"REDDITO DI INCLUSIONE? NO E' SOLO UNO SPOT"


Dura la critica del deputato del M5S Danilo Toninelli: «Il nostro è un vero programma di governo, questa è solo una mancetta»


Il reddito di cittadinanza come noto rappresenta un manifesto programmatico per forze di opposizione quali Movimento 5 Stelle e la sinistra esterna al Pd. Anche per rispondere alle istanze suddette, il governo ha varato la misura del cosiddetto “reddito di inclusione”. I contenuti per la verità sono ben distanti dalle richieste delle opposizioni, tanto che si valuta in meno di due miliardi l’anno l’intervento, fatto grazie anche ai fondi europei.
Un intervento che si propone quindi di intervenire nelle situazioni più critiche,proponendosi di allargare il raggio dei destinatari nei prossimi anni.
La reazione delle opposizioni è stata molto negativa. D’altra parte l’avvicinarsi delle consultazioni regionali del 2018 inizia a farsi sentire (in Sicilia addirittura mancano solo due mesi), come mostra il Def in via di approvazione, che sembra più tentare di elargire contributi che intervenire per migliorare i disastrati conti pubblici.In ogni caso, il reddito di inclusione diverrà effettivo al primo gennaio 2018 (ma le domande vanno presentate in Comune entro il primo dicembre prossimo), e si propone di contrastare la povertà e l’esclusione sociale (da cui il nome). Non interverrà subito su tutte le persone in condizione di povertà assoluta, ma inizialmente solo per il 40% di loro. L’assegno sarà di importo variabile, e si affianca a un progetto di reinserimento sociale e lavorativo. Per richiederlo serve un Isee familiare non superiore ai 6mila euro e un patrimonio immobiliare (casa abitata esclusa) non superiore a 20mila euro. La precedenza sarà delle famiglie con figli minorenni e disabili, donne in stato di gravidanza e disoccupati over 55. Quanto all’importo, va dai 190 ai 490 euro al mese a seconda dei componenti il nucleo familiare, e non potrà essere concesso per più di 18 mesi (ma dopo un’attesa di 6 mesi si potrà ricominciare il percorso). Il ministero del Lavoro ha calcolato che per il primo anno il provvedimento dovrebbe riguardare un
milione e 800mila persone, per circa 500mila famiglie. Le persone in povertà assoluta sono però calcolate in un numero di 4 milioni e 700mila: chi non rientrerà tra i beneficiari del 2018 dovrà sperare nell’allargamento del sostegno previsto per l’anno successivo.Non saranno solo i cittadini italiani e comunitari i destinatari della misura di sostegno economico: questa riguarderà infatti anche i loro familiari, i cittadini stranieri titolari di un diritto di soggiorno o del permesso Ue di lungo periodo, i titolari di protezione internazionale (come l’asilo politico) a patto che siano residenti in Irtalia da due anni al momento della richiesta.Chiediamo un giudizio sulla misura governativa a Danilo Toninelli, deputato cremonese del M5S, che già in passato su quste colonne era intervenuto proponendo il reddito di cittadinanza.Allora Toninelli, contento della decisione del Consiglio dei Ministri?«Disapprovo la misura del reddito di inclusione e la considero una misura spot a uso dell’imminente campagna elettorale. Un aiuto a chi è in maggiori difficoltà dovrebbe essere sempre visto positivamente, ma in questo caso è necessario distinguere quella che è una vera e propria “mancetta” da quella che è la soluzione proposta dal M5S, che invece è un vero e proprio programma di governo, che il Governo in carica tenta solo di imitare nel nome. Il provvedimento appena approvato, infatti, riguarderà una platea ridottissima rispetto ai 4,7 milioni di poveri assoluti che hanno una disperata necessità di aiuto. Ma anche per quelli che eventualmente ne saranno beneficiari si tratterà di 190 € al mese per famiglia, che arriveranno al massimo a 485 € per le famiglie più numerose. Il tutto a tempo determinato. Come si può parlare di misura concreta con simili cifre?».«Ma volendo andare al di là di questi numeri – prosegue Toninelli - la differenza tra questospot e il reddito di cittadinanza è essenziale: il reddito di cittadinanza è una misura strutturale, pensata per rendere compatibile la convivenza sociale e lo sviluppo della tecnologia in un mondo del lavoro e dei rapporti di produzioneche è radicalmente cambiato.Si tratta infatti di una misura che integra il reddito quando questo non raggiunge la soglia per uscire dall’indigenza, parametrata alla società e quindi sempre adattabile, che persiste fino al persistere del bisogno e che al contempo incentiva l’uscita dallo stato di disoccupazione, quando possibile, basandosi largamente su politiche attive per il lavoro di cui nell’attività del Governo in carica non si è vista traccia. Siamo di fronte quindi a due pianeti differenti, non solo per l’entità delle cifre e della platea (e quindi per una reale concretezza della misura) ma anche per la sua modalità di attuazione. La nostra proposta avvicina lo Stato sociale agli standard europei del XXI secolo, il decreto del Governo è uno spot nella forma, un palliativo ottocentesco nella sostanza ».

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