Victor Jara e Augusto Pinochet all’Elfo di Milano


In scena fino al 3 febbraio il nuovo allestimento di Elio De Capitani e Paolo Turro su testo di Laura Forti 



di Vittorio dotti

«Ogni riferimento a fatti e alle persone che li hanno compiuti è autentico», scrive Laura Forti nelle note a margine del suo testo “L’acrobata”, tradotto in versione teatrale dal genio registico di Elio De Capitani e di Paolo Turro (direttore della “scenografia cinetica”) e dalla maestria attoriale di Cristina Crippa e del giovane – ma già bravissimo – Alessandro Bruni Ocaña. Le persone che hanno compiuto i fatti, e li hanno vissuti col loro pensiero idee immaginazione speranza, sono innanzitutto José, il cugino dell’autrice: per aver compiuto un meritorio agguato, purtroppo fallito, al dittatore Augusto Pinochet, venne vilmente assassinato dagli sgherri del macellaio cileno nel 1986, durante la Matanza del Corpus Christi, troncando gli affetti del figlio – che nel dramma compare in veste di acrobata e clown – e della madre; la quale, per riempire il vuoto identitario del nipote, schiude la chiostra della rimozione e affronta il dolore della memoria. Con le parole della madre di José: «Forse è venuto il momento di fare testamento. Non entusiasmarti, non ti lascio in eredità un tesoro. D’altra parte, cosa può diventare una persona senza ricordi? Un libro senza parole e figure; un libro che non racconta niente». Un libro vuoto come il nostro presente, che associa l’11 settembre soltanto al crollo delle Torri gemelle, l’attacco efferato, ma carico di valenza simbolica, allo strapotere dell’Occidente; un presente, però, che ha totalmente rimosso il tragico attentato al glorioso esperimento condotto per tre anni in Cile dal leader socialista Salvador Allende, il quale riuscì a dimostrare al mondo che è possibile attuare in modo democratico e rispettando la legalità costituzionale tutte le riforme economiche e sociali fondative del progresso civile.
Il trionfo della libertà e della democrazia fu bruscamente rovesciato l’11 settembre 1973 dal colpo di Stato perpetrato dal generale Pinochet, il quale tradì il Presidente Allende e il popolo cileno, instaurando, col sostegno statunitense, un disumano regime dittatoriale che si concluse soltanto col referendum dell’ottobre 1988. Nello spettacolo in scena fino al 3 febbraio all’Elfo di Milano, il «riferimento autentico» a questi fatti è ottenuto attraverso il suggestivo espediente delle ’scenografie cinetiche’: documenti filmici montati con acuta sapienza ritmica da Paolo Turro e proiettati sui fondali bianchi che aprono la scena al flusso collettivo della Storia, alle apparizioni acrobatiche del corpo virtuale e della voce tangibile di Elio De Capitani, all’evocazione odiosa del «mostro» (Pinochet) e a quella tenera e straziante del poeta-cantautore Victor Jara, assassinato dai sicari del mostro. Dentro, dietro, attorno, sopra, davanti a questi onirici e al tempo stesso iperrealistici fondali recitano i personaggi, che si vestono del corpo di Cristina Crippa e di Alessandro Bruni Ocaña per ricordarci che la sofferenza e la morte sono la punizione di chi cerca di «portare giustizia e purezza in un mattatoio eretto sul letame e sui rifiuti» (Isaac B. Singer), ma anche che «noi continueremo la nostra lotta; non ci fermeremo; otro día!».

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