Cent’anni di Baci

L’idea di Luisa Spagnoli nel 1922, la nascita dei bigliettini, il mistero sulle frasi


Enrico Galletti
In origine avrebbero dovuto chiamarsi “Cazzotti”, ad indicare la forma originaria che ricorda le nocche di una mano chiusa in un pugno. Poi le cose andarono diversamente. E del resto, provate a immaginare la scena: come avrebbe potuto un cliente entrare in una bottega di dolciumi e chiedere, magari a una graziosa venditrice: “Per favore, mi dà un cazzotto?”. La madre di quei cioccolatini, Luisa Spagnoli, inventa i Baci nel 1922. Nel giro di qualche anno diventeranno i prodotti di punta dell’azienda, insieme alle caramelle Rossana. La Spagnoli, donna cresciuta fra grandi ristrettezze economiche, si mise a fare i cioccolatini per caso. Serviva trovare un impiego agli scarti della lavorazione degli altri prodotti, e allora creò questo cioccolatino con all’interno cioccolato gianduia, granella di nocciole e una nocciola intera. Il tutto ricoperto di cioccolato fondente Luisa. Sarà però l’intuizione di Giovanni Buitoni, giovane amministratore della Perugina a cambiare il nome del dolcetto in un più romantico “Bacio”. Anche la forma del cioccolatino viene modificata a richiamare, secondo alcuni, un piccolo seno.

Ma i Baci non sono solo cioccolatini, sono molto di più. Secondo la leggenda, i primi cartigli all’interno dell’involucro argenteo furono inseriti negli anni ‘30 da Federico Seneca, pittore, grafico pubblicitario e direttore artistico della Perugina dal 1920. Dice la storia semiufficiale, ma ne parla solo da qualche anno, che i “messaggini” si ispirassero ai foglietti di carta che Luisa Sargentini (moglie di Annibale Spagnoli, con cui aveva fondato la cioccolateria-confetteria nel 1901) inviava, nascosti fra i cioccolatini, al suo amante, che era appunto Giovanni Buitoni. Quei cartigli, oggi, li conosciamo tutti. Sono frasi che hanno mescolato lirica alta e tradizione popolare, fino a diventare negli anni metafora della sdolcinatezza (talora estrema). Riprendono versi di Shakespeare, Carducci e Petrarca: per alcuni sono il primo, e forse l’unico, contatto diretto con la poesia amorosa. Che i gusti e le sensibilità sociali cambino col tempo, è evidente perfino dai bigliettini dei Baci, il cui mutamento è legato al diverso modo di concepire i sentimenti nella cultura popolare.

Come ogni storia di successo, anche quella dei Baci ha la sua svolta. È il 1984. A metterla a segno è Maurizio D’Adda, forse il più geniale dei pubblicitari italiani del secondo Novecento (era il direttore creativo di un’agenzia che oggi non c’è più, Ata Univas). Qualche mese prima, l’azienda aveva lanciato in commercio la confezione a tubo che affiancava l’ormai datata scatola a vassoio, diventata troppo impegnativa per numero di praline, costi e trasporto. Troppo da regalo del pranzo della domenica. Ma il tubo, sulle prime, non sembrava riscontrare l’entusiasmo della clientela più giovane, che era il target principale di quell’investimento. Ecco che i vertici dell’azienda, all’epoca ancora di proprietà Buitoni, andarono a chiamare D’Adda, che prima di allora aveva acquisito notorietà per aver scritto, a soli diciott’anni, il testo dei “Quarantaquattro gatti” per lo Zecchino d’Oro. È lui a inventare lo spot “Tu-tu-bi-amo”, che con un gioco di assonanza semantica e fonetica tra il tubare e l’amore lancia nella cinematografia italiana Riccardo Rossi e Claudia Gerini: “Con un tubo e un bacio puoi dire tutto”. Eccolo, il volano per il nuovo packaging, che con quella réclame spopola. E con lui, cresce a livelli storici il valore dell’azienda. Nel 1988 la vendita a Nestlé, che la possiede tuttora.

Intorno alla storia dei Baci, dall’origine a oggi, restano tante incognite. A occuparsi della selezione delle frasi e dei versi che accompagnano le praline è un ufficio avvolto dal mistero, quasi quanto il quartier generale della Settimana Enigmistica, ospitato nel Palazzo Vittoria di Piazza Cinque Giornate a Milano. Mai una dichiarazione, mai una foto. Qualche anno fa, i giornalisti della testata locale Umbria24 si appostarono fuori dagli uffici di Perugia, ottenendo un’intervista (anonima) a un presunto responsabile del servizio. “È un’entità misteriosa – scrissero – che di notte guarda le stelle e pensa al destino dei cartigli e di giorno torna al lavoro per farne stampare altri e altri ancora, con l’obiettivo di scaldare il cuore, oltre che addolcire il palato”. E va bene così, che i Baci restino un po’ un mistero racchiuso - come cent’anni fa - in un bigliettino sdolcinato di 390 caratteri che corre tra le generazioni al punto di non invecchiare mai.

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