I testi amministrativi e le loro complessità

CULTURA • Abbiamo cercato di capire le problematiche linguistiche con il docente Antonio Montinaro


FEDERICO PANI
Circolari amministrative, note ministeriali, contravvenzioni, regolamenti: a tutti è capitato di entrare in contatto con la cosiddetta scrittura amministrativa. Ne abbiamo parlato con Antonio Montinaro, professore di Linguistica italiana e docente di Scrittura amministrativa e istituzionale presso l’Università degli Studi del Molise.

Alla scrittura amministrativa viene spesso imputata l’accusa di immotivata complessità. Ci può indicare come si manifesta e darci qualche suggerimento per affrontarla?

«Penso che uno dei problemi maggiori sia lascrittura tout court. Nei corsi che teniamo, io e i miei colleghi rileviamo che il problema interessa sia gli studenti sia molti professionisti. Bisogna però distinguere tra tre piani diversi del testo. Innanzitutto, c’è il livello lessicale. Questo comprende il livello ortografico, che è il più evidente: tutti si accorgono di una parola scritta nel modo sbagliato. Poi, invece, ci si addentra nelle strutture più profonde della lingua, che sono il secondo e il terzo piano del testo: la morfosintassi e la testualità; in questi ultimi due casi, diventa sempre più difficile accorgersi che c’è qualcosa che non va. Dal punto di vista lessicale, la raccomandazione è quella di non esagerare coi tecnicismi collaterali, termini usati solamente a fini stilistici e che rendono opaca l’informazione: tra la frase “il proiettile ha attinto la vittima” e “il proiettile ha colpito la vittima” non solo non c’è alcuna differenza di significato, ma la versione più colloquiale risulta più chiara. Si potrebbero fare numerosi esempi: compiegare per allegare, declinare le proprie generalità per dichiarare, trattamento di quiescenza per pensione. È chiara la dimensione del problema se si pensa che la comprensione dei testi pubblici dovrebbe essere garantita come un diritto. Tutto ciò risulta ancora più evidente nel caso dei forestierismi: la nozione di stepchild adoption, ad esempio, è risultata poco chiara a molti fin da subito. Un altro elemento che rende il testo molto opaco sono le sigle: se non vengono sciolte fin da subito, creano una grande difficoltà nella comprensione del testo. Dal punto di vista morfosintattico, nella scrittura amministrativa si riscontra spesso l’uso di participi presenti usati in modo poco usuale: la circolare avente per oggetto; oppure l’uso del gerundio o del participio passato, viste le risultanze, avendo trasmesso lapratica, e così via. Bene, molte persone potrebbero trovarsi spiazzate di fronte a un uso simile della lingua». Entriamo, a questo punto, nel terzo livello dell’analisi, che è quello della testualità, il più complesso dato che in esso si assommano le diverse competenze. Prendiamo l’uso dei due punti: dalla nostra esperienza, io e molti miei colleghi abbiamo notato che la didattica scolastica associa l’uso dei due punti quasi esclusivamente al discorso diretto e indiretto, mentre non ne esplicita una funzione importante, ossia il fatto che possano essere usati per chiarire qualcosa che è stato appena affermato. Infine, ma si potrebbe continuare, bisognerebbe lavorare attentamente anche sull’organizzazione complessiva del testo: le molte formule come visto e considerato potrebbero tranquillamente essere spostate dopo il contenuto informativo, che è il più rilevante del testo. A fronte di tutto quel che abbiamo detto finora, dunque, va rilevato che purtroppo la maggior parte dei problemi della scrittura stanno non solo e non tanto nella complessità di quello che si deve dire (complessità che non deve essere certo banalizzata), quanto piuttosto nelle complessità stilistiche del modo di comunicare. C’è da dire, volendo introdurre nel discorso una nota positiva, che oggi i modelli virtuosi non mancano. In un volume del linguista dell’Università di Padova, Michele Cortelazzo recentemente pubblicato, “Il linguaggio amministrativo”, si parla delle buone pratiche della scrittura che si stanno affermando. Del resto, perché non provare a prendere per mano il lettore e accompagnarlo nel percorso di comprensione del testo?».

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