Laurea non c’è

LA RICERCA • Nell’Ue solo la Romania peggio dell’Italia 


di Enrico Galletti 
L’Italia non è un paese per laureati. Lo dice un recente rapporto Eurostat che guarda ai giovani tra i 30 e 40 anni, penultimi in Europa per completa- mento degli studi di istruzione terziaria (la classica università). Lo confermano alcuni giovani, anche cremonesi, che non credono più nel valore degli studi universitari. «Meglio trovare un lavoro, di questi tempi», ci spiega uno di loro, alle prese con l’esame di maturità. Il perché? «La cultura non sfama, tanti sacrifici in questo mondo non portano a una adeguata resa economica, vuoi perché i tempi sono difficili, vuoi perché il mondo del lavoro si è ristretto notevolmente». Fatto sta che oltre alle opinioni dei ragazzi, questa volta, ci sono i dati a parlare. In Italia solo il 26,9% degli under 35 è in possesso di una laurea o di un titolo di studio equivalente. Significa, in altri termini, che solo uno studente su quattro ha il titolo di dottore. Un quadro desolante, specie se confrontato con i risultati degli altri Stati. Peggio dell’Italia è messa solo la Romania, con una percentuale di under 35 laureati pari al 26,3%. In alcuni Stati si arriva anche al 60% dei laureati (si vedano i risultati, ad esempio, di Lituania, Cipro e Irlanda). E la fotografia scattata da Eurostat fa spazio anche a un altro triste primato, quello dell’abbandono degli studi. In Italia il 14% dei giovani tra i 15 e i 24 anni ha scelto di interrompere la propria formazione. Qui il Belpaese si colloca ai primi posti della classifica, come quarto indice più elevato in tutta l’Unione Europea. In questo senso se la passano peggio solo Malta (18,6%), Spagna (18,3%) e Romania (18,1%). Ad alzare la media sono i licei, meno bene nei professionali. Qualche giovane prova ad interpretare i dati raccolti da Eurostat. «Molti miei coetanei – racconta Martina – scelgono un’università sulla base delle adesioni dei propri amici. Vale a dire: se ci va la mia migliore amica ci vado anch’io, così stiamo insieme ancora un po’. Questo, poi, porta a un’in-soddisfazione in itinere, così i giovani abbandonano gli studi e si “buttano” a capofitto nella ricerca di un’occupazione». Più convinto è Marco. «Qual è la sorpresa di questi dati? Qui in Italia ci spiegano che chi si laurea e investe i suoi anni nello studio farà fatica ad avere un futuro. È chiaro che noi giovani siamo invogliati a trovare un lavoro dopo la maturità, che ci garantisca un minimo di stabilità e la possibilità di farci una famiglia».



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