CORONAVIRUS • Lo chiede Cappelletti di Cgil. Sono 21mila le aziende lombarde che hanno attivato la Cig
Vanni Raineri
Sono
quasi 21mila le procedure di cassa integrazione aperte in Lombardia,
per un totale di circa 500mila lavoratrici e lavoratori cui spettano gli
ammortizzatori sociali. Lo afferma una ricerca di Cgil Lombardia.
La maggior parte delle richieste arriva dall’industria metalmeccanica (circa 7mila pratiche per circa 200mila addetti coinvolti).
Nell’industria chimica, tessile, gomma plastica, energia sono state aperte quasi 2mila pratiche per 80mila lavoratori circa.
I lavoratori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo già coinvolti sono 140mila, ma manca all’appello la distribuzione non alimentare.
L’edilizia, coi cantieri chiusi, insieme all’industria del legno e impianti fissi ha visto finora l’apertura in Lombardia di 3.600 procedure per circa 29mila addetti coinvolti.
«I motivi per cui le aziende stanno ricorrendo agli ammortizzatori sociali sono diversi - commenta Valentina Cappelletti, segretaria della Cgil Lombardia con delega al mercato del lavoro -. Da un lato c’è l’effetto diretto delle chiusure imposte per decreto, fin dal 23 febbraio, quando fu istituita la prima zona rossa, a cui si sono aggiunte quelle che hanno interessato tutta la Lombardia dall’8 marzo. Da ultimo, in questi giorni, attendiamo l’arrivo delle richieste di cassa integrazione in deroga, che finora non erano attivabili in Lombardia».
«Gli ammortizzatori sociali accompagnano però anche la chiusura delle attività escluse dalla lista dei codici Ateco, su cui Cgil Cisl Uil hanno lavorato perché venisse ridotta il più possibile» aggiunge Cappelletti. «Questo non solo perché molte attività non sono affatto essenziali ma soprattutto perché le misure di contenimento della epidemia attraverso il distanziamento sociale devono prevalere anche sulle attività economiche. Non si può usare lo stesso metro di valutazione per zone che di fatto sono focolai, pesantemente colpiti dalla malattia e dai lutti, come Bergamo, Cremona o Brescia, ma che le autorità competenti hanno deciso di non dichiarare nuove zone rosse. Deve continuare a prevalere la linea intrapresa da Cgil Cisl Uil: prima la salute».
Dopo la revisione dell’elenco delle attività indispensabili, i lavoratori potenzialmente attivi in Lombardia sono scesi da 1,61 milioni a 1,58 milioni, quindi sono ancora moltissimi.
«Infine Il Protocollo nazionale sulla salute e sicurezza sta facendo il resto - aggiunge Cappelletti -. Le misure di protezione lì previste valgono per tutti, comprese le aziende dei settori autorizzati ad operare. Le aziende che non garantiscono tutte le misure di protezione stanno chiudendo o rallentando l’attività e quindi fanno ricorso agli ammortizzatori sociali. Il Protocollo è uno strumento utile per i confronti fra i rappresentanti dei lavoratori e le imprese. Ma spesso ci chiediamo cosa accade là dove il sindacato non è presente e organizzato e dove è oggettivamente difficile l’attività ispettiva già in condizioni normali, figuriamoci ora».
«L’emergenza sanitaria avrà un impatto sulle buste paga dei lavoratori - prosegue Cappelletti -. Ai datori di lavoro chiediamo di continuare ad anticipare le indennità per tutti gli ammortizzatori sociali che lo consentono. A Regione Lombardia chiediamo di finalizzare l’accordo con ABI per l’anticipazione sociale della cassa integrazione in deroga. Cgil Cisl Uil nazionali, comunque,hanno chiesto ai ministri Catalfo, Gualtieri e al presidente dell’Inps Tridico di anticipare i tempi di pagamento, per garantire continuità di reddito. Da ultimo, dobbiamo trovare una soluzione per estendere le protezioni anche a chi oggi è rimasto fuori dai decreti, per esempio tutti coloro che sono stati assunti dopo il 23 febbraio e le lavoratrici domestiche».
La maggior parte delle richieste arriva dall’industria metalmeccanica (circa 7mila pratiche per circa 200mila addetti coinvolti).
Nell’industria chimica, tessile, gomma plastica, energia sono state aperte quasi 2mila pratiche per 80mila lavoratori circa.
I lavoratori del commercio, degli appalti, del terziario, del turismo già coinvolti sono 140mila, ma manca all’appello la distribuzione non alimentare.
L’edilizia, coi cantieri chiusi, insieme all’industria del legno e impianti fissi ha visto finora l’apertura in Lombardia di 3.600 procedure per circa 29mila addetti coinvolti.
«I motivi per cui le aziende stanno ricorrendo agli ammortizzatori sociali sono diversi - commenta Valentina Cappelletti, segretaria della Cgil Lombardia con delega al mercato del lavoro -. Da un lato c’è l’effetto diretto delle chiusure imposte per decreto, fin dal 23 febbraio, quando fu istituita la prima zona rossa, a cui si sono aggiunte quelle che hanno interessato tutta la Lombardia dall’8 marzo. Da ultimo, in questi giorni, attendiamo l’arrivo delle richieste di cassa integrazione in deroga, che finora non erano attivabili in Lombardia».
«Gli ammortizzatori sociali accompagnano però anche la chiusura delle attività escluse dalla lista dei codici Ateco, su cui Cgil Cisl Uil hanno lavorato perché venisse ridotta il più possibile» aggiunge Cappelletti. «Questo non solo perché molte attività non sono affatto essenziali ma soprattutto perché le misure di contenimento della epidemia attraverso il distanziamento sociale devono prevalere anche sulle attività economiche. Non si può usare lo stesso metro di valutazione per zone che di fatto sono focolai, pesantemente colpiti dalla malattia e dai lutti, come Bergamo, Cremona o Brescia, ma che le autorità competenti hanno deciso di non dichiarare nuove zone rosse. Deve continuare a prevalere la linea intrapresa da Cgil Cisl Uil: prima la salute».
Dopo la revisione dell’elenco delle attività indispensabili, i lavoratori potenzialmente attivi in Lombardia sono scesi da 1,61 milioni a 1,58 milioni, quindi sono ancora moltissimi.
«Infine Il Protocollo nazionale sulla salute e sicurezza sta facendo il resto - aggiunge Cappelletti -. Le misure di protezione lì previste valgono per tutti, comprese le aziende dei settori autorizzati ad operare. Le aziende che non garantiscono tutte le misure di protezione stanno chiudendo o rallentando l’attività e quindi fanno ricorso agli ammortizzatori sociali. Il Protocollo è uno strumento utile per i confronti fra i rappresentanti dei lavoratori e le imprese. Ma spesso ci chiediamo cosa accade là dove il sindacato non è presente e organizzato e dove è oggettivamente difficile l’attività ispettiva già in condizioni normali, figuriamoci ora».
«L’emergenza sanitaria avrà un impatto sulle buste paga dei lavoratori - prosegue Cappelletti -. Ai datori di lavoro chiediamo di continuare ad anticipare le indennità per tutti gli ammortizzatori sociali che lo consentono. A Regione Lombardia chiediamo di finalizzare l’accordo con ABI per l’anticipazione sociale della cassa integrazione in deroga. Cgil Cisl Uil nazionali, comunque,hanno chiesto ai ministri Catalfo, Gualtieri e al presidente dell’Inps Tridico di anticipare i tempi di pagamento, per garantire continuità di reddito. Da ultimo, dobbiamo trovare una soluzione per estendere le protezioni anche a chi oggi è rimasto fuori dai decreti, per esempio tutti coloro che sono stati assunti dopo il 23 febbraio e le lavoratrici domestiche».
Commenti
Posta un commento