«Ma quali code, gli affari sono calati»

COMMERCIO • Giorgio Gringiani del Compro Oro di via Vacchelli: «Chi non arriva a fine mese di oro non ne ha più»


Vanni Raineri
Ma quali resse, ma quali code di cittadini in crisi, è la solita questione delle foto che diventano virali e testimoniano di un fenomeno che non esiste. Parliamo dei supposti assalti ai banchi dei pegni o ai compro oro di persone precipitate nell’insolvenza dallo stop imposto dal Coronavirus. Gran parte dei compro oro ha riaperto i battenti da una decina di giorni, e ci si attendeva il boom di affari dopo che parecchi articoli avevano narrato le code presso le sedi delle banche che ospitano un monte dei pegni. Basta approfondire e ci si rende conto che tutte quelle foto riguardavano una sola sede, in un solo giorno, vale a dire Intesa San Paolo a Torino.
Sentiamo cosa ne pensa Giorgio Gringiani, titolare del Compro Oro di Corso Vacchelli 55 a Cremona.
«In questi giorni i media riportano spesso notizie con code, ma si tratta di articoli falsi e fuorvianti: i dati dicono invece che si lavorava più prima del virus che dopo».
Voi quando avete riaperto?
«Ormai oltre un mese fa, infatti abbiamo riaperto il negozio il 4 maggio, in quanto facciamo commercio all’ingrosso: fatturiamo circa 5 milioni di euro l’anno, e siamo tra i primi in Italia per acquisti per punto vendita».
In ogni caso quella foto con la fila esiste.
«Certamente, ma consideriamo che spesso le banche che avevano 3 operatori allo sportello ora ne hanno uno solo, e nel contempo mentre prima era possibile entrare in gruppi affollati in una filiale, ora, per le norme Covid-19, è necessario mettersi in fila, come avviene anche per i supermercati. Quella ritratta era una fila causata da questi motivi, una sorta di effetto tappo, poi come spesso accade una notizia esagerata è stata ripresa da altri media diventando virale».
La quotazione dell’oro è oggi particolarmente elevata, poco sotto i 49 euro al grammo. E’ arrivata a 52 euro e mezzo a metà maggio, ma solo a marzo era sotto quota 42 euro, e un anno e mezzo fa era sotto i 33 euro. Questa crescita imperiosa ha favorito il giro di affari?
«Il fatturato non aumenta con le quotazioni elevate, come dimostra il fatto che in febbraio il mio fatturato è stato del 35% più alto rispetto a maggio. Va detto che noi trattiamo oro da investimento, e chi punta sull’oro ragiona da investitore, mentre il privato è meno condizionato dalla quotazione corrente».
Il calo in maggio significa che l’effetto crisi da Covid-19 in effetti qui a Cremona non si è manifestata.
«Diversi giornalisti mi hanno chiamato chiedendomi della crisi, ma a conti fatti il virus non ci ha favoriti, anzi. Anch’io pensavo che avremmo lavorato di più, invece è il contrario. Forse incide anche il fatto che ancora la gente non esce come prima dell’emergenza. In maggio i miei clienti del Piacentino ho dovuto dirottarli alla sede di Parma per l’impossibilità di varcare il confine regionale».
Nessun cliente che abbia perso il lavoro o sia in attesa della cassa integrazione o dei 600 euro per gli autonomi?
«Intanto noi abbiamo diversi tipi di clientela, in ogni caso direi di no: consideriamo che le persone non tendono a raccontare le proprie difficoltà».
Le dà fastidio passare ingiustamente per chi fa affari approfittando della crisi?
«C’è chi ci associa a una sorta di ricettatori, mentre siamo molto controllati, tanto che siamo autorizzati dalla Banca d’Italia e abbiamo l’obbligo di segnalare situazioni sospette. Noi anzi aiutiamo l’economia: recuperiamo oro vecchio e non utilizzato rimettendo denaro in circolo. Se aspetto che arrivi chi vende l’anellino per arrivare a fine mese non campo nemmeno io. Credo che non ci sia imprenditore che salta per un mese di chiusura: il rischio ce l’ha nel tempo, perdendo clienti a causa della chiusura. Chi non arriva a fine mese non arriva da me poiché l’oro se l’è già venduto da un pezzo».

Commenti