CORONAVIRUS • Il ministero della Salute ha messo a punto i criteri per intervenire in caso di nuovi picchi
Vanni RaineriDa lunedì scorso si è aperta finalmente la cosiddetta fase 2, che ci consente di spostarci in regione sia pure per motivi circoscritti, ma con una serie di possibilità che prima ci erano precluse. Una conquista che sentiamo di esserci meritati per come abbiamo gestito responsabilmente il lockdown, ma fino a che punto possiamo sperare che la curva dell’epidemia continui la sua corsa verso il basso, e quanto invece possiamo temere che nuovi picchi di contagio ci riportino al punto di partenza, con conseguenze ancor più terribili non solo dal punto di vista sanitario ma anche economico?
Vedendo quanto accaduto in settimana a Milano viene da pensare che il rischio di un doloroso passo indietro non sia un’ipotesi remota: ognuno di noi ha visto immagini e video nella zona dei Navigli e della Darsena che pullulava di gente che passeggiava, a distanza ravvicinata data la densità e spesso senza la necessaria (e obbligatoria) mascherina.
A tal proposito il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha lanciato un ultimatum attraverso un video su Facebook: «O si rispettano le regole di distanziamento sociale e protezione sanitaria a Milano oppure chiudo i Navigli. Ci sono momenti in cui c’è da incazzarsi e questo è uno di quei momenti: le immagini di ieri lungo i Navigli sono vergognose».
«Non permetterò che quattro scalmanati senza mascherina, uno vicino all’altro, mettano in discussione tutto ciò che abbiamo fatto», dice Sala in riferimento alle misure messe in campo per contrastare l’emergenza coronavirus. «Uno o due tre mesi fa potevamo essere inconsapevoli, e anche io lo sono stato, ma ora no, dopo tutto quello che abbiamo visto». Poi l’ultimatum: «O le cose cambiano oggi o io domani prenderò provvedimenti: chiudo i Navigli, e poi lo spiegate voi (in riferimento a chi non rispetta le regole, ndr) ai baristi perché il sindaco non gli permette di vendere». Da stasera nella zona Navigli, continuava ieri il sindaco meneghino, «ci metto più vigili, ma ve lo ripeto: non è “un guardia e ladri”, non è un gioco, è qualcosa che non possiamo permetterci». Perché, sottolinea, «Milano ha bisogno di tornare a lavorare, ma in sicurezza».
Ma come si potrà stabilire se sarà necessario adottare nuovamente misure più restrittive? Il ministero della Salute, stando a una bozza della circolare che sta circolando, ha previsto indicatori di tre tipi. Il primo è un monitoraggio dei casi, con particolare attenzione sulle rsa; quindi si valuterà la capacità di accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti, intendendo la percentuale di tamponi effettuati, di test per tracciare i contatti positivi, di risorse umane e di strutture per quarantene e isolamento. Gli ultimi indicatori coinvolgeranno la stabilità di trasmissione e la tenuta dei servizi sanitari, dato che sarà condizionato dal cosiddetto R-t, il parametro che misura la velocità di trasmissione del virus che dovrà rimanere sempre al di sotto di quota 1. E poi la presenza di focolai, gli accessi al pronto soccorso di pazienti Covid e i tassi di occupazione dei posti letto in terapia intensiva.
Nella bozza si prevede comunque un aumento dei casi nel giro di un paio di settimane. Nel caso si rendesse necessario un intervento, questo potrà portare i presidenti delle regioni interessate a proporre al ministero della Salute l’adozione di misure restrittive. Qualora il nuovo allarme fosse gestibile attraverso l’attivazione di limitate zone rosse la fase 2 potrà proseguire, in caso contrario, quello che più spaventa, si dovrà tornare alla fase 1.
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