VERSO IL VOTO - Intervista al sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, candidato Pd alla presidenza della Lombardia
di Vanni Raineri
La chiusura del ponte sul Po, che si prolungherà almeno fino a 2019, ha effetti drammatici che già si sono manifestati nel Casalasco. La Regione ha messo subito a disposizione tre milioni. Crede che avrebbe potuto fare di più per limitare l’enorme disagio? E siamo proprio costretti a sopportare linee ferroviarie da terzo mondo?
Lei è sembrato sinceramente stupito della rinuncia a correre di Roberto Maroni. Contro Fontana le accreditano maggiori chance di successo, soprattutto dopo qualche uscita infelice del suo avversario. Si aspettava da lui una difesa della razza bianca?
«Io pensavo di vincere contro Maroni e non posso nascondere che con Fon- tana le possibilità sono ulteriormente aumentate. Quello che è stato detto sulla razza bianca è grave oltre che sciocco, ma nasconde un modo di vedere la complessità della nostra società in modo grossolano. Del resto Fontana è solo il volto bonario, in giacca e cravatta, di Salvini. Dietro l’apparente moderazione c’è un pensiero che non è quello della solidarietà e del reciproco aiuto».
Il turno unico in Regione rende ancora più pesante la decisione di Liberi e Uguali di presentare un suo candidato. Ha pesato il suo sì al referendum per l’autonomia? Ha sperato vera- mente in un accordo? E non c’erano davvero margini per ottenerlo?
«Io spero in un accordo con gli elettori. So che molti faranno delle scelte sulle elezioni politiche di un certo tipo, ma che ad avere altri cinque anni di leghismo salviniano in regione non ci pensano neanche. A loro mi rivolgo e so che abbiamo valori e proposte comuni su cui lavorare insieme».
Se in Lombardia si vota col maggioritario a turno unico, si dà per scontato che invece nel Parlamento nazionale nessuna coalizione potrà governare senza alleanze. Tra le ipotesi, anche quella che vede Renzi con Berlusconi. Lei conosce bene entrambi, per motivi politici e di lavoro. Che pensa dell’ipotesi?
«Penso che il Partito Democratico debba correre per fare il miglior risultato, con la sua coalizione, poi resto sempre stupito dalle fantasie sul futuro, perché ricordo che sarà il Presidente della Repubblica a valutare tutte le ipotesi e trovo fastidioso, nel rispetto del suo lavoro, immaginare scenari a scapito delle sue prerogative».
Iniziamo col candidato presidente del centrosinistra Giorgio Gori gli approfondimenti in vista dell’appuntamento elettorale del 4 marzo, quando si voterà sia per le Politiche sia per le Regionali.
Partiamo dal Cremonese.
Partiamo dal Cremonese.
La sua prima uscita del 2018 sul territorio l’ha fatta proprio nella nostra Provincia, a Casalmaggiore. Partire da un territorio che da sempre si sente marginale rispetto alle scelte importanti immagino voglia significare la volontà di cambiare rotta. Perché gli abitanti di questo lembo di terra dovrebbero credere che con lei possa arrivare una svolta?
«E’ un errore considerare il Casalasco un terreno periferico, come ha fatto la maggioranza leghista in questi anni. Sotto molti profili, la Bassa è stata sempre bistrattata, quando ha potenzialità enormi, agricole ovviamente ma anche turistiche. Quando penso al Consorzio Casalasco del Pomodoro, penso alla qualità di prodotti che solo in Italia troviamo così alta. Poi c’è la florovivaistica, e tanto altro. Per quanto riguarda il turismo, non sono solo le bellezze artistiche, ma quelle naturali che devono farci riflettere. Questi sono due volani economici, poi ci sono tutti i servizi, ospedali, treni, eccetera. La svolta deve avvenire, e l’impegno mio e di tanti, amministratori del territorio, è quello di riprendersi e ricominciare».
La chiusura del ponte sul Po, che si prolungherà almeno fino a 2019, ha effetti drammatici che già si sono manifestati nel Casalasco. La Regione ha messo subito a disposizione tre milioni. Crede che avrebbe potuto fare di più per limitare l’enorme disagio? E siamo proprio costretti a sopportare linee ferroviarie da terzo mondo?
«Secondo me gli interventi all’ultimo minuto lasciano il tempo che trovano. Anche se con cifre importanti. Il dramma dei ponti sul Po, da Pavia a Mantova andava monito- rato e gestito nel tempo, soprattutto in quei territori che hanno un servizio ferroviario da terzo mondo, come giustamente dice lei. Si poteva indubbiamente fare meglio, più tempestivamente e con una maggiore attenzione».
Lei è sembrato sinceramente stupito della rinuncia a correre di Roberto Maroni. Contro Fontana le accreditano maggiori chance di successo, soprattutto dopo qualche uscita infelice del suo avversario. Si aspettava da lui una difesa della razza bianca?
«Io pensavo di vincere contro Maroni e non posso nascondere che con Fon- tana le possibilità sono ulteriormente aumentate. Quello che è stato detto sulla razza bianca è grave oltre che sciocco, ma nasconde un modo di vedere la complessità della nostra società in modo grossolano. Del resto Fontana è solo il volto bonario, in giacca e cravatta, di Salvini. Dietro l’apparente moderazione c’è un pensiero che non è quello della solidarietà e del reciproco aiuto».
Il turno unico in Regione rende ancora più pesante la decisione di Liberi e Uguali di presentare un suo candidato. Ha pesato il suo sì al referendum per l’autonomia? Ha sperato vera- mente in un accordo? E non c’erano davvero margini per ottenerlo?
«Io spero in un accordo con gli elettori. So che molti faranno delle scelte sulle elezioni politiche di un certo tipo, ma che ad avere altri cinque anni di leghismo salviniano in regione non ci pensano neanche. A loro mi rivolgo e so che abbiamo valori e proposte comuni su cui lavorare insieme».
Assieme ai colleghi di Cremona, Mantova e Brescia, lei da sindaco di Bergamo ha rappresentato lo scorso anno l’esperienza di East Lombardy, regione europea dell’enogastronomia. Spesso queste iniziative, finiti i finanziamenti, si chiudono senza lasciare tracce. Crede che in questo caso si continuerà a promuovere la Lombardia Orientale come marchio turistico?
«Certo, sta proprio nel ragionamento iniziale, io credo che la vocazione dei nostri territori sia un elemento da far fiorire: ristorazione, commercio, alberghi, bed & breakfast, tutto l’indotto può giovarne. Per questo penso che sia un progetto che durerà e che ne vadano fatti anche molti altri».
«Certo, sta proprio nel ragionamento iniziale, io credo che la vocazione dei nostri territori sia un elemento da far fiorire: ristorazione, commercio, alberghi, bed & breakfast, tutto l’indotto può giovarne. Per questo penso che sia un progetto che durerà e che ne vadano fatti anche molti altri».
Se in Lombardia si vota col maggioritario a turno unico, si dà per scontato che invece nel Parlamento nazionale nessuna coalizione potrà governare senza alleanze. Tra le ipotesi, anche quella che vede Renzi con Berlusconi. Lei conosce bene entrambi, per motivi politici e di lavoro. Che pensa dell’ipotesi?
«Penso che il Partito Democratico debba correre per fare il miglior risultato, con la sua coalizione, poi resto sempre stupito dalle fantasie sul futuro, perché ricordo che sarà il Presidente della Repubblica a valutare tutte le ipotesi e trovo fastidioso, nel rispetto del suo lavoro, immaginare scenari a scapito delle sue prerogative».
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