cercasi macellai disperatamente

Secondo gli esperti mancano artigiani della carne Anche a Cremona in molti hanno chiuso i battenti 


Sulla vetrina della macelleria equina di viale Po a Cremona, di Giovanni Mazzelli, c’è un cartello di un’agenzia immobiliare: affittasi/vendesi. Sembra sempre più difficile condurre il mestiere di macellaio. Eppure, è tra i più richiesti. E così capita di trovare annunci che da “cercasi macellaio con esperienza” sono passati a “cercasi macellaio”, punto. Due settimane fa, il piccolo comune di Livraga, nel lodigiano, si è meritato un servizio sul Tg3 regionale lombardo: ha chiuso l’ultimo macellaio. In due anni, secondo il servizio, i macellai nella provincia di Lodi sono scesi da 80 a 53. Federcarni Lodi, pertanto, ha promosso un corso di 100 ore per decine di aspiranti macellai. Risultato: alla fine, tutti i partecipanti sono stati assunti. Dallo scorso mese, è partita invece la sesta edizione della “Scuola veneta macellai”, che richiama allievi da tutta Italia, con un indice del 90 per cento di assunzioni. Confcommercio Catania ha da poco presentato un corso per diventare macellai, gratuito, aperto a venti persone e qualcosa di analogo parte a breve anche a Bologna (“lavorazione delle carni e salumi”). Anche la grande distribuzione non è da meno: a Castiglione delle Stiviere, Mantova, Italmark ha avviato un corso gratuito con lo scopo di formare 15 macellai, dopo che lo stesso corso, di 236 ore, aveva coinvolto, nell’autunno 2018, 16 persone nella provincia di Brescia. Eurospin cerca macellai tra Roma e Latina, Guardamiglio S.r.l. li cerca invece a Torino e in alcuni comuni della cintura urbana. Infine, già dal 2015, la Regione Toscana ha avviato un corso che coinvolge una ventina di aspiranti macellai ogni anno. E sono almeno cinque le sedi di Esselunga, ci fanno sapere da quella centrale, alla ricerca di addetti. «Da quando ho cominciato questo lavoro, negli anni ’70, i macellai a Cremona sono passati da 50 a non più di una decina», racconta Fabio Zilli che, insieme al fratello Vittorio, gestisce la macelleria Zilli in piazza Marconi, del padre Ferruccio. «Il consumo di carne è diminuito di almeno dieci volte: chi veniva tutti i giorni a fare la spesa ora viene una volta alla settimana. Per questo, ci siamo dovuti diversificare». La macelleria, infatti, ha tutta l’aria di essere piuttosto una gastronomia, con una grande quantità di manicaretti in vetrina, e sugli scaffali tanti prodotti di primo consumo. «Il mestiere è delicato perché la merce diventa rapidamente deperibile, bisogna sapere quanta carne acquistare e come lasciarla frollare, evitando gli sprechi». Zilli tocca un punto fondamentale: e cioè che, vuoi per l’avvento di mode salutiste (le polpette vegane che riproducono il sapore della carne, per esempio) o a seguito di ricerche allarmiste sul consumo di carni rosse, si porta sempre meno carne in tavola. Eppure, il consumo, fa sapere Coldiretti, è aumentato del 5% nel 2018, invertendo una tendenza di decrescita e, per quanto tra i più bassi d’Europa (colpa, si dirà, della dieta mediterranea), il consumo si attesta a 79 chilogrammi pro-capite. Com’è possibile, quindi, che manchino macellai? Come è stato fatto notare in un servizio comparso sul Gambero Rosso, a mancare non sono tanto i rivenditori di carne, quanto coloro che si occupano della tecnica (qualcuno direbbe: dell’arte) della macellazione, considerata dalla sensibilità diffusa un atto cruento, che va separato dal momento della vendita. D’accordo: l’Italia non è la Francia, dove gruppi estremisti vegani hanno più volte assalito e malmenato alcuni macellai. Ma, lasciata alle spalle la civiltà contadina, la percezione che la macellazione sia un atto crudele rende il lavoro sempre meno appetibile. Una soluzione, dicono gli esperti del settore, è proprio la formazione e il lavoro sulla qualità. In fondo, come qualcuno ha detto, l’attenzione nei confronti della carne (il cui apporto è necessario dal punto di vista nutritivo) è un atto di rispetto nei confronti degli animali e ha due aspetti: portare al consumo di una carne migliore ed evitare, con i grandi sprechi da alcuni imputati alla grande distribuzione, in questo caso sì una strage di animali inutile.

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