L’ADDIO AL MONDO • Il ricordo del tecnico di Rivolta d’Adda da parte del giornalista decano dello sport grigiorosso
di Giorgio Barbieri
Avevo ancora le braghe corte quando ho cominciato a seguire la Cremonese. Partivo a piedi dal Villaggio Po, dove abitavo, per raggiungere lo stadio Zini che era dall'altra parte della città. Mi appassionavano i colori grigiorossi, mi divertivo a vivere con il pubblico dei Distinti (allora c'erano solo tre gradoni su una montagnetta di terra) i 90 minuti di partita, esultavo quando la squadra segnava anche se non capivo bene le regole di quel gioco che di solito mi portava via ore ed ore nel cortile di casa. Ho visto giocare per la prima volta Emiliano Mondonico il 20 novembre del 1966. La Cremonese venne sconfitta 1-0 dalla Mestrina ma mi innamorai di quel giocatore alto e magro che faceva il suo esordio allo Zini. Mi piacevano il modo di correre, la fantasia nel tocco di palla, il fatto che giocasse sempre a testa alta. Ed ho visto in diretta anche il suo primo gol il 4 dicembre dello stesso anno, il pareggio quasi alla fine (1-1) contro una squadra che si chiamava Crda Monfalcone. Mondonico diventò con il passare degli anni l'eroe della Cremonese, il giocatore che aveva classe da vendere e fantasia da spendere. Estroverso, a volte indisponente, spesso anche un po' pigro. ma capace di giocate eccezionali. Anni dopo divideva il popolo grigiorosso in due fazioni: chi lo fischiava, chi diventava matto per lui. Lui è sempre stato per 'uno contro tutti' e 'chi non è con me è contro di me'. Oggi piangiamo la sua scomparsa, il 'mostro' che lo aveva aggredito sette anni fa ha vinto l'ultima partita, quella in cui non erano in palio i tre punti ma la vita.
Settantuno anni appena compiuti (9 marzo), una vita sui campi di calcio. Nell'oratorio di Rivolta d'Adda (il paese in cui era nato nel 1947), nelle giovanili della Cremonese prima come giocatore e poi come allenatore, l'esperienza al Torino, le panchine di grandi squadre di serie A, le coppe europee. E poi, con l'arrivo del patron Giovanni Arvedi alla guida della Cremonese, il ritorno ai colori grigiorossi, quelli che amava di più. In due periodi diversi, entrambi sfortunati. Infine la carriera di commentatore televisivo. Ci sapeva fare il 'Mondo', e se ci voleva la nota polemica lui non si tirava indietro. Era sempre stato così, il carattere non era mai cambiato. Potrei raccontare un libro sul 'Mondo'. Ma voglio citare solo alcuni episodi. Muore il padre Felice e la Cremonese gioca a Palermo. Il presidente Domenico Luzzara alla mattina viene avvisato della scomparsa ma non vuole turbare il suo allenatore, potremmo dire il secondo 'figlio' dopo la morte di Attilio. Ricordo ancora come fosse oggi il momento in cui in campo al termine della gara Luzzara si avvicinò a Mondonico per comunicargli la tragica notizia. Ricordo le lacrime del tecnico e l'abbraccio paterno di Domenico e di tutti i suoi giocatori. Perchè allora la Cremonese era una famiglia. Luzzara, Miglioli, Favalli, Ferraroni e tutti gli altri hanno fatto entrare la squadra nella leggenda proprio perchè hanno saputo interpretare il calcio di provincia nel modo giusto. Una volta, con la Cremonese in grave crisi, era il 1981, il presidente Luzzara decise che Mondonico poteva fare l'allenatore della prima squadra. "Con lui ci salviamo" - disse in una intervista che a noi giornalisti sembrò surreale. Invece nelle ultime sette partite Mondonico fece il miracolo e salvò la squadra dalla retrocessione dalla serie B. E in due anni la riportò in serie A dopo 54 stagioni di categorie inferiori. Mondonico, che resta il capo- cannoniere della storia grigiorossa: 88 gol in 224 presenze. Un record praticamente imbattibile.
Un personaggio con il quale ho attraversato molti anni della mia storia giornalistica. Quando andavo a seguire il ritiro mi divertivo a vederlo giocare a carte con il massaggiatore Bigio Rossi (scomparso anche lui), perchè non voleva perdere. Faceva incredibili sceneggiate accusando gli altri di averlo imbrogliato. Mondonico era così, a volte aveva atteggiamenti da ragazzino. Come quella volta dello spareggio di Foggia, quando dopo un buon 0-0, in sala stampa si rifiutò di parlare con i giornalisti cremonesi che avevano fatto un migliaio di chilometri per seguire la partita. "Oggi parlo solo - disse - con i giornalisti di Foggia. Con i nostri ci posso parlare tutti i giorni". Anche questo era Mondonico. Il provocatore, il polemico, a volte l'antipatico. Ma dietro questo carattere difficile si nascondeva un grande generoso. Non è un caso che negli ultimi anni abbia voluto costruire una squadra di calcetto per alcolisti anonimi, voleva farli uscire dal tunnel attraverso lo sport.
Ha perso la battaglia finale con il 'mostro' (lui non lo ha mai chiamato tumore) ma il 'mostro' non potrà mai togliere dai nostri ricordi un personaggio che ha dato moltissimo alla sua Cremonese.
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