Il Carabattolaio: dove si svela la musica delle cose

Sonata sul tempo che fu nella casa-museo della civiltà contadina di Farisengo 


VITTORIO DOTTI 
«Le cose hanno un loro silenzio e una loro musica. Può trattarsi di un oggetto o di un’opera d’arte, ma è sempre una cosa. Non nel senso che è indeterminato, ma nel senso che fa parte di quegli oggetti, quelle forme che l’uomo ha inventato e creato, ma che sono silenti e così rimangono fino a che non gli venga dato modo di vibrare, muoversi, liberare così il motivo della loro esistenza. Fino a quando una cosa rimane silente, conferma il suo stato di cosa, ma non appena la si usa per la funzione per la quale è stata creata, diventa voce, diventa parte di colui o coloro che la stanno usando. Perde il suo silenzio, esprime il suo essere, produce un rumore o un suono (che la rendo- no strumento vivente nell’ordito sinfonico della realtà)». Sin qui il musici- sta-filosofo Mario Brunello, nel suo libro “Silenzio”, al quale sembra essersi ispirato idealmente l’ingegner Silvio Baronchelli, quando decise di ristrutturare – con rigore filologico, competenze dotte d’architetto ed estroso intuito artistico – l’avita Cascina ubicata all’interno del Parco della Golena del Po, in località Farisengo, punto di irradiamento dell’antico argine maestro etrusco: un luogo che racchiude energie magiche e ancestrali, ove l’incanto suadente della natura trionfa sui relitti guerreschi della morte. Farisengo fu, infatti, teatro della tragica battaglia del 14 aprile del 69 d.C. fra le legioni italiche di Marco Salvio Otone e quelle gallo-germaniche di Aulo Vitelio, battaglia che ebbe come esito «una catasta di corpi che sfiora in altezza i frontoni del tetto», narra lo storico Plutarco. In memoria di questo avvenimento luttuoso è stato eretto un tempio, ma è tutto l’armonioso fraseggio di pie- tra, ferro, legno... con cui è stata riattata la Cascina, nonché il cromatismo, i profumi, i pacati rumori del Giardino romantico, con un “viridarium” (orto botanico) e un laghetto alimentato da acque sorgive – è tutto questo, non la santella mariana e il tempietto soltanto, a tradurre il ricordo dell’inferno della morte in un inno alla serenità e alla vita, che chiunque avverte giungendo da Cremona nella piccola frazione del Comune di Bonemerse. Farisengo offre un esempio mirabile di cascina lombarda a corte chiusa e a pianta quadrata, dove risiedevano, in tempi or- mai lontani, tredici famiglie. La Casa padronale, di impianto quattrocentesco, il Giardino romantico, verzicante di essenze arboree e occhieggiante di fiori, sono l’aspetto emergente della “musica delle cose”, da cui resta infatuato qualsiasi visitatore di questo locus mirabilis. 
«Rimane però una parte, un lato misterioso: è la sua storia, il suo passato. Le cose ci insegnano a cercare e ad ascoltare il silenzio attraverso l’atto della considerazione. Predisporsi a considerare induce prima a rallentare e poi a fermare i pensieri, per poi prendere in considerazione il silenzio della cosa, e poter intuire e percepire la sua musica, il senso del perché esiste». Ancora il musicista Brunello, e ancora, in sintonia elettiva, l’intuizione vincente dell’ingegner Silvio: istituire in alcuni locali della sua meravigliosa Cascina un... Carabattolaio della civiltà contadina. Sicuramente c’è un impianto scientifico alla base dell’organizzazione delle sale, nella scelta accurata degli oggetti esposti, nel recupero delle macchine agricole, nel restauro filologico delle venticinque carrozze risalenti al XIX secolo, realizzate dai migliori costruttori italiani dell’epoca. Ma il rigore scientifico viene trasceso da un desiderio di riappropriazione “romantica” del passato, venendo così a comporre nei vasti spazi espositivi non una raccolta statica, ossificata di oggetti, bensì una col- lezione vivente di “carabattole”: oggetto di poco conto, masserizia ingombrante e di nessun valore – ci sovviene per il significato il Grande Dizionario della Letteratura Italiana (Utet). Oggetti ingombranti rispetto alla dinamica funzionalistica del nostro way of life votato allo spreco; oggetti di nessun valore economico, queste carabattole, ma “cose”, nel significato pregnante inteso da Brunello e perseguito dall’ingegner Baronchelli (foto a lato), capaci di generare in chi le osserva, le tocca, le annusa, le... ascolta emozioni di un tempo lontano, forse neppure personalmente vissuto, ma vivo nella me- moria culturale, nella tradizione orale, nella suggestione evocativa di alcuni luoghi privilegiati e di rari medium umani – condizioni tutte verificabili nel sacrario pagano del Carabattolaio farisenghese. Dove la musica, cristallizzata nell’architettura, vive di ombre e rifrazioni, si anima dei colori e dei profumi del giardino, rifulge nell’intelligenza affabulatrice del vulcanico Silvio. Ma ciò che stimola nel profondo l’opera architettonica, botanica, museale, storico-culturale di Cascina Farisengo, a me pare risieda nel sorriso mite e armonioso di colei che tutta questa realizzazione ha ispirato: la signora Elisa, compagna e Musa incantevole dell’estroso Ingegnere. Il quale scrisse per lei – tanti anni or so- no, ma il senso vive ancora – questo bellissimo acrostico: “E ti conobbi / Là dove tu sai / Incisa nel sorriso di un passato / Sapore antico / Amor che mi dà vita l’aver amato”. 

Commenti