A Tutto food le nuove sfide del settore agroalimentare



DALL’INVIATO VANNI RAINERI
 
MILANO - Cinque giorni di ressa nei 5 padiglioni dedicati in Fiera di Rho a Tuttofood: un successo pieno per FieraMilano, Coldiretti e Filiera Italia che hanno collaborato per questo grande evento, teso non solo a rappresentare un punto di incontro tra aziende e professionisti dell’agroalimentare, ma anche a presentare dati, ricerche, condivisione di nuove tecnologie e tendenze.
Tanti erano ovviamente anche gli espositori della provincia di Cremona, tra le centinaia e centinaia divisi per settori alimentari, dalla pasta al vino, dal salutistico al surgelato, dalla carne al pesce, dalla frutta ai dolci.
L’evento clou, tra i 450 organizzati, è stato quello di lunedì pomeriggio, organizzato da Coldiretti e Filiera Italia. Si trattava dell’incontro “La filiera agroalimentare, un traino per la ripartenza del Paese”, che ha visto l’introduzione del Segretario Generale della Coldiretti Enzo Gesmundo e gli interventi di Luigi Scordamaglia, Consigliere Delegato Filiera Italia, Luca Palermo, Amministratore Delegato e Direttore Generale della società Fiera Milano, Carlo Ferro, presidente Ice, Stefano Patuanelli, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ed Ettore Prandini, Presidente Nazionale Coldiretti.
Gesmundo ha esaltato l’iniziativa Coldiretti dei Mercati di Campagna Amica: «All’inizio ci prendevano in giro, oggi è nel mondo, e solo in Italia fattura 4,5 miliardi di euro». Quindi ha rivendicato di aver «segnalato la delittuosa diffusione del glifosate» proprio nel giorno in cui (il 25 ottobre appunto) si festeggiava la giornata mondiale della pasta. Oggi però la battaglia è un’altra: «La nuova frontiera è la carne sintetica. Non parlo dei cosiddetti hamburger vegetali, ma della vera e propria fabbrica della carne. Il nostro Forum di Cernobbio dedicherà ampio spazio a questa importante partita, una partita decisiva che avrà solo vinti e vincitori. E noi dobbiamo vincerla così come abbiamo vinto quella contro gli ogm. Dobbiamo sapere che questo è un ogm al cubo: oggi la biologia sintetica gode di 400 milioni di dollari di investimenti. Il Made in Italy deve trovare una capacità sistemica forte. I grandi potentati economici - ha concluso Gesmundo coinvolgendo altri aspetti della partita - vogliono arrivare a una dieta unica mondiale»
«Questa di Tuttofood - ha iniziato Scordamaglia - è una sorta di edizione zero per la ripartenza, ma il settore agroalimentare ha chiuso il 2020 in positivo mentre il manifatturiero ha perso parecchi punti. E noi vogliamo rilanciare come seppe fare qui Expo2015. C’era gente che sorrideva quando lanciammo l’idea ambiziosa di 50 miliardi di esportazioni, ora diciamo che possiamo arrivare a 100 miliardi nel giro di 10 anni, e forse oltre. Il mondo normalizzato vuole il Made in Italy alimentare, che ha segnato un +10%, mentre il saldo attivo tra export e import è cresciuto dell’87%. Purtroppo l’italian sounding cresce ancora di più, facendoci perdere miliardi e 300mila posti di lavoro possibili. Dobbiamo raccontare il Made in Italy al mondo esaltandone l’autenticità». Il dirigente di Filiera Italia ha sottolineato l’importanza del country branding, la capacità dell’agroalimentare italiano di attirare i giovani (+8% di occupati in agricoltura a fronte del -20% europeo), le enormi potenzialità di Milano ideale porta d’ingresso ai territori e la voglia di sostituire la Fiera francese in calo quale fiera internazionale europea. Quindi un punto che poi sarà ripreso: «Il 90% dell’export italiano è fatto dal 5% delle aziende. Va bene che facciano da traino, ma le piccole medie aziende e le filiere sono il vero punto di forza».
L’ad di FieraMilano Luca Palermo ha riconosciuto i meriti dei partner: «Questo è il premio al coraggio mostrato dagli imprenditori quando dicemmo che Tuttofood si sarebbe fatto. Poi abbiamo incontrato gli amici di Filiera Italia e di Coldiretti e ci siamo detti che serviva più coraggio: in tre abbiamo realizzato questa edizione zero». L’importanza di essere in FieraMilano: «Questa Fiera fino al 2019 aveva 50 eventi con milioni di visitatori e vendite per oltre 45 miliardi di euro. Ebbene, la filiera agroalimentare è la seconda della Fiera, con 11 miliardi: questo deve essere l’hub europeo agroalimentare nel mondo. Nessuno di noi si aspettava di riempire con tanta gente i 240mila mq, con accessi sicuri. La Fiera deve saper creare i giusti contesti e accompagnare le aziende nel mondo». A questo proposito, una novità: «Abbiamo l’accordo per portare Tuttofood a Singapore il prossimo anno. Vogliamo essere una piattaforma a disposizione della filiera agricola italiana».
Il presidente dell’Agenzia Ice (l’agenzia per la promozione all’estero delle aziende italiane) Carlo Ferro ha detto che oggi ci sono più certezze: «Non ci sono i dazi temuti dopo la Brexit, abbiamo 5 anni di tregua con gli Usa, restano però difficoltà ad entrare in Cina. Il primo punto di forza è che l’agroalimentare italiano esprime un grande valore di filiera. Un punto di debolezza sta nel fatto che 43 miliardi sono fatti da 57mila aziende, con una frammentazione evidente. Serve premiare le reti e fare un focus sulle piccole e micro imprese, e possiamo aiutarle coi nostri 78 uffici nel mondo». Ice si propone come partner ideale per chi si confronta con le tematiche dell’agricoltura ed ha impegnato 50 milioni di euro per combattere l’italian sounding.
È poi toccato al ministro Patuanelli, che ha ringraziato Coldiretti per avere creato momenti di confronto e condizioni per lavorare assieme. «Oggi - ha detto elencando vari argomenti - il grande tema è predisporre il piano strategico con la nuova Pac che disegnerà l’agricoltura per i prossimi 40 anni. Il contrasto al cibo sintetico serve, sennò tra 50 anni l’agricoltura non servirà più, ma noi nell’agricoltura crediamo molto. Quando parlo di innovazione e tecnologie penso piuttosto ai droni che dialogano col trattore per ridurre l’impatto ambientale nelle produzioni, con minor spreco di risorse idriche. Serve attrarre giovani al lavoro faticoso nelle campagne sventando il rischio del consumo di cibo con le pillole. L’etichettatura serve per informare il consumatore, deve essere un’informazione, non un condizionamento». E qui è scattato il primo applauso convinto da parte delle centinaia di persone che assistevano al dibattito. «L’agroalimentare per l’Italia - ha proseguito Patuanelli - è traino della ripresa perché rappresenta cultura, territorio, diversità di paesaggi unici al mondo. Noi dobbiamo solo accompagnare e agevolare il percorso e l’innovazione». Sulla ridotta dimensione aziendale: «È un problema solo quando non inserita in una filiera che funzioni: il piccolo imprenditore non va lasciato solo. Può rappresentare un valore più che un problema, per non rischiare di snaturare l’eccellenza». Ha poi parlato del Pnrr come di una grande opportunità, della garanzia del reddito dei produttori da salvaguardare, delle agroenergie per cui interessa la parte “agro” («Le aziende agricole non devono trasformarsi in aziende energetiche»). Quanto all’acqua piovana, «ne captiamo solo l’11%». Criticità storiche da superare.
A chiudere l’interessante dibattito il presidente nazionale Coldiretti Prandini (il suo successore alla presidenza regionale lombarda Paolo Voltini sedeva in prima fila, accompagnato dalla direttrice provinciale Paola Bono alla guida di una folta rappresentanza cremonese). Anche lui ha evocato l’accelerazione prodotta da Expo 2015, ha ringraziato tutti i partner (il ministro per quel che ha fatto ma anche per quel che dovrà fare per la Pac). Ha ribadito la lotta centrale all’etichettatura a semaforo, per una garanzia per le imprese e ancor più per i consumatori che non vanno ingannati: «Più che un semaforo andrebbe consigliato un consumo giornaliero ideale per una corretta alimentazione». Quanto all’italian sounding, una lettura interessante: «Vale 100 miliardi che ci sono sottratti, quindi è un grande problema, ma anche una grande opportunità, poiché la gente acquista prodotti che richiamano l’italianità. Sta a noi andare nel mondo coi veri prodotti italiani». E qui il primo applauso. Poi la richiesta di ponti con industria e distribuzione: «Mi rivolgo ai grandi industriali del lattiero-caseario: l’Italia ha vinto gli Europei non per avere un giocatore più forte ma per il concetto di squadra, e noi dobbiamo fare squadra». Secondo applauso convinto.
Per Prandini una remunerazione vecchia di anni non può affrontare costi molto superiori al passato (per semine, gasolio, luce e gas), poi ha difeso la biodiversità. «È vero che il 92% del tessuto produttivo è costituito da piccole e medie imprese, ma questa è la nostra storia, il nostro valore. Devono fare rete».
Sulla sostenibilità: «Siamo in linea, ma non diventi uno slogan. E dobbiamo puntare sul criterio della reciprocità, pretendendo che le stesse regole siano applicate sia in entrata che in uscita dei prodotti: la Cina insegna che chi non rispetta le regole ambientali cresce di più, e perde chi crea condizionamenti».
Sull’inquinamento: «Ci hanno detto per anni che l’agricoltura aveva un impatto devastante in atmosfera. Oggi si è dimostrato che in Italia l’incidenza è minima rispetto ad altri sistemi produttivi. Il nostro modello di impresa va esportato». Ultimo tema, la ricerca: «Non si cresce senza ricerca, dobbiamo impedire che i nostri giovani debbano andare all’estero per cercare fortuna».
La chiosa con il richiamo ad un giusto reddito per gli agricoltori italiani, a chiamare l’applauso del congedo.

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