Quelle figure che animavano la via

Te ricòordet? Sesta puntata del racconto “I figli del Villaggio Po” di Giorgio Barbieri 


di Giorgio Barbieri 
Ma la strada era anche Cireneo, il gelataio con il naso rosso paonazzo (con la ’candela’ perenne che scendeva sin quasi alla bocca) che arrivava nel pomeriggio con un carretto (come quello della canzone di Lucio Battisti) con due o tre fori dentro i quali c’erano bidoncini contenenti il freddo e dolce alimento. Tre gusti, non di più. Ma bastavano per farci scattare anche mentre giocavamo a pallone. Cireneo per annunciare il suo arrivo suonava una trombetta e si fermava davanti al cancello. Noi correvamo in casa a prendere i soldi e poi attorniavamo il carretto. Una volta mi feci fare un cono tutto al gusto di crema. Ma una volta arrivato sotto il portico di casa si scatenò un temporale ed una saetta di quelle ‘sossole’ mi fece spaventare, con il risultato che mollai il gelato a terra e scappai in casa. Niente gelato e tanti rimproveri dei genitori per i soldi gettati via. 
L’altra immagine della strada di casa mia era quella del venditore di angurie. Passava con il camion e gridava ‘tajo rosso’ per attirare l’attenzione. Le donne scendevano in strada e lui prima di vendere faceva con un coltello un piccolo tassello triangolare sull’anguria. E se volevi te la faceva assaggiare. Insomma, non rischiavi di prendere delle bidonate come oggi, quando ti ritrovi a mangiare angurie senza alcun sapore. Ricordo vagamente il passaggio del ‘muleta’, l’arrotino che affilava forbici e coltelli in pochi minuti. 

Ma anche i negozi erano diversi. La pasta, il riso, lo zucchero erano sfusi in cassettoni e li comperavi a peso. Il latte era quello della centrale del Comune e te ne davano un litro solo se riportavi la bottiglia del giorno prima. Lo yogurt aveva sul tappo del vasetto alcune strisce di colore diverso a seconda del gusto: grigio per il naturale, giallo per la banana, rosa per la fragola, marrone per il caffè. Tutto, latte e yogurt, rigorosamente in recipienti di vetro. La mercandella vendeva di tutto. Dai bottoni all’elastico per le mutande, dalle biglie di vetro alla maglietta, dalle figurine al rosolio in minuscole bottiglie di plastica. E nei negozi ci si andava per comprare ma anche per parlare. Ci si conosceva tutti, il proprietario sapeva morte e miracoli dei suoi clienti e i clienti sapevano morte e miracoli del proprietario. Non ricordo di avere sentito parlare di un furto, credo di avere visto uomini in divisa solo per sedare qualche lite in famiglia un po’ sopra le righe. In compenso si beveva, e non poco. Gli uomini, mio padre compreso, non rinunciavano al bicchiere di vino (mai meno di due o tre) appena finito il lavoro. E in bicicletta facevano numeri da circo, con la vista annebbiata dall’alcool. Da qui il detto che esiste ‘el signuur dei ciuk’, ovvero il Signore che protegge gli ubriachi. Quante volte io e mia mamma abbiamo dovuto trascinare in casa mio padre che non ricordava nemmeno più dove era l’uscio. 
(fine della sesta puntata, la settima e ultima sarà pubblicata sabato 28 luglio)



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