NELLE NOSTRE AUTO POTREBBE ESSERE FINITO IL PETROLIO DELL'ISIS


La Guardia di Finanza sta indagando su un possibile traffico di petrolio proveniente dalle zone occupate dal sedicente Stato Islamico e trasportato in Italia con “navi fantasma”. Dietro questi affari milionari potrebbe esserci la mafia. Affari che consentono guadagni stratosferici se si pensa che il greggio contrabbandato dalla Libia e dalla Siria viene rivenduto triplicando il prezzo. Petrolio che potrebbe essere, così, finito nei motori delle nostre automobili.
Questa del contrabbando del petrolio dell'Isis è più che un ipotesi, infatti ecco quello che recita un report riservato del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza, datato febbraio 2017, sul terrorismo islamico: “È possibile ritenere che le importazioni di petrolio da zone sottoposte al controllo delle organizzazioni terroristiche abbiano come terminali anche le principali raffinerie italiane”. E, di conseguenza, “disarticolare ogni possibile frode nel settore degli olii minerali può avere una valenza strategica nel contrasto al finanziamento al terrorismo”.
Secondo le ipotisi fatte dagli addetti ai lavoro il traffico avverrebbe vicino all'isola di Malta.In quel tratto di acque internazionali può capitare che petroliere provenienti dalla Turchia e dalla Russia, e bettoline cisterna salpate di nascosto dalla Libia, di notte, spengono i transponder di bordo e non sono più tracciabili per qualche ora e si accostano a grandi petroliere dove travasano il greggio clandestino nelle grosse cisterne. Finita l’operazione, si allontanano e a distanza di sicurezza riaccendono il satellitare. Riappaiono sul monitor quando stanno già tornando in Libia e la nave madre prosegue sulla rotta verso i porti della Sicilia, del centro-nord Italia, e di Marsiglia.
In queste operazioni c'è l’ombra della mafia. Come ha più volte spiegato il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, esistono “due potenziali punti di contatto ” tra “terrorismo islamico e criminalità organizzata”: la droga e il petrolio. Alcune indagini a Venezia e in Puglia hanno dimostrato l’interesse delle mafie per l’oro nero, secondo uno schema tipo: creano società fasulle all’estero, con oggetto sociale la commercializzazione di benzina; si accreditano, falsamente, come esportatori abituali; vendono direttamente ai gestori di pompe di benzina a prezzi ribassati; chiudono subito dopo la società. “Così raggiungono due obiettivi perché evadono l’Iva e riciclano denaro. 


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