne ha glorificato per anni le notevoli ed indiscusse capacità pittoriche. Tale fenomeno ha, tuttavia, comportato un eccessivo interesse per i predetti autori a discapito di altri, coevi, di pari dignità artistica ma non adeguatamente valorizzati - italiani, è pure ovvio.
La massa, specie quella italiana, connotata da un’eccessiva ed inspiegabile esterofilia artistica, segue acriticamente mode, tendenze e “gusti” omettendo qualsiasi personale ricerca artistica (diversamente non si spiegherebbero gli immancabili successi di artisti come Frida Khalo o Bansky o Picasso e la totale obliterazione, dai circuiti delle mostre - alla moda - di eccelsi pittori quali il Morazzone, Lavinia Fontana ed altri ancora). Se, oggi, si decidesse di acquistare un Monet o solo (solo per modo di dire) un Caillebotte, sarebbe opportuno disporre di considerevoli risorse economiche. Viceversa, per appendere al muro del salotto di casa un quadro di uno dei qualsiasi grandi pittori napoletani della fine dell‘800, che quanto a capacità artistica e fascino competono alla pari con i coevi pittori francesi, è sufficiente disporre di qualche migliaia di euro, un buon occhio e un po’ di fortuna. Per accostarsi e prendere dimestichezza con la meravigliosa ma fin troppo ignorata arte napoletana di fine ‘800, è sufficiente acquistare qualche catalogo o un saggio monografico che conducono anche il più impreparato lettore occasionale, verso la bellezza artistica dei colori delle opere di autori quali Vincenzo Irolli, Attilio Pratella, Giuseppe Casciaro, Pietro Scoppetta, Vincenzo Volpe, Vincenzo Migliaro ed altri ancora. Anche un catalogo di una casa d’aste che proponga una selezione di pittori dell’800 è utilissimo per apprezzare il non ancora perfettamente compreso valore dei predetti artisti e, magari, sprona a partecipare ad una seduta di vendita per acciuffare qualche capolavoro che non stonerebbe nei più titolati musei del Mondo. Tra le innumerevoli pubblicazioni che si possono reperire anche per sole poche decine di euro ma assai utili per orientarsi ed addentrarsi nell’arte partenopea di fine ‘800, si vuole segnalare un raro catalogo di un’asta dell’anno 1929. L’asta si tenne a Napoli, presso la celebre galleria Canessa sita in piazza dei Martiri n. 30 dall’11 marzo al 20 marzo 1929, anno VII dell’era fascista. Il titolo del catalogo, nella sua esatta estensione è “Catalogo di quadri antichi, e moderni, mobili, porcellane, tappeti e sopra mobili provenienze da Signorina Rosalba di Villanova - Eredi del grande Maestro Domenico Morelli - Collezionista inglese testè deceduto”. Stampato con una copertina in severo grigio/verde a caratteri neri e rossi, venne editato dalle I.T.E.A. (industrie tipografiche ed affini) di Napoli e, quindi, posto in vendita a lire dieci. Tuttavia, qualificare tale pubblicazione come “catalogo” è, quantomeno, riduttivo. In realtà si tratta di una piccola opera d’arte. Ogni lotto in vendita è riprodotto fotograficamente in tavole di color seppia, nitide e precise nel mostrare i dettagli. Ogni riproduzione è protetta da una velina e la descrizione di ogni singolo pezzo è, talvolta, intervallata da note descrittive e storiche a corredo.
Insieme a suppellettili e a mobili di eccezionale interesse, spiccano quadri di straordinari autori della fine dell’'800, in prevalenza di scuola napoletana, ma non solo, quali Nicola Palizzi, Ercole Gigante, Vincenzo Irolli, Michele Cammarano, Domenico Morelli, Attilio Pratella, Francesco Mancini, Telemaco Signorini, Giovanni Fattori, Giovanni Carnevali, detto il Piccio, ma anche celebri nomi più risalenti, quali Bernardo Cavallini, Lorenzo Lotto, Bernardo Strozzi. Nell’esemplare esaminato un’ignota mano ha voluto, con forza, obliterare con l’aiuto di un lapis l’attribuzione di un quadro – “In giardino” - la cui paternità era riferita a Giuseppe de Nittis imputandolo, invece, a Michele Tedesco, pittore originario della Basilicata ma attivo a Napoli alla fine dell’800. Resta, quindi, il dubbio in ordine all’attribuzione del quadro. Avevano ragione gli esperti della Galleria Canessa oppure l’ignoto glossatore?
Inoltre, da quale delle collezioni proveniva questo capolavoro? Dagli eredi di Domenico Morelli oppure dalla collezione dell’“inglese testè deceduto”, oppure, ancora, dalla collezione personale di Rosalba di Villanova?
E chi era Rosalba di Villanova? Dalle scarne notizie reperite, risulta fosse una bellissima nobildonna napoletana, abbiente, mecenate e collezionista di opere d’arte. Qualcuno ha voluto accostarla alla, assai più celebre, Marchesa Luisa Casati, celebre promotrice di eventi mondani nella Venezia degli anni ’20, nella cui celebre Piazza San Marco passeggiava tenendo al guinzaglio un ghepardo ed indossando una sola pelliccia.
Marchesa Luisa Casati, nota anche per essersi autoproclamata “opera d’arte vivente”, forse amante di D’Annunzio e sicuramente sodale ed ammiratrice di Marinetti ed altri futuristi, condusse una vita così opulenta e sfarzosa che, nel 1930, dovette vendere le sue proprietà e la sua collezione d’opere d’arte per fronteggiare i vari debitori. Si tramanda che analogo fato dovette affrontare anche l’eccentrica Rosalba di Villanova che, come Luisa, ebbe una vita molto agiata ed anticonformista, caratterizzata da mecenatismo, eleganza e da audaci e proficue incursioni nel mondo dell’arte e della letteratura. In particolare, l’affascinante Rosalba di Villanova, rivelando insospettate capacità letterarie, si diede alla scrittura inanellando una serie di gustose novelle con finale a sorpresa, come era tipico dell’epoca. Donna ammiratissima e, pure, invidiatissima volle apporre una singolare dedica alla raccolta dei suoi scritti intitolata “Baci senza amore!”: “Queste novelle sono dedicate ai miei amici ed alle mie amiche, in cambio delle malignità e delle moine che mi donano con tanta generosa prodigalità”. Un garbato e sarcastico omaggio a chi la circondava e - falsamente – blandiva. “Baci senza amore”, edito dall’“Editrice italiana” di Napoli, senza data ma della fine degli anni ’20, è oggetto davvero misterioso. Secondo il sistema Opac Sbn, ne risulta essere disponibile un’unica copia, conservata presso la Biblioteca comunale Federico Pezzella di Santa Maria Capua Vetere. La copertina del volume è una vignetta policroma che raffigura, simbolicamente, proprio l’autrice adagiata tra mille cuscini sgargianti intenta a fumare l’immancabile sigaretta che teneva sempre tra le dita.
Non è infondato ritenere che i vari personaggi delle undici novelle proposte siano effettivamente esistiti: la loro precisa caratterizzazione e le precipue vicende descritte, talvolta imbarazzanti e grottesche, suggeriscono che Rosalba li abbia effettivamente conosciuti e che abbia voluto sbeffeggiare questi piccoli uomini e donne che mai e poi mai avrebbero potuto competere, per grazia, eleganza e buon gusto, con lei, opera d’arte vivente come la sua “collega” Luisa.
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