Romanzi, amori e misteri dell’eclettica Marise Ferro

LIBRI E DINTORNI • Fu moglie prima di Guido Piovene poi di Carlo Bo. Anticipò molti temi del femminismo 

ALESSANDRO ZONTINI
Il nome Marise Ferro, ai più non suggerisce nulla. In realtà si tratta di un eccezionale personaggio che si è destreggiato tra i mille rivoli della cultura in un arco di tempo molto lungo ed è stata testimone di momenti molto significativi dell’arte e della letteratura italiana vissuti in modo davvero eclettico. Maria Luisa Ferro nasce a Ventimiglia nel 1905 e, fino alla sua scomparsa avvenuta a Sestri Levante nel 1991, ha rivestito il ruolo di scrittrice, di saggista, di giornalista e, pure, di traduttrice. La ragazza veniva iscritta dalla madre alla scuola per diventare maestra elementare. Ma Maria era impaziente ed amava apprendere, pertanto, abbandonata la scuola di Bologna ove si era trasferita con la madre, iniziava a studiare e a scrivere, da perfetta autodidatta. Inizialmente improvvisa cercando un proprio precipuo stile poi, con determinazione e convinzione, si azzardava a trasferire su carta la bozza di quello che diventerà il suo primo romanzo. Della sconosciuta e promettente ragazza, nel frattempo trasferitasi a Roma, si interessavano i funzionari della Mondadori che, intuendo immediatamente le sue capacità narrative, le proponevano di presentare la sua prima “fatica letteraria”. Nel 1932, la Mondadori pubblica, quindi, il primo romanzo della Ferro che, nel frattempo, aveva assunto il nome d’arte di Marise: “Disordine” che le schiuderà l’empireo degli scrittori di fama. Nella prefazione, Alessandro Varaldo afferma di essere stato incaricato dall’editore di presentare questa nuova autrice e ammette di farlo volentieri un po’ perché Marise è ligure come lui, un po’ perché gli pare scrittrice assai promettente: «Leggete “Disordine” e seguite nel futuro la sua autrice», chiosa Alessandro Varaldo. Impreziosito dalla copertina firmata da Cisari, allora una delle matite di punta della Mondadori ed autore delle copertine di celebri successi dell’epoca tra cui piace ricordare “522” di Massimo Bontempelli (su Il Piccolo del 26 settembre 2020), “Salvate le nostre anime” di Annie Vivanti (su Il Piccolo del 24 luglio 2021) e “Novelle colle labbra tinte” di F.T. Marinetti (a breve su Il Piccolo), “Disordine” vendeva, secondo le notizie dell’epoca, numerose copie e, infatti, nel sistema Opac Sban se ne possono reperire addirittura ventotto ma, allo stato, sembra assai arduo reperirne un solo esemplare in vendita. Tutte le altre dove sono sparite? Il successo determinava Marise a trasferirsi a Milano anche per una questione di vicinanza alla Mondadori la quale non intendeva perdere i proventi derivanti dalla pubblicazione delle opere della promettente scrittrice. Nel capoluogo lombardo, mentre lavorava alla stesura della sua seconda opera, incontrava ed iniziava a frequentare Guido Piovene, il celebre autore del “Viaggio in Italia” (1957). Nel 1934, Marise e Guido si sposavano sia con rito religioso che con rito civile e, dopo un breve viaggio di nozze, si trasferivano a Firenze. Piovene è abile e noto cronista e la moglie, senza trascurare la - da poco avviata - attività di romanziere, iniziava a dedicarsi anche al giornalismo, traendone ampi consensi. Nel frattempo, sempre per Mondadori e sempre con la bella copertina di Cisari, usciva il romanzo “Barbara” (1934), un altro indiscusso successo, nonostante la censura fascista dell’epoca ne ostacolasse la circolazione per motivi mai del tutto chiariti. Piovene, nel frattempo, diventato giornalista per il Corriere della Sera, unitamente alla consorte, si trasferiva a Londra ove svolgerà proficua attività di corrispondente. La moglie non è da meno del marito e lo affiancava curando reportage, articoli di costume, moda ed altro ancora che venivano regolarmente pubblicati in Italia. Tuttavia, il rapporto affettivo tra i due, nel tempo, si incrina. Forse sono questioni politiche: Piovene fedele ammiratore del Duce è interventista nella guerra di Spagna mentre la moglie, viceversa, è contraria all’intervento militare (nel 1949 scriverà il celebre “La guerra è stupida”). Forse Marise che ha subito il forte fascino intellettuale di Piovene intendeva affrancarsene. Chissa? In ogni caso la loro esperienza matrimoniale giungeva al termine e i due si separavano nel 1941, poco dopo l’uscita del terzo romanzo dell’autrice “Trent’anni” che indugia su venature autobiografiche, specchio del delicato momento che Marise stava attraversando. Nel frattempo la Ferro, all’attività di scrittrice e di giornalista, affiancava anche quella di traduttrice. Da diversi anni “Il romanzo mensile”, celebre pubblicazione largamente diffusa nell’Italia specie tra le due guerre mondiali, proponeva alcuni interessanti brevi romanzi di un giovane belga che si firma Georges Sim. Mondadori, avendone intuito le notevoli potenzialità, decideva di pubblicare l’opera omnia di questo autore con senso e rigore filologico. L’editore milanese decideva di, probabilmente per la prima volta nella storia della letteratura italiana, utilizzare delle fotografie - in un severo bianco e nero - per realizzare le copertine di questa nuova serie di romanzi di taglio poliziesco e, con le accurate e precise traduzioni - anche - di Marise Ferro, venivano stampati e distribuiti i capolavori di Georges Simenon. Conclusosi il rapporto con Guido Piovene, Marise Ferro trovava un nuovo, profondo, affetto, perfettamente contraccambiato, in Carlo Bo, celebre autore, critico letterario e illustre uomo di cultura italiano con cui convolerà a nozze solo molti anni dopo. Approssimandosi la fine della guerra, i due si trasferivano dapprima in Liguria e, in seguito, facevano ritorno a Milano ove incrementavano la loro attività culturale. Marise Ferro scriveva romanzi e numerosissimi articoli per diversi settimanali con i quali collaborava e, pure, si dilettava in varie traduzioni. La scrittrice, donna molto intraprendente, azzardava anche un’avventura come editore. Negli anni 1946 e 1947, la Ferro, riuscita ad assicurarsi la collaborazione di prestigiose firme, proponeva al pubblico il settimanale “Foemina”, rivista della donna elegante. In redazione, ove l’energia fumava come l’incenso, lavoravano anche Paola Masino, la vulcanica compagna di Massimo Bontempelli, Titina Rota già direttrice di Grazia e celebre disegnatrice e, infine, Sibilla Aleramo che non abbisogna di alcuna presentazione. La rivista, di chiaro stampo proto-femminista, era molto diffusa nella Milano dell’epoca ma è del tutto sconosciuta ai repertori della stampa periodica italiana. In ogni caso, un altro successo per Marise, ma un altro mistero. In effetti, i primi anni del dopoguerra vedevano la nascita di innumerevoli pubblicazioni ma, anche, la loro repentina scomparsa. Possibile non se ne riesca a reperire una sola copia? Abbandonata l’attività di editore, la Ferro, sino alla sua scomparsa nel 1991, si dedicava solamente alla scrittura di romanzi ed articoli per rotocalchi e settimanali vari, anticipando molti temi del femminismo. Eccellente scrittrice, affascinante donna colta ed intraprendente imprenditrice proto-femminista, Marise Ferro oggi avrebbe, però, probabilmente criticato le c.d. “quote rosa” e le forzature che tendono ad equiparare la donna all’uomo con procedimento puramente meccanico. L’autrice avrebbe anche aborrito il femminismo protestatario ed autoreferenziale che ha contraddistinto i tempi moderni e che avrebbe visto solo come un intruppamento sguaiato ed assai poco raffinato. Munita di una considerevole intelligenza ed un gagliardo intuito, la Ferro aveva perfettamente compreso che l’affermazione della donna nella società non è mera e fatua imposizione bensì, prima di tutto, autocoscienza di sè, autocoscienza delle proprie capacità che la accostano ed accomunano, naturalmente, all’uomo. I suoi articoli e i suoi romanzi analizzano, con taglio raffinato ed esattissimo, l’amore, il sesso e le sue sfumature, l’affetto, i ruoli sessuali e le capacità e potenzialità della donna intesa non come soggetto da equiparare forzosamente all’uomo ma come soggetto autonomo capace di autodeterminarsi. E l’autrice lo sapeva perfettamente visto che, da sola, si era “inventata” scrittrice, giornalista, traduttrice, editorialista.

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