Quest’anno i saldi sotto l’ombrellone

COMMERCIO • A causa del Covid slittano ad agosto. Principe (Confcommercio): settore moda in ginocchio

Benedetta Fornasari
Saldi posticipati di un mese e possibilità di effettuare vendite promozionali nei trenta giorni antecedenti all’inizio ufficiale della stagione degli sconti. Queste le misure per sostenere il commercio, nel tentativo di limitare i danni economici generati dai mancati guadagni di quasi tre mesi di vendite a prezzo pieno.
Per la prima volta in tutta Italia, i saldi estivi non scatteranno nei primi giorni di luglio ma slitteranno al 1° agosto per concludersi il 29 settembre. La decisione di rimandare le promozioni, con il via in un’unica data per l’intero territorio nazionale, è stata assunta dalla Conferenza delle Regioni su richiesta della Federazione moda Italia-Confcommercio. Vittorio Principe, presidente di Confcommercio Cremona, conferma il ruolo centrale giocato dall’Associazione.
«Abbiamo chiesto che i saldi venissero posticipati per non annullare del tutto i ricavi della stagione. Non sarebbe stato giusto partire con le vendite a prezzi ribassati, dunque senza un margine significativo per chi vende, con ancora in negozio tutti i capi della primavera estate. Su oltre quattromila imprese italiane, il 94% si è detto contrario alla data prevista del 4 luglio. La soluzione preferita dalla gran parte delle aziende è la posticipazione (52%), seguita dalla sospensione dei saldi (29%). Solo l’8% ha chiesto di anticiparli e il 6% voleva mantenere la data del primo sabato di luglio. Nella realtà molti negozi sono comunque partiti con le promozioni già oggi. Questo per la necessità di incassare e far fronte alle spese che, nonostante il lockdown, non si sono fermate. E poi, già ora, le aziende dovrebbero confermare gli ordini per le prossime stagioni. In sostanza viviamo un momento di difficoltà gravissima. Confcommercio stima che una impresa su tre sia a rischio di chiusura. Pensiamo che il settore moda, già in difficoltà, sia tra i più esposti ai rischi di mortalità delle imprese. Oggi abbiamo riaperto tutti, proprio perché avevamo già acquistato i capi, ma credo che i prossimi mesi vedranno tante aziende gettare la spugna».
Abbigliamento, calzature, articoli sportivi, mobili e giocattoli sono stati tra i prodotti meno acquistati al tempo del Covid-19, che ha avuto un effetto devastante per la vendita al dettaglio dei beni non alimentari con un crollo del 36% nel mese di marzo e una diminuzione del 24% nel mese di aprile (dati Istat). Gli esercenti che confidavano nella ripartenza - come spiega Principe - un mese dopo aver alzato le saracinesche dei negozi tracciano un bilancio tutt’altro che positivo.
«Dopo i primi giorni di euforia, forse per la volontà di tornare alla normalità e di sostenere la ripresa, i fatturati sono tornati in sofferenza. Non stiamo recuperando il periodo di chiusura, anzi stiamo continuando a soffrire. Una indagine nazionale di Federmoda della scorsa settimana indica che il 76% delle aziende del settore ha subìto una contrazione nelle vendite, il 17% ha raggiunto incassi in linea con il pre-covid e solo il 7% ha registrato un trend positivo. Si stima che, in tutto il Paese, la perdita dei consumi (solo per quanto riguarda il comparto moda) sia di quindici miliardi di euro. Non solo: sono a rischio diciassettemila imprese e trentacinquemila addetti».
Un settore in piena crisi che evidentemente non potrà essere salvato dallo shopping estivo.
«Le risposte per la ripartenza devono essere straordinarie quanto lo è stata la pandemia. Altrimenti, dopo l’emergenza sanitaria, avremo quella economica. Oggi il Paese è in forte difficoltà ed è diffusa e legittima la preoccupazione. In sintesi: produzione lenta, rischio disoccupazione, crollo della fiducia e dei consumi. Bisogna reagire in maniera più decisa. Subito più liquidità alle imprese, meno tasse e meno burocrazia. Ad ogni livello occorre intervenire con decisione. Penso, ad esempio, alle risposte anche sul turismo (non solo le vacanze ma anche le città d’arte). Occorre un impegno fortissimo e non può essere trascurata nessuna opportunità. Solo così si può ricostruire l’economia e la fiducia del Paese».

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