Intervistare Maurilio Segalini non è la cosa più semplice: tu parti con una domanda poi lui risponde, ti fa un esempio, ti mette lì un aneddoto, ti offre uno spunto interessante e ti accorgi che il programma che avevi pianificato è andato a farsi friggere. E così non ti resta che raccogliere qua e là gli spunti sullo stesso tema e fare una specie di mosaico. Proviamoci.
Partiamo dalla grande impresa che ha bagnato il vostro centenario, l’oro olimpico di Valentina Rodini.
«In questa gara ho rivisto il suo dna, solo due ragazze come loro potevano fare un’impresa del genere, quarte a poche centinaia di metri dall’arrivo. Ci ha messo tre anni a trovare la sintonia con Federica Cesarini, e l’aumento di colpi negli ultimi 400 metri è stato eccezionale. Ha una volontà e una determinazione tali che non la rendono una ragazza “normale”. Io l’ho guardata in faccia 100 volte prima di stabilire con lei una sintonia: non mi faceva entrare nel suo mondo, per lei ero un’autorità e lei temeva l’ufficialità. Ci ho messo tre anni, devo dire che assomiglia a suo padre, che è nel consiglio direttivo. Venti giorni prima che Valentina partisse per Tokyo eravamo preoccupati per la sua schiena, invece ce l’ha fatta. Una gara così Valentina non l’aveva nemmeno sognata».
In fondo dare il massimo proprio nel momento che conta è caratteristica dei più grandi. Piuttosto spiace per altre medaglie annunciate.
«È un grande peccato quanto accaduto a Gentili e Farias. Il guaio che è capitato all’imbarcazione di Giacomo in finale è molto raro, chi poteva immaginare un simile errore tecnico sulla barca? Dopo quella serata, davanti allo schermo gigante in sede non avevo voglia di tornarci la sera dopo per la finale di Valentina. Quanto a Farias, purtroppo è ancora in ospedale. Ha subito la terza operazione e purtroppo l’11 dicembre non potrà partecipare alla festa dell’atleta».
Parliamo proprio di questo, la festa sportiva che si terrà sabato prossimo.
«Presso il palazzetto sportivo daremo un riconoscimento ai 28 allenatori, poi premieremo 7 atleti: Valentina Rodini atleta cremonese dell’anno, Gigi Arrigoni (che si è dimesso lasciando spazio al nuovo coordinatore Luca Manzoli, leggi articolo a pagina 25, ndr) allenatore dell’anno, Giacomo Gentili ed Esteban Farias. Di loro sarà presente solo Gigi, in quanto gli altri saranno via: due nel ritiro di Sabaudia e uno appunto in ospedale. Le altre tre medaglie andranno alle nostre promesse Susanna Pedrola, Elena Sali e Cecilia Chiesa».
Poi un’altra anticipazione.
«Il 19 marzo 2022 Cremona ospiterà l’assemblea nazionale dell’Unasci, Unione Nazionale Associazioni Sportive Centenarie d’Italia, che ha 217 società iscritte. Il convegno, con relatori importanti, sarà sul tema dello sport al femminile e della difficoltà per le donne di trovare sponsor, e Valentina purtroppo ne sa qualcosa. Il calcio in Italia assorbe tutto».
Cosa pensa del sistema sportivo italiano dei gruppi militari?
«È una fortuna che ci sia questa opportunità, perché garantisce sicurezza consentendo agli atleti di punta di allenarsi. Certo se l’Italia deve avere solo le forze di polizia per sostenersi il problema è evidente».
Anche all’Assemblea Industriali la Rodini ha conquistato tutti.
«Sono persone determinate, lei e suo padre, corrette e capaci, e io che sono direttore delle risorse umane lo so bene. I ragazzini guardano con ammirazione i campioni, così come sono importanti coloro che educano i bambini dall’età di 8 anni, come ad esempio Gianluca Bacchi».
La Bissolati in passato ha tentato il salto verso lo sport di vertice con tennis e pallanuoto, poi abbandonato.
«Io credo che le canottieri non possano essere società sportive professionistiche, hanno un dna diverso, vivono lo sport come educazione. Purtroppo lo sport non è mai stato cultura per certa politica italiana, nonostante Mennea e tanti altri abbiano dimostrato che la persona che cresce nello sport sfrutta il metodo appreso: lo sportivo è abituato a lavorare tanto e a ottenere risultati in base agli sforzi fatti; il solo talento non basta. Ancora oggi c’è chi pensa che dal mondo sportivo non possano uscire personalità politiche di rilievo. A Cremona l’assessorato allo sport è tornato di recente ma mancava dal 1977».
Al contrario di quanto accade negli Stati Uniti.
«Esattamente. Io andai negli Usa proprio per questo motivo. Quel popolo ha tanti difetti ma sulla cultura del lavoro è maestro. Da noi, io so che Oreste Perri quando è diventato sindaco di Cremona ha studiato e si è impegnato tanto. Lui tra l’altro ha un grande intuito nella scelta delle persone».
Tra qualche mese, il 9 aprile, ci saranno le nuove elezioni. Si ripresenterà da presidente?
«Non so, so però che la squadra che mi sostiene è buona. Se rimanessi presidente assumerei Farias come custode della società, credo sia la persona giusta. Mia moglie però mi chiede perché mai dovrei ricandidarmi, con tutti gli impegni che ho. Il fatto è che ho intenzione di morire in piedi».
Dopo la crisi del Covid, riuscirete a mantenere le quote attuali?
«In 8 anni abbiamo avuto un aumento di soli 25 euro, certo non ce la faremo più a continuare così. Abbiamo già economizzato tutto quel che si poteva, ora però, se si vogliono nuovi investimenti, come la copertura della piscina 33 metri, serve chiedere qualcosa in più».
Sta emergendo l’idea in alcune canottieri che, considerato l’elevato impegno richiesto, sia necessario stipendiare presidente e consiglieri. Che ne pensa?
«Sono contrarissimo. Appena insediato nel 2014 proposi un codice etico che prevede addirittura zero rimborsi ai dirigenti. Nello sport dilettantistico credo nei dirigenti che lo fanno perché ci credono. Sarà che sono diventato vecchio? Non mi sento tale. Mi auguro che chi arriva a fare il dirigente sportivo abbia prima fatto altro nella sua vita, e lo stesso dovrebbe avvenire per la politica».
Non trova che sia demagogico chiedere ai politici di lavorare per pochi soldi?
«Se fai un’attività che assorbe tanto dalla tua professione è giusto che l’impegno sia pagato, ma il giusto».
Pur considerando la pandemia, avete rispettato il programma del 2017? E quali dovranno essere gli impegni futuri della Bissolati?
«Certo il Covid ha pesato, ma abbiamo centrato una serie di appuntamenti. Quel che ci manca ora è la copertura della piscina 33 metri, probabilmente la costruzione di un campo di padel, poiché il tennis occupa solo il 47% della sua capacità. Dobbiamo poi rafforzare strutture di sostegno allo sport, ad esempio un secondo piano alle palestre degli atleti».
Sullo sfondo c’è sempre il caso Tamoil.
«Sono convinto che come società vinceremo la causa. Se ciò accadrà, la metà delle risorse dovremo impiegarle in operazioni di bonifica e l’altra metà in investimenti sulle strutture che hanno risentito dell’emergenza. Oggi non abbiamo problemi sanitari in superficie, ma quando quei contenitori di materiale surnatante vengono prosciugati provocano il cedimento delle strutture sopra, tanto che abbiamo dovuto riqualificare il palazzetto e la piscina 50 metri in parte ha ceduto. Per dare un’idea dei costi, stiamo facendo lavori e il materiale asportato finisce in discariche speciali il che ci costa 7 volte più del normale».
Torniamo al Centenario, un anno speciale.
«Abbiamo fatto 12 manifestazioni sportive e altrettanti eventi ricreativi: è stato un mezzo miracolo considerando l’anno, una grande soddisfazione. C’è stato il trofeo di nuoto in maggio, la Fanino Alquati di bocce, una gara di canoa sul Po che siamo tornati a organizzare dopo 17 anni dalla precedente, i campionati italiani di voga in piedi. In collaborazione con la Caritas Diocesana abbiamo ospitato le prime famiglie afghane sulle nostre barche sul fiume Po. È stato poi bello portare in gita in settembre i soci over 65, e celebrare i 100 anni con la Cremonese che pure è società centenaria».
I soci più anziani hanno un ruolo fondamentale.
«Sì, devono essere esempio, devono esserci per i giovani senza fare per forza di testa loro, sono un riferimento importante».
Come è andato l’esperimento dei soci temporanei?
«Il risultato è stato interessante, nonostante la scelta sia stata inizialmente contestata. Quel che conta è che il saldo soci attivi è tornato in positivo, dopo aver pagato un calo dovuto proprio al caso dell’inquinamento Tamoil».
Segalini fa poi un omaggio ad un illustre predecessore.
«Giuseppe Salvadori è stato un presidente illuminato non solo per aver gestito al meglio la grande crescita di soci e il potenziamento delle strutture, ma anche per piccole cose che fece, ad esempio quando acquistò i “marmittoni” che il Comune aveva in disuso. Se siamo oggi quel che siamo è grazie a chi ci ha preceduto. Per questo ritengo che abbiamo l’obbligo morale di avere canoa e canottaggio: sono le discipline per cui siamo nati. E poi consideriamo che nel nuoto o nel tennis qualcuno potrebbe farcela, ma in queste nostre discipline storiche offriamo ai ragazzi grosse possibilità di ottenere grandi risultati. Quanto ai dirigenti, oggi la nostra provincia ha due grandi figure come Cesare Beltrami a Cremona e Carlo Stassano a Casalmaggiore».
Crede che in futuro possano esserci dirigenti alla loro altezza?
«Devono possedere innanzitutto i loro valori etici, certo da parte di chi amministra è fondamentale avere credibilità. Vediamo che i giovani si allontanano dalla sequenza atleta-allenatore-dirigente, perché non apprezzano abbastanza il ruolo di dirigente, e questo è un errore gravissimo. Manca quindi la programmazione. Un discorso simile si può fare per la politica, per questo ritengo serva un assessorato allo sport, così come chi governa lo sport da Roma deve avere un vissuto sportivo alle spalle. Io ho lavorato con 10 amministrazioni comunali a Cremona e ho conosciuto diversi sindaci in giro per l’Italia. Di illuminati del valore di Stassano e Beltrami ne ho conosciuti pochi. Credo che tutta la rinascita debba ripartire dalla scuola, la soluzione è puntare sulle nuove generazioni».
Forse le persone valide ci sono, ma il sistema non le tollera volentieri.
«Io ho la spina dorsale dritta e nessuno me la cambia, quindi devi passare sul mio corpo. Un po’ come la Rodini. Se i talenti ci sono perché non li vogliamo ad amministrare la società e lo sport? Questo è un bel tema. Certo oggi vedo che per i giovani che hanno una professione importante è difficile ritagliarsi spazi».
Cremona ha una grande tradizione di società canottieri, e fa la parte del leone in Assocanottieri.
«In Assocanottieri abbiamo tra i 20 e i 25mila soci. Noi della Bissolati 4250 paganti, poco dopo seguono Flora e Baldesio: in tre facciamo 11mila. Arriviamo a 14mila con le altre società cremonesi. Poi si aggiungono le due di Casalmaggiore (3500 circa in due), la Canottieri Ongina Monticelli con 2500 e la Canottieri Adda di Lodi con 3500. E mancano i bambini sotto i 10 anni, che non pagano. Sono innamorato anche delle società oltre provincia, come Lodi che celebra i 130 anni, ma in modo particolare di Eridanea e Amici del Po, perché sono realtà che non hanno una città grande alle spalle ma hanno saputo dare un significato importante alla loro presenza sul fiume, ed è una cosa bellissima. Hanno la fortuna di avere il fiume in centro città, e sono in crescita».
Partiamo dalla grande impresa che ha bagnato il vostro centenario, l’oro olimpico di Valentina Rodini.
«In questa gara ho rivisto il suo dna, solo due ragazze come loro potevano fare un’impresa del genere, quarte a poche centinaia di metri dall’arrivo. Ci ha messo tre anni a trovare la sintonia con Federica Cesarini, e l’aumento di colpi negli ultimi 400 metri è stato eccezionale. Ha una volontà e una determinazione tali che non la rendono una ragazza “normale”. Io l’ho guardata in faccia 100 volte prima di stabilire con lei una sintonia: non mi faceva entrare nel suo mondo, per lei ero un’autorità e lei temeva l’ufficialità. Ci ho messo tre anni, devo dire che assomiglia a suo padre, che è nel consiglio direttivo. Venti giorni prima che Valentina partisse per Tokyo eravamo preoccupati per la sua schiena, invece ce l’ha fatta. Una gara così Valentina non l’aveva nemmeno sognata».
In fondo dare il massimo proprio nel momento che conta è caratteristica dei più grandi. Piuttosto spiace per altre medaglie annunciate.
«È un grande peccato quanto accaduto a Gentili e Farias. Il guaio che è capitato all’imbarcazione di Giacomo in finale è molto raro, chi poteva immaginare un simile errore tecnico sulla barca? Dopo quella serata, davanti allo schermo gigante in sede non avevo voglia di tornarci la sera dopo per la finale di Valentina. Quanto a Farias, purtroppo è ancora in ospedale. Ha subito la terza operazione e purtroppo l’11 dicembre non potrà partecipare alla festa dell’atleta».
Parliamo proprio di questo, la festa sportiva che si terrà sabato prossimo.
«Presso il palazzetto sportivo daremo un riconoscimento ai 28 allenatori, poi premieremo 7 atleti: Valentina Rodini atleta cremonese dell’anno, Gigi Arrigoni (che si è dimesso lasciando spazio al nuovo coordinatore Luca Manzoli, leggi articolo a pagina 25, ndr) allenatore dell’anno, Giacomo Gentili ed Esteban Farias. Di loro sarà presente solo Gigi, in quanto gli altri saranno via: due nel ritiro di Sabaudia e uno appunto in ospedale. Le altre tre medaglie andranno alle nostre promesse Susanna Pedrola, Elena Sali e Cecilia Chiesa».
Poi un’altra anticipazione.
«Il 19 marzo 2022 Cremona ospiterà l’assemblea nazionale dell’Unasci, Unione Nazionale Associazioni Sportive Centenarie d’Italia, che ha 217 società iscritte. Il convegno, con relatori importanti, sarà sul tema dello sport al femminile e della difficoltà per le donne di trovare sponsor, e Valentina purtroppo ne sa qualcosa. Il calcio in Italia assorbe tutto».
Cosa pensa del sistema sportivo italiano dei gruppi militari?
«È una fortuna che ci sia questa opportunità, perché garantisce sicurezza consentendo agli atleti di punta di allenarsi. Certo se l’Italia deve avere solo le forze di polizia per sostenersi il problema è evidente».
Anche all’Assemblea Industriali la Rodini ha conquistato tutti.
«Sono persone determinate, lei e suo padre, corrette e capaci, e io che sono direttore delle risorse umane lo so bene. I ragazzini guardano con ammirazione i campioni, così come sono importanti coloro che educano i bambini dall’età di 8 anni, come ad esempio Gianluca Bacchi».
La Bissolati in passato ha tentato il salto verso lo sport di vertice con tennis e pallanuoto, poi abbandonato.
«Io credo che le canottieri non possano essere società sportive professionistiche, hanno un dna diverso, vivono lo sport come educazione. Purtroppo lo sport non è mai stato cultura per certa politica italiana, nonostante Mennea e tanti altri abbiano dimostrato che la persona che cresce nello sport sfrutta il metodo appreso: lo sportivo è abituato a lavorare tanto e a ottenere risultati in base agli sforzi fatti; il solo talento non basta. Ancora oggi c’è chi pensa che dal mondo sportivo non possano uscire personalità politiche di rilievo. A Cremona l’assessorato allo sport è tornato di recente ma mancava dal 1977».
Al contrario di quanto accade negli Stati Uniti.
«Esattamente. Io andai negli Usa proprio per questo motivo. Quel popolo ha tanti difetti ma sulla cultura del lavoro è maestro. Da noi, io so che Oreste Perri quando è diventato sindaco di Cremona ha studiato e si è impegnato tanto. Lui tra l’altro ha un grande intuito nella scelta delle persone».
Tra qualche mese, il 9 aprile, ci saranno le nuove elezioni. Si ripresenterà da presidente?
«Non so, so però che la squadra che mi sostiene è buona. Se rimanessi presidente assumerei Farias come custode della società, credo sia la persona giusta. Mia moglie però mi chiede perché mai dovrei ricandidarmi, con tutti gli impegni che ho. Il fatto è che ho intenzione di morire in piedi».
Dopo la crisi del Covid, riuscirete a mantenere le quote attuali?
«In 8 anni abbiamo avuto un aumento di soli 25 euro, certo non ce la faremo più a continuare così. Abbiamo già economizzato tutto quel che si poteva, ora però, se si vogliono nuovi investimenti, come la copertura della piscina 33 metri, serve chiedere qualcosa in più».
Sta emergendo l’idea in alcune canottieri che, considerato l’elevato impegno richiesto, sia necessario stipendiare presidente e consiglieri. Che ne pensa?
«Sono contrarissimo. Appena insediato nel 2014 proposi un codice etico che prevede addirittura zero rimborsi ai dirigenti. Nello sport dilettantistico credo nei dirigenti che lo fanno perché ci credono. Sarà che sono diventato vecchio? Non mi sento tale. Mi auguro che chi arriva a fare il dirigente sportivo abbia prima fatto altro nella sua vita, e lo stesso dovrebbe avvenire per la politica».
Non trova che sia demagogico chiedere ai politici di lavorare per pochi soldi?
«Se fai un’attività che assorbe tanto dalla tua professione è giusto che l’impegno sia pagato, ma il giusto».
Pur considerando la pandemia, avete rispettato il programma del 2017? E quali dovranno essere gli impegni futuri della Bissolati?
«Certo il Covid ha pesato, ma abbiamo centrato una serie di appuntamenti. Quel che ci manca ora è la copertura della piscina 33 metri, probabilmente la costruzione di un campo di padel, poiché il tennis occupa solo il 47% della sua capacità. Dobbiamo poi rafforzare strutture di sostegno allo sport, ad esempio un secondo piano alle palestre degli atleti».
Sullo sfondo c’è sempre il caso Tamoil.
«Sono convinto che come società vinceremo la causa. Se ciò accadrà, la metà delle risorse dovremo impiegarle in operazioni di bonifica e l’altra metà in investimenti sulle strutture che hanno risentito dell’emergenza. Oggi non abbiamo problemi sanitari in superficie, ma quando quei contenitori di materiale surnatante vengono prosciugati provocano il cedimento delle strutture sopra, tanto che abbiamo dovuto riqualificare il palazzetto e la piscina 50 metri in parte ha ceduto. Per dare un’idea dei costi, stiamo facendo lavori e il materiale asportato finisce in discariche speciali il che ci costa 7 volte più del normale».
Torniamo al Centenario, un anno speciale.
«Abbiamo fatto 12 manifestazioni sportive e altrettanti eventi ricreativi: è stato un mezzo miracolo considerando l’anno, una grande soddisfazione. C’è stato il trofeo di nuoto in maggio, la Fanino Alquati di bocce, una gara di canoa sul Po che siamo tornati a organizzare dopo 17 anni dalla precedente, i campionati italiani di voga in piedi. In collaborazione con la Caritas Diocesana abbiamo ospitato le prime famiglie afghane sulle nostre barche sul fiume Po. È stato poi bello portare in gita in settembre i soci over 65, e celebrare i 100 anni con la Cremonese che pure è società centenaria».
I soci più anziani hanno un ruolo fondamentale.
«Sì, devono essere esempio, devono esserci per i giovani senza fare per forza di testa loro, sono un riferimento importante».
Come è andato l’esperimento dei soci temporanei?
«Il risultato è stato interessante, nonostante la scelta sia stata inizialmente contestata. Quel che conta è che il saldo soci attivi è tornato in positivo, dopo aver pagato un calo dovuto proprio al caso dell’inquinamento Tamoil».
Segalini fa poi un omaggio ad un illustre predecessore.
«Giuseppe Salvadori è stato un presidente illuminato non solo per aver gestito al meglio la grande crescita di soci e il potenziamento delle strutture, ma anche per piccole cose che fece, ad esempio quando acquistò i “marmittoni” che il Comune aveva in disuso. Se siamo oggi quel che siamo è grazie a chi ci ha preceduto. Per questo ritengo che abbiamo l’obbligo morale di avere canoa e canottaggio: sono le discipline per cui siamo nati. E poi consideriamo che nel nuoto o nel tennis qualcuno potrebbe farcela, ma in queste nostre discipline storiche offriamo ai ragazzi grosse possibilità di ottenere grandi risultati. Quanto ai dirigenti, oggi la nostra provincia ha due grandi figure come Cesare Beltrami a Cremona e Carlo Stassano a Casalmaggiore».
Crede che in futuro possano esserci dirigenti alla loro altezza?
«Devono possedere innanzitutto i loro valori etici, certo da parte di chi amministra è fondamentale avere credibilità. Vediamo che i giovani si allontanano dalla sequenza atleta-allenatore-dirigente, perché non apprezzano abbastanza il ruolo di dirigente, e questo è un errore gravissimo. Manca quindi la programmazione. Un discorso simile si può fare per la politica, per questo ritengo serva un assessorato allo sport, così come chi governa lo sport da Roma deve avere un vissuto sportivo alle spalle. Io ho lavorato con 10 amministrazioni comunali a Cremona e ho conosciuto diversi sindaci in giro per l’Italia. Di illuminati del valore di Stassano e Beltrami ne ho conosciuti pochi. Credo che tutta la rinascita debba ripartire dalla scuola, la soluzione è puntare sulle nuove generazioni».
Forse le persone valide ci sono, ma il sistema non le tollera volentieri.
«Io ho la spina dorsale dritta e nessuno me la cambia, quindi devi passare sul mio corpo. Un po’ come la Rodini. Se i talenti ci sono perché non li vogliamo ad amministrare la società e lo sport? Questo è un bel tema. Certo oggi vedo che per i giovani che hanno una professione importante è difficile ritagliarsi spazi».
Cremona ha una grande tradizione di società canottieri, e fa la parte del leone in Assocanottieri.
«In Assocanottieri abbiamo tra i 20 e i 25mila soci. Noi della Bissolati 4250 paganti, poco dopo seguono Flora e Baldesio: in tre facciamo 11mila. Arriviamo a 14mila con le altre società cremonesi. Poi si aggiungono le due di Casalmaggiore (3500 circa in due), la Canottieri Ongina Monticelli con 2500 e la Canottieri Adda di Lodi con 3500. E mancano i bambini sotto i 10 anni, che non pagano. Sono innamorato anche delle società oltre provincia, come Lodi che celebra i 130 anni, ma in modo particolare di Eridanea e Amici del Po, perché sono realtà che non hanno una città grande alle spalle ma hanno saputo dare un significato importante alla loro presenza sul fiume, ed è una cosa bellissima. Hanno la fortuna di avere il fiume in centro città, e sono in crescita».
chi è maurilio segalini presidente bissolati da 8 anni e di assocanottieri da oltre 4
Maurilio Segalini è stato eletto al primo mandato come presidente della Bissolati nel 2014 e confermato nel 2018 per il secondo mandato che scadrà nel 2022. Nel contempo è anche presidente di Assocanottieri, anche qui al secondo mandato (che però è triennale), essendo stato eletto nel 2017 e confermato nel 2020. Nel lavoro è stato dirigente delle risorse umane per il Comune di Cremona dal 1977, appena diplomato, alla fine del 2020: da gennaio 2021 è in pensione, anche se si occupa ancora di risorse umane come libero professionista. È felicemente sposato e ha due figli, uno medico a Cremona, l’altro economista finanziario da 10 anni a Barcellona. Nello sport, è stato giocatore (scarso, dice lui modestamente) di pallacanestro.
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