REFERENDUM LOMBARDO, COSA SI VOTA


Tra 8 giorni, il 22 ottobre, i cittadini lombardi, così come quelli veneti, voteranno il referendum regionale che chiede allo stato centrale maggiori poteri. Le indicazioni dei partiti al proposito non sono uniformi, spesso conta, più che l’appartenenza politica, quella territoriale, sia per la sinistra che per la destra. Abbiamo quindi predisposto un vademecum che illustra i contenuti, le modalità, le varie posizioni e altri aspetti di quello che per diversi motivi (per modalità e contenuti) è un appuntamento elettorale innovativo.
COSA SI VOTA 
La Regione Lombardia chiede, ai sensi dell’art. 116 della Costituzione, che le siano affidate funzioni normalmente svolte dallo Stato con le relative risorse. Per ottenere questo risultato non era necessaria la consultazione, decisa per dare maggior forza alla richiesta.
PIU’ SOLDI TRATTENUTI 
Per convincere i cittadini lombardi, la maggioranza in Regione usa spesso il dato del residuo fiscale: secondo l’elaborazione di Èupolis Lombardia su dati Eurostat, ogni anno la Lombardia riceverebbe da Roma 54 miliardi di euro in meno rispetto a quanto versa in tasse, vale a dire 5.500 euro per ogni cittadino. Qualcuno in realtà manifesta dubbi su tali dati, che non terrebbero conto di alcune spese generali dello Stato che ricadrebbero su tutti gli italiani, ma certamente la cifra è ingente. E’ stato calcolato anche il residuo fiscale per ogni provincia e per ogni comune. Ad esempio, per comuni di media grandezza come Crema e Casalmaggiore sono stati calcolati residui fiscali rispettivamente di 185 e 83 milioni di euro: è la differenza tra quanto è raccolto in tasse dai loro cittadini e quanto ritorna in varie forme in investimenti sullo stesso comune.
POSIZIONI POLITICHE, 3 CASI 
Sono tre le indicazioni di voto che arrivano dalla politica, anche se se in ordine sparso: ad esempio nel Pd convivono tutte e tre le posizioni. La prima è il sì, la seconda è il no e la terza è l’astensione. Quest’ultima (ad esempio Art.1-Mdp) viene giustificata dalla spesa inutile per il voto. Inutile in quanto la Regione avrebbe potuto comunque rivolgersi a Roma per la propria istanza. I fautori del sì ribattono che Maroni ha tentato più volte inutilmente di abbinare il referendum ad altre consultazioni passate, ricevendo il no sistematico del Governo. Ma quanto è la spesa? Poco inferiore ai 50 milioni di euro. Circa metà di questi servono per acquistare i tablet, che poi verranno lasciati in comodato d’uso alle scuole, ma su questo torniamo poi. Per un sì netto sono Lega Nord e Movimento 5 Stelle; con loro i principali sindaci del centro-sinistra (tra cui il cremonese Galimberti) e il centro-destra unito. Pd e centro-destra al di fuori delle regioni interessate sono invece molto più critici.
EFFETTI DEL VOTO 
Il voto è consultivo, e non è previsto nemmeno un quorum (in Veneto sì, è del 50%). Ovvio che un sì massiccio darebbe maggior forza alla richiesta: una cosa è unMaroni che chiede maggiori poteri col 60% dei lombardi al voto e il 90% di sì, altra cosa se al voto va il 30% col sì al 70%. Non c’è dubbio che la Lega Nord, soprattutto la parte “storica”, spiazzata dalla svolta nazionale di Salvini,cerca di ritrovare smalto riportando in auge il tema delle autonomie. Nasce qui un’altra accusa alla giunta lombarda: utilizzare il referendum in vista della imminente campagna elettorale.
COME SI VOTA
 Qui c’è un’altra grande novità: per la prima volta nel nostro Paese, si voterà cliccando su un tablet che i 7,7 milioni di elettori lombardi troveranno nella cabina. La procedura è molto semplice: si dovrà cliccare prima su “inizia”, quindi si potrà scegliere sì, no o scheda bianca. Una volta scelta l’opzione, si dovrà solo confermare la scelta cliccando su “vota”; in caso contrario su “cambia” per tornare alla schermata precedente: sul web si può effettuare il voto virtuale. Chi desiderasse una dimostrazione pratica, potrà effettuarla presso gli uffici di SpazioRegione in via Dante a Cremona ogni giorno dal lunedì al giovedì dalle 9 alle 12,30 e dalle 14,30 alle 16,30. Il venerdì solo il mattino. I seggi rimarranno aperti dalle ore 7 fino alle 23 di domenica 22 ottobre. In Veneto si voterà invece utilizzando le schede cartacee tradizionali.
EFFETTO CATALOGNA
Il referendum sull’autonomia coincide con la grave crisi tra Spagna e Catalogna, una coincidenza ovviamente involontaria. I contenuti sono molto diversi: in Catalogna si è trattato di una consultazione illegale ai sensi della Costituzione, in quanto chiedeva la secessione dallo Stato. In Lombardia e Veneto il quesito ha avuto l’ok della Corte Costituzionale, e si mantiene negli ambiti disegnati dalla Carta.
CONTENUTI SIMBOLICI 
Ci sono contenuti fortemente simbolici in questo voto. La Lombardia ha fissato la data del 22 ottobre dopo che questa era già stata scelta dal Veneto. Un modo per alimentare l’attesa e l’attenzione dei media, in quanto saranno chiamati al voto un quarto degli italiani, ma anche un suggestivo richiamo al Lombardo-Veneto. Suggestione che aumenta se si considera che i veneti non hanno scelto casualmente la data del 22 ottobre: in quello stesso giorno del 1866 si tenne il cosiddetto plebiscito. Oltre ai veneti votò la Provincia di Mantova, e i sì all’unificazione con l’Italia furono il 99,99%. I no solo 69 in tutto. L’85% degli aventi diritto si recò a votare. Tutte cifre che, anche considerando l’epoca, alimentano i dubbi sul corretto e libero svolgimento, dubbi sulla validità che gli autonomisti veneti hanno sempre rivendicato.

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