Pirool, nascundeen e baloon

Te ricòordet? Quarta puntata del racconto inedito del giornalista Giorgio Barbieri 


di Giorgio Barbieri 

I nostri giochi di bambini... Le figurine (facia o bianca), le biglie di vetro che facevamo correre sulla parte polverosa del bordo della strada (il triangolo, la chiave), el pirool (una sorta di ferro lungo una spanna con una punta che si doveva infilare nel terreno facendolo partire da varie parti del corpo), le frecce (di carta, appuntite, sparate con la bocca da un tubo artigianale stretto e lungo), nascundeen (mimetizzati nelle cantine, negli orti, lungo le scale dei condomini) e il pallone con le sue interminabili partite e la conseguenti discussioni. Io, che ero un perdente per natura, uscivo da casa con la tasca destra piena di figurine e la sinistra di bi- glie di vetro. Quella, appesantita, usciva dai pantaloni corti e arrivava sino al ginocchio. Quasi sempre tornavo a casa con le tasche vuote perché perdendo riempivo quelle degli altri. E le biglie dalla ‘mercandella’ costavano anche cinque lire l’una, una spesa che i miei non si potevano permettere sempre. Al gioco non sono mai stato fortunato. Oppure, mettiamola così, sono sempre stato un incapace. 
Ma c’erano anche i primi giochi di sesso con le compagne del cortile. Non sapevamo cosa fare ma il gioco ‘del dottore’ ci piaceva. Spesso i nostri genitori ci trovavano in qualche angolo con una ragazzina che aveva le mutandine abbassate. Niente di grave, i primi approcci con qualcosa che era diverso da noi maschietti. Ma erano botte, sgridate terribili e punizioni. A voglia spiegare che quelle mutandine non le avevi levate tu ma che erano state le bambine a farlo. Non ci credevano. O non volevano crederci. Oppure lo sapevano ma facevano finta di nulla. Passaggi che certamente avranno percorso anche nella loro vita. 
Ma a noi piaceva soprattutto il calcio. In cortile si giocava per intere ore e ognuno pensava di vestire la maglia di Rivera o di Sivori. Si tornava a casa con le ginocchia scorticate e piene di sangue, bagnati fradici di sudore, magari anche con qualche bernoccolo sulla testa. Fuori, sul balcone, ti aspettava il bagnino pieno d’acqua che la mamma aveva lasciato scaldare al sole. Allora non c’erano le docce e la vasca era per pochi. Almeno nella casa popolare dove abitavo io. Una casa con il balcone davanti e la lunga terrazza in comune dietro, dove c’erano solo campi. E dopo il bagno i libri, i compiti a casa, il ripasso della lezione della mattina. La parte più brutta della nostra giornata. Ma eravamo felici, mentre facevamo finta di leggere il libro ripensavamo a quel dribbling, al colpo di tacco, al tunnel, al gol o alla parata che avevamo fatto qualche ora prima. La stessa felicità che avevamo in corpo noi tornando dallo stadio Zini dopo la vittoria in rimonta della nostra Cremonese. Aveva smesso di piovere e la gente scendeva in strada per la tradizionale passeggiata della domenica. Qualcuno ci chiedeva del risultato, altri ci prendevano per i soliti quattro o cinque ragazzini maleducati che schiamazzano sui marciapiedi. Floriano lanciò l’idea di andare a mangiare un toast da Mario alle Due Colonne. Contai i soldi che avevo in tasca e, visto che ci arrivavo, accettai la proposta. Mario ti faceva dei toast alti venti centimetri, con dentro di tutto. Il sapore del formaggio si mescolava a quello delle salse, il prosciutto veniva esaltato dalla maionese. E mentre noi mangiavamo (io non presi da bere perché non avevo soldi a sufficienza) Mario ci controllava da dietro il bancone, seduto e seminascosto. Mario è stato, con suo fratello, uno dei personaggi più importanti della Cremona di quegli anni. Locali come il suo, la Taverna, Cinto, il Centrale, la Prima sono stati a lungo i nostri punti di ritrovo. Posti in cui passavamo da studenti delle superiori intere giornate e lunghe notti, magari prima di passare ad attaccare manifesti sui muri della scuola. Posti che non ci sono più. O se sopravvivono hanno perso le loro caratteristiche. E’ cambiato il modo di vivere della gente. Oggi vai a fare l’aperitivo e ti danno di tutto, anche il bicchiere sembra un’opera d’arte. Allora ti mettevano una bottiglia di vino sfuso sul tavolo, qualche bicchiere polveroso e un po’ di pan biscotto. E se ti andava bene l’oste ti portava una scodellina di nervetti tutti unti e bisunti da farti balzare il colesterolo (nessuno lo conosceva allora questo ‘signore’) a mille. 

(fine della quarta puntata, la quinta sarà pubblicata sabato 14 luglio) 

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