Tricarico: «Temo un Putin senza vie di scampo»

Il memorandum di Budapest «NEL 1994 UCRAINA, RUSSIA, REGNO UNITO E STATI UNITI SI ACCORDARONO SUL RISPETTO DELLA SOVRANITÀ DELL’UCRAINA ENTRO GLI ATTUALI CONFINI»


Vanni Raineri
La biografia: ha restituito la Legion d’onore alla francia poiché irrispettosa
Nato a Tione di Trento il 9 settembre 1942, Leonardo Tricarico è Generale di Squadra Aerea oggi in pensione.
Ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare dal 2004 al 2006, già Consigliere Militare del Presidente del Consiglio dei Ministri (1999-2004), prima di D'Alema poi di Berlusconi, Comandante della 5ª Forza Aerea Tattica Alleata della Nato e Vice Comandante della Forza Multinazionale nel conflitto dei Balcani (1999).
A Vicenza comandava la Forza aerea alleata della Nato alla scoppio della guerra in Kosovo, lavorando a stretto contatto con il comandante supremo dell’Alleanza atlantica Wesley Clark.
L'ottimo lavoro gli è valso una medaglia assegnatagli dal presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, che si aggiunge a numerose onorificenze ottenute sia in Italia che all’estero, tra cui la Legion d’Onore da parte del presidente francese Chirac, che Tricarico restituì a seguito della mancanza di rispetto del Presidente Sarkozy nei confronti del nostro Paese.
Oggi è presidente della Fondazione I.C.S.A. (Intelligence Culture and Strategic Analysis).


La tragedia immane che si sta verificando in Ucraina ci sconvolge perché non possiamo concepire che nel nuovo millennio in Europa si possa ragionare con dinamiche che pensavamo superate, perché la televisione e i social ci portano in diretta sui luoghi devastati dal conflitto, perché le testimonianze toccanti arrivano da chi vive vicino a noi, da gente che aspira a condividere con noi il sentimento europeo, frutto di un lungo cammino di collaborazione e pace che metta in archivio il secolo delle guerre.

Possiamo cercare di capire quanto sta accadendo, ben sapendo che non esiste un motivo valido per fare una guerra, ma che in realtà un motivo, chiamiamolo pure movente, c’è sempre. E per farlo abbiamo deciso di affidarci ad uno dei massimi esperti italiani di strategia militare, il Generale Leonardo Tricarico, spesso invitato dalle maggiori testate e che ringraziamo per la gentile disponibilità.

Generale, la disparità di forze tra l’esercito russo e quello ucraino è enorme, ma l’impressione è che l’avanzata proceda a rilento. Si è fatto un’idea del motivo?

«Mi pare trovi conferma il fatto che ci sia stato un errore di valutazione da parte dei russi, sull’andamento delle operazioni e sulla loro conduzione. Ciò che sta emergendo da più fonti è che Putin sia stato indotto all’errore da qualche suo collaboratore che evidentemente gli ha fatto credere che sarebbe stato più agevole conseguire gli obiettivi che aveva in mente. Non c’è una prova in merito, ma mi pare sia opinione diffusa che il fine fosse rovesciare il governo Zelensky e instaurare un premier fantoccio. Un errore credo sia stato anche quello di credere che sarebbe stato come bere un bicchier d’acqua deporre un presidente che non era altro che un ex comico. Invece man mano che passano i giorni Putin si rende conto che anche riuscendovi sarebbe comunque un problema: eliminerebbe un martire più di un uomo politico, un mito, il che rischierebbe di rafforzare una reattività del popolo ucraino che è già molto forte».

L’impressione è che Putin non usi l’aviazione in modo distruttivo proprio per non inimicarsi un popolo che dice di voler liberare, almeno nella sua componente filorussa. Sarebbe difficile domani limitarsi ad appoggiare un governo fantoccio sperando che il popolo non insorga.

«Non so se sia questo il motivo. Io, e non solo io, non sto comprendendo molte cose su come i russi stanno portando avanti l’operazione militare: tanti sono i conti che non tornano. La sua può essere una spiegazione parziale, ma vede: l’ortodossia delle operazioni militari tradizionali in cui si confrontano due eserciti prevede tutta una serie di passaggi che Putin non ha compiuto, e che non comportano la perdita di vite umane nonostante l’armamento di cui dispone renda facile conseguirli. Quando si fa una guerra, perdoni il modo brutale, bisogna mettere al buio, alla fame, alla sete e al freddo la popolazione. Non ci devono essere comunicazioni, soprattutto tra gli eserciti il che comporta la neutralizzazione di tanti obiettivi legati a questo aspetto. Perché questo non è stato fatto dai russi? Non lo so ma posso dire che è strano, poiché le informazioni su questo tipo di obiettivi sono tenuti dagli eserciti costantemente aggiornati».

Che Putin non abbia preparato questo intervento sembra strano. Pensava ad una guerra lampo?

«Probabilmente è così, ma in ogni caso, vedendo che così non poteva essere, perché non ha agito come prevede la dottrina militare? Certamente la mancata rapidità comporta una serie di difficoltà, dalla catena logistica che procede a rilento a tutto il resto: l’errore iniziale si ripercuote sulla operatività».

Le dichiarazioni di alcuni soldati russi arrestati, al netto dei comportamenti in questo caso comprensibili, sembrano dimostrare un’azione offensiva poco condivisa.

«Anche qui cè da fare una riflessione: l’esercito russo è costituito per il 25% da soldati di leva, e per il 50% da militari in ferma prefissata, cioè non in servizio permanente. Inoltre hanno il problema dei sottufficiali che sono l’anello debole della catena, tanto che da poco in Russia hanno aperto un’Accademia per sottufficiali. Dico questo perché spererei in qualche crepa nella tenuta morale delle truppe, anche se questa deve misurarsi nell’animo del soldato russo col terrore di una punizione dall’alto che arriverebbe al minimo segnale di cedimento».

Sono in corso negoziati sui quali è puntata la speranza del mondo. Per qualcuno sono un bluff. Ma secondo il suo parere si potrà arrivare a dare garanzie sulla neutralità dell’Ucraina?

«Guardi, nessuno lo ha ancora scritto, ma nel 1994 fu siglato un memorandum a Budapest fra Ucraina, Russia, Regno Unito e Stati Uniti (poi si aggiunsero Francia e Cina): stabiliva che le 1900 testate nucleari presenti in Ucraina sarebbero state smaltite, e in cambio i paesi firmatari assumevano l’onere e la responsabilità di garantire la sicurezza e l’integrità territoriale dell’Ucraina. Il rispetto dell’indipendenza e della sovranità dell’Ucraina entro i suoi attuali confini era uno dei pilastri, ma ora uno dei paesi garanti invade l’Ucraina, e un altro paese si gira dall’altra parte. Quando parliamo di trattati teniamo presente che in ogni momento possono diventare carta straccia. Personalmente, da subito ho detto che bisogna negoziare, per far cessare la strage e rendere l’accordo duraturo: lo dicono tutte le persone di buon senso a parte Biden».

C’è una scena che ha fatto scalpore: quella del capo dei servizi segreti russo che esprime cautela in merito all’invasione con Putin che lo fulmina. Ma può essere che un dirigente di un tal livello possa fare la figura di un Fantozzi qualsiasi in un video del governo russo?

«Io credo che quello sia il segno dell’irritazione di Putin per essere stato tratto in inganno, magari proprio da quella persona o da istituzioni collaterali alla sua. È anche il segno di quanto Putin vada perdendo equilibrio giorno dopo giorno, quindi di quanto ci dobbiamo preoccupare nel caso perda il controllo di se stesso».

Il conflitto riporta l’Europa un po’ più al centro della strategia della Nato che si era spostata verso est? E sta accelerando l’unione europea?

«Credo che la Nato vada rifondata. Lo sosteniamo da tempo e lo hanno detto pure Trump e Macron. L’essere un organismo a evidente guida Usa, che è un abuso di potere, l’ha fatta rimanere indietro nel tempo. Oggi è necessario procedere a una sua riforma, a cominciare dalla dirigenza che è ora che competa a un paese del fianco sud: i paesi del nord sono condizionati dal pericolo russo, che sia reale o meno. Gli Stati Uniti hanno potuto conservare questo ruolo di abuso grazie al fatto che gli europei non contribuiscono in modo significativo alle spese militari: spero che l’incremento di risorse già annunciato da Germania, Italia e altri paesi serva a spuntare questa arma degli Usa. Quanto all’unione europea, quando l’emotività di questo conflitto andrà ad attenuarsi torneranno a farla da padrone gli interessi nazionali. Prima di arrivare a una difesa comune ci saranno ostacoli da superare, ma è logico attendersi una accelerazione verso una maggiore disponibilità e apertura dei paesi verso un’Europa unita».

Veniamo al ruolo della Cina, che sembra offrire un sostegno all’export russo penalizzato dalle sanzioni.

«Intanto la Cina non si è appiattita sicuramente sulle posizioni di sostegno alla Russia: sia l’astensione all’Onu sia le dichiarazioni sull’integrità territoriale dell’Ucraina fanno pensare a una posizione intermedia. Credo che la Cina aspiri ad avere un ruolo nella composizione del conflitto per uscirne da gigante: se la Cina dovesse mettere al tavolo per negoziare i contendenti e si arrivasse ad un accordo, ne uscirebbe con un guadagno di immagine molto significativo nell’opinione pubblica mondiale».

Lei concesse un’intervista al Piccolo cinque anni e mezzo fa, all’indomani dell’attentato di Nizza. Sembra che la nostra società, evoluta in termini democratici, ogni tanto si trovi a fare i conti con mondi che sembrano arrivare dai secoli scorsi: nel caso del terrorismo islamico dal Medioevo, oggi si parla di divisione del territorio come se questo si decida in accordi fra Stati come nel caso della Vienna post-Napoleone o di Yalta.

«Effettivamente c’è un pensiero che non si interfaccia più con quello nostro, ed è chiaro che quando si ragiona con due riferimenti diversi nell’idea di democrazia le cose non possono andare bene, e quel punto il piano rischia di spostarsi su quello militare».

La nostra gente non si aspettava una guerra in Europa, tanto che le pressioni dal basso erano per un disarmo che oggi appare purtroppo da escludere.

«Le reazioni a una guerra sono tutte da scoprire. Io ero comandante operativo delle forze italiane nei Balcani, una posizione di totale novità per me. Era arrivato il momento della verità per l’Aeronautica Militare: ebbene, non un velivolo non ha compiuto la sua missione, addirittura una delle prime notti di guerra un pilota che era in quei reparti che rischiavano di più mi telefonò nella centrale operativa bunker in cui eravamo lamentandosi che la sua missione fosse stata cancellata: voleva convincermi che si poteva fare. Sono stato orgoglioso di quel pilota, e questa telefonata la ricordo sempre».

Cosa pensa della minaccia al ricorso di armi nucleari da parte del ministro della Difesa russo?

«Mi sembra un’intimidazione. Il ministro della Difesa è responsabile anche delle forze nucleari e questa ostentazione è stata come una pistola estratta e messa sul tavolo, a dire che queste armi sono sempre pronte, ed è vero perché è a quello che serve la famosa valigetta. È anche vero che l’uomo Putin è squilibrato e la deriva potrebbe aggravarsi se non avesse vie di scampo».


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