Paolo Voltini rompe il silenzio: «Il futuro della Fiera è incerto»


AGRICOLTURA • «Piva è il primo colpevole, ma responsabili anche quelli che hanno messo la testa sotto la sabbia»


di Vanni Raineri 
Paolo Voltini rompe il silenzio e lo fa alla sua maniera, dirompente, senza mezze misure e diploma- zie di sorta. Il presidente della Coldiretti cremonese, che controllando anche Consorzio Agrario e Apa (quindi 3 dei 15 soci della Fiera) ha raggruppato su di sé il 20% delle azioni di Cremona- Fiere, ha scritto un piccato e lungo editoriale sull’ultimo numero del “Coltivatore Cremonese”, la rivista Coldiretti. Vediamone alcuni stralci. Voltini parte dall’importanza che l’ente riveste per il nostro territorio, e dalla speranza «che la nostra apertura e disponibilità potessero stimolare un dibattito serio e franco tra i quindici soci della Fiera, con un confronto basato sulla realtà dei fatti e non sulle “verità di comodo” raccontate da una parte del sistema dell’informazione cremonese. Siamo invece finiti sotto attacco ad opera dei soliti sicari che hanno strumentalizzato la nostra contrarietà alla modifica dello Statuto della Fiera e le nostre critiche al bilancio facendole passare per una banale lite tra organizzazioni agricole». Il presidente Coldiretti riassume poi gli eventi, a partire dall’assemblea convocata il 27 aprile per l’approvazione del bilancio e la modifica dello statuto, tornando a contestare «che l’ultimo atto di chi se ne va comporti lo stravolgimento dello statuto sociale». Ancora: «Coldiretti non è mai stata contraria all’ingresso di un partner esterno, così come a nuovi progetti. Bisognerebbe però sapere “prima” di chi si tratta, in modo da definire insieme le condizioni di ingresso. Gli adattamenti allo statuto si sarebbero quindi dovuti fare “dopo”, alla luce della nuova compagine sociale ed in funzione del progetto da condividere e portare avanti». A seguire, un attacco all’eliminazione di quelle clausole di salvaguardia «che impedivano la scalata o la potenziale espropriazione di Cremonafiere dalle mani degli azionisti locali, soprattutto quelli istituzionali». 
Quanto ai bilanci, Voltini ricorda che «Coldiretti e Consorzio Agrario avevano votato contro i bilanci 2015 e 2016», quindi il parere non poteva che restare negativo: «nel merito del Bilancio, le critiche hanno riguardato alcune “zone di opacità” che non hanno consentito di valutare in modo chiaro il reale stato di salute della Fiera. Solo a titolo di esempio: non è stata rappresentata chiaramente la situazione della società CRF Usa (interamente detenuta e liquidata a inizio 2018), non sono state fatte delle valutazioni adeguate sul valore di terreni e fabbricati che potrebbero risultare sensibilmente inferiori rispetto ai valori iscritti a bilancio, i crediti verso clienti sono stati descritti superficialmente 
così come il fondo rischi, sul quale ci è stato impossibile fare delle valutazioni di congruità. Il bilancio chiude con un utile di 669 euro grazie ad alcune partite “straordinarie”. Infatti, il risultato d’esercizio “normalizzato” evidenzia una perdita di 205.270 euro e, nonostante tutto, nella relazione che accompagna il bilancio non vi è traccia di alcuna iniziativa per il contenimento dei costi e l’aumento dei ricavi. Queste semplici considerazioni ci fanno ben comprendere che coloro i quali hanno approvato statuto e bilancio senza batter ciglio, non hanno di certo fatto il bene della Fiera. Tutto il resto è propaganda». 
E quindi Voltini arriva all’attualità: «Era lecito pensare che l’80% della proprietà (la quota dei soci che hanno condiviso statuto e bilancio) non avrebbe faticato a mettersi d’accordo su ciò che restava da fare per dare un governo alla Fiera con l’urgenza necessaria. Si è invece dovuto aspettare un mese per assistere a tutto ed al contrario di tutto. Si parte con due candidati, nessuno dei quali supera il 40% dei consensi. La situazione di stallo suggerisce la ricerca di un terzo candidato “super partes”, individuato congiuntamente da Coldiretti e Libera. L’ipotesi decade nel momento in cui la Libera dichiara di non poter convergere su un nome che non faccia parte dei propri soci. L’assemblea viene rinviata per un paio di volte fino a che, il 25 maggio, vengono eletti il presidente, l’avvocato Roberto Zanchi, e cinque consiglieri dei sei previsti. Coldiretti, Consorzio Agrario ed Apa hanno scelto, per coerenza, di non partecipare all’assemblea mentre i rappresentanti di Cna, Confartigianato, Api e Ascom, che avevano chiesto un rinvio, sono usciti dalla sala prima del voto in segno di disaccordo. Anche dopo l’elezione la burrasca non si è placata ed in queste ultime ore abbiamo assistito alle dimissioni di un consigliere, alla possibile incompatibilità di un secondo ed all’ipotesi che il rappresentante delle banche non accetti l’incarico. Per la nuova governance, la partenza è senz’altro in salita». 
La chiusura è un attacco ai vertici della concorrente Libera: «Dopo 5 mandati consecutivi, la presidenza di Antonio Piva al vertice di CremonaFiere è arrivata al capolinea. A giudicare dai fatti, il lungo oligopolio targato Piva-Bianchedi lascia ai cremonesi una pesante eredità. La delicatissima situazione economico-finanziaria, l’assenza di un progetto strategico e le spaccature emerse tra i soci sono le risultanze di problemi profondi che coinvolgono tutto il cosiddetto Sistema-Cremona, partendo dai rapporti tra politica, istituzioni e rappresentanze. Il futuro della Fiera è incerto. Il nuovo presidente ed il nuovo consiglio raccolgono un fardello pesantissimo il cui primo responsabile, Antonio Piva, esce di scena senza dover pagare alcun conto, nemmeno di carattere morale, per i disastri prodotti in quindici anni di gestione... Se Antonio Piva è il primo colpevole, è però altrettanto vero che molte responsabilità pesano anche su coloro i quali, negli anni, hanno continuato a mettere la testa sotto la sabbia, mentendo persino a se stessi pur di sbandierare ai quattro venti che in CremonaFiere tutto andava a gonfie vele».

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