I misteri della montagna del Lugo

Te ricòordet?
I figli del Villaggio Po • Terza puntata del racconto inedito di Giorgio Barbieri

l’inaugurazione dell’oratorio di Cristo Re inaugurato il 13 ottobre del 1968 dal vescovo Bolognini e dal sindaco di Cremona Vernaschi (foto cristorecremona.it) 

di Giorgio Barbieri 
Nell’intervallo si formano vari gruppi a discutere della partita, noi parliamo d’altro. L’argomento principale riguarda le nostre compagne di classe. Si fa una specie di classifica per decidere quale sia la più bella. Come sempre la racchia è la secchiona, quella che in classe sa sempre tutto ed è la prima a fare la spia alla maestra su quello che succede. Alla fine siamo tutti d’accordo: meglio una ‘soca’ bella che una intelligente brutta. Nessuno però scopre le carte perché a me potrebbe piacere la stessa che piace a qualcun altro. E quindi si mantengono i segreti, la fantasia vola al modo per fare il primo passo. Se già non lo si è fatto... Tornano le squadre in campo, al nostro fianco c’è chi urla ‘Forza ragazzi’ e chi dice ‘se perdum ancaa chesta vegni poeu’. La squadra sembra avere un altro piglio, corre e spinge sulle fasce, finalmente libere dalle pozzanghere. Il pareggio arriva dopo una decina di minuti, su un cross alto dalla destra è il numero 9 ad incornare di testa. Un gol da antologia diremmo oggi. I nostri attaccano, spingono, mollano calcioni che solo a vederli mi sembra di sentire il dolore sulle gambe. Ma la palla non vuole entrare, il palo respinge un tiro dalla distanza, la traversa una rovesciata dall’area. E’ battaglia vera, ai grigiorossi occorrono i due punti per non restare invischiati nei bassifondi della classifica. Arriva il gol ma l’arbitro annulla per una spinta che ha visto solo lui. Si ripetono le scene del primo tempo, stavolta sono io a scattare verso la recinzione seguito da quattro o cinque tifosi inferociti. La rete ondeggia, sembra quasi sul punto di piegarsi dall’altra parte e di crollare. Ma resiste e da quel momento l’arbitro cerca di girare alla larga da quella zona del campo. E’ un ragazzino, avrà sette o otto anni più di me. E’ bagnato da capo a piedi, il fischietto butta fuori prima l’acqua del suono. Un po’ mi fa pena, prendere decisioni importanti in pochi secondi non deve essere facile. E anche lui a casa avrà dei genitori che lo aspettano, magari il padre è quel tipo solo nell’angolo che non apre bocca. Ma la giustizia del calcio prima o poi arriva e quando le lancette del cronometro stanno per segnare il novantesimo la Cremo segna il gol della vittoria con un tiro da lontano. Stavolta ci siamo, nessuno può riprenderci. Ci abbracciamo, condividiamo attimi di sana follia, diamo il cinque a tutti quelli che ci sono di fianco. E al fischio finale ci sentiamo orgogliosi di fare parte della festa collettiva. A casa potremo raccontare che c’eravamo anche noi, eroi fradici di una partita di calcio. I giocatori vengono sotto il nostro settore, salutano gli amici (erano quasi tutti cremonesi), manca solo una bottiglia di vino per festeggiare la vittoria. Gente che di giorno lavora e di sera si allena, in campo alla domenica per una manciata di lire. Gente che però dentro ha la passione per uno sport che era riuscito nel dopoguerra ad unire la gente dopo uno dei periodi più neri (nel vero senso della parola) attraversato dall’Italia. Noi ragazzi di allora di politica parlavamo poco ma sapevamo che da una parte c’erano i democristiani e dall’altra i comunisti. Ne sentivamo discutere in casa, dai vicini, in strada. Sì, perché noi passavamo intere giornate a giocare in cortile, sulla strada (le automobili erano poche) e nei campi dietro casa nostra sino alla ferrovia. In mezzo c’era la montagna del Lugo, un posto che faceva paura perché si narravano storie spaventose. Sotto la montagna, che a noi sembrava il Monte Bianco ma era alta più o meno una trentina di metri, c’erano una serie di strette e buie gallerie che l’attraversavano tutta. C’è chi diceva che fosse stato un nascondiglio dei tedeschi e che lì sotto ci fossero ancora i cadaveri dei soldati nazisti uccisi dagli americani. Probabilmente non era vero nulla ma quasi nessuno che io sappia tentò di entrare lì dentro. E quando qualcuno lo fece si disse che sparì per sempre. Oggi ci ridiamo su, ma noi poco più che bambini restammo per anni terrorizzati da queste storie. 
(fine della 3a puntata, la quarta sarà pubblicata sabato 7 luglio)

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