CORONAVIRUS • Roberto Cortellazzi, consigliere Bissolati, era a Cebu per lavoro e non sa ancora quando potrà rientrare in Italia
Vanni Raineri
Bloccato su un’isola, o peggio in un hotel delle Filippine da tre mesi, senza possibilità di rientrare in Italia. E’ quanto sta capitando, ovviamente a causa dell’emergenza Covid-19, ad un cremonese noto per il suo passato sportivo e il suo impegno nella società Canottieri Bissolati. Si tratta di Roberto Cortellazzi, 54 anni, già atleta di canoa e oggi consigliere della Bissolati settore Canoa, eletto per la prima volta nel 2014 all’inizio della presidenza di Maurilio Segalini e confermato con lui nello stesso ruolo nel 2018. Lo abbiamo contattato per conoscere meglio la sua situazione.
Innanzitutto perché ti trovi nelle Filippine?
«Sono un tecnico che collauda impianti per la produzione di mangime per animali, e sono arrivato qui nelle Filippine verso la metà di Febbraio, quando il virus era ancora presente solo in Cina. Dopo qualche settimana, il virus è apparso anche in Italia e poco dopo c’è stato il lockdown. Qui la situazione era ancora tranquilla, e quindi non ci si preoccupava più di tanto, fin quando hanno riscontrato i primi casi anche qui nelle Filippine, però solo a Manila, mentre io mi trovo a Cebu, che si trova su un’altra isola. Anche qui si è iniziato ad avere il sentore di arrivare al lockdown, tanto che la ditta per la quale lavoro mi ha chiesto se mi sentissi tranquillo o preferissi rientrare in patria. Vista la situazione tragica in Italia, e non pensando che la situazione potesse precipitare in questo modo, ho deciso di restare per portare a termine il collaudo dell’impianto, anche perché sarebbe stato un grosso problema abbandonare un impianto in fase di collaudo senza sapere quando si sarebbe terminato il lavoro. Cosi è stato, fino a quando è stato annunciato dal presidente delle Filippine il totale lockdown ed il conseguente divieto di uscire. Io ho avuto un permesso speciale per recarmi dall’hotel all’impianto per poter portare a termine il lavoro, che è durato circa due settimane, dopodiché mi son ritrovato bloccato in hotel. Nel frattempo tutti gli aeroporti sono stati chiusi, ed i voli nazionali ed internazionali sono stati cancellati».
Non ti è stato possibile rientrare?
«Ci sono stati alcuni voli organizzati dalle compagnie aeree per rimpatriare gli stranieri bloccati qui, ma purtroppo, ingenuamente, visto che stavo ancora lavorando non me ne ero preoccupato. Nel frattempo la situazione logistica diventava sempre più complicata, tutti i comfort dell’hotel (piscina, palestra, ristorante), sono stati via via chiusi, tanto che per mangiare si deve ordinare un menu (ormai ti danno quello che riescono a reperire) che si consuma in camera. Per il 15 maggio era stata fissata la data per la riapertura degli aeroporti per i voli sia nazionali che internazionali, ma due giorni prima il governo delle Filippine ha deciso di prolungare il lockdown fino al 1° giugno».
Potrai quindi tornare in Italia?
«Ad oggi sembra che riaprano il 1° Giugno, ma per poter viaggiare è necessario essere in possesso dei documenti che dichiarano dove ho passato il periodo di lockdown, devo fare un test per dimostrare di essere negativo al Covid-19 e mi serve una dichiarazione da parte del comando di polizia. Tutte queste cose per il momento mi è impossibile ottenerle, perché ad oggi tutti i mezzi di trasporto sono ancora bloccati, e ci vuole un pass speciale per potersi muovere, quindi devo aspettare la settimana prossima e vedere come si metterà la situazione. Intanto un altro nostro cliente, qui nelle Filippine, ha richiesto la mia presenza per risolvere alcuni problemi, e la ditta mi ha chiesto se sono disposto a restare (si tratterebbe solo di una settimana). Stiamo valutando la situazione, perché se decidessi di spostarmi da una regione ad un’altra dovrei fare il periodo di quarantena (rinchiuso 14 giorni in un hotel), quindi sto valutando in base a come procederanno con lo sblocco. A differenza di altri che sono bloccati qui nelle Filippine, mi posso ritenere abbastanza fortunato per il momento, però c’è il rischio che la situazione precipiti da un momento all’altro».
Praticamente da quasi tre mesi sei bloccato in hotel. Non hanno ancora riaperto sulla tua isola (all’interno della quale se ho ben capito ti puoi spostare) i ristoranti?
«Da due mesi e mezzo sono costretto in hotel, l’isola è ancora bloccata, non ci si può spostare e tutti i ristoranti sono chiusi, solo i supermercati sono aperti e ci vuole un pass per potervi accedere. Il pass ed il trasporto per recarsi al supermercato lo fornisce l’hotel che decide anche quando e a che ora poterci andare».
Ti sei rivolto all’ambasciata italiana nelle Filippine o a qualche altro organismo? A Cebu mi risulta la presenza di un vice console, Francesco Guidicelli. Nel caso, cosa ti hanno risposto?
«L’ambasciata non l’ho contattata personalmente poiché abbiamo un ufficio a Manila che si preoccupa della mia situazione. So del vice console ed ho anche il suo numero di cellulare e del suo gruppo whatshapp».
Sei a conoscenza della presenza a Cebu di altri italiani nella tua situazione?
«So che qui sull’isola sono presenti altri italiani, ma non saprei se abbiano problemi o siano interessati a lasciare il Paese. Qui è difficile avere notizie, anche i notiziari tutti i giorni cambiano versione. Hanno anche fatto chiudere un canale locale perché aveva diramato notizie false che hanno fatto il giro del mondo: hanno fatto credere che il presidente avesse dato ordine di sparare alla gente per le strade durante gli orari di coprifuoco. Aspetto che ci siano novità, ma sarà difficile, qui decidono da un giorno all’altro: oggi ti danno una versione, domani una differente».
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