Sostenibilità, tutti i ritardi del nostro Paese

 ECONOMIA • La relazione dell’ex ministro Enrico Giovannini ai Rotary in chiusura del Festival dello Sviluppo Sostenibile

L’ex ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha tirato le somme della quarta edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, da lui di fatto ideato, grazie ad un incontro online organizzato dal Rotary Club Casalmaggiore Oglio Po assieme all’eclub 2050, al quale hanno partecipato anche rotariani di altri 7 club, collegati anche da Bari, dal Lussemburgo e persino da San Paolo del Brasile.
Il tema trattato da Giovannini giovedì sera era “L’Italia e l’Europa tra crisi e sviluppo sostenibile”, per un incontro-dibattito che ha visto una mezz’ora di relazione seguita da tante domande da parte dei circa 40 rotariani collegati.
Oltre che ex ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali del governo Letta, Giovannini è stato presidente Istat, oggi è professore di Statistica Economica presso l’Università Tor Vergata di Roma e portavoce e anima dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), che da 4 anni organizza il Festival dello Sviluppo Sostenibile, che si è chiuso l’8 ottobre e ha visto un migliaio di eventi organizzati in Italia. Incarichi ricoperti, pubblicazioni e onorificenze ricevute sono molteplici.
In mattinata, prima di collegarsi, Giovannini era stato ricevuto dal Presidente Sergio Mattarella al quale ha presentato proprio il rapporto ASviS che illustra la situazione italiana. «E’ stato un grande piacere - ha affermato l’economista e accademico - e gli abbiamo chiesto di essere con noi a febbraio quando compiremo 5 anni».
L’obiettivo è perseguire gli obiettivi dell’Agenda 2030, vale a dire la risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’Onu nel 2015, una agenda colpevolmente poco conosciuta nel nostro Paese.
La situazione merita riflessioni urgenti secondo Giovannini: «Dai nostri indicatori statistici risulta evidente che Italia ed Europa (che pure è il luogo più sostenibile al mondo) non stanno procedendo sul sentiero della sostenibilità. E’ la pandemia che sta accelerando verso questo obiettivo».
Ma di cosa stiamo parlando? «Lo sviluppo è sostenibile se consente di soddisfare i bisogni della generazione attuale senza pregiudicare il fatto che le successive possano fare altrettanto. Non riguarda solo l’ambiente, ma la giustizia tra generazioni». E già qui è comprensibile come l’Italia in particolare sia lontanissima dal traguardo.
La siccità che ha contribuito alle primavere arabe ha reso concreto questo concetto, che però ha faticato a diventare centrale nel dibattito politico e nella sensibilità delle persone. Nel settembre 2015 ben 193 paesi hanno firmato l’Agenda 2030, che pone 17 obiettivi di sviluppo sostenibile: «Ciò rappresenta - ha detto l’ex ministro - il punto più alto della condivisione, e tutti i paesi si sono impegnati a raggiungere gli obiettivi».
Alcuni di questi erano da ottenere già nel 2020, ma siamo lontani dall’obiettivo. Rispetto ad allora, dei 17 temi solo alcuni hanno evidenziato un qualche miglioramento: l’energia rinnovabile, l’economia circolare, la lotta al cambiamento climatico (ma il “merito” è del lockdown), la condizione delle istituzioni. In Italia la situazione è ancora peggiore, insostenibile sotto vari aspetti. I segnali positivi però non mancano: «Molto dipende dalla risposta che si darà alla crisi: nel lockdown i risparmiatori hanno orientato i finanziamenti verso fondi di investimento a imprese che scelgono la sostenibilità. Il 40% di queste a maggio era già in modalità ripartenza con strategie nuove di espansione, mentre per le altre imprese la percentuale era del 28%».
Sul Recovery Fund: «In realtà si chiama “Next Generation Eu”, e chiamarlo in modo differente è significativo del fatto che non sappiamo parlare di nuove generazioni. E’ un errore gravissimo perché non abbiamo capito la filosofia della concessione dei fondi: il Paese deve essere più resiliente in vista delle future crisi, nella logica che stavolta ci sono i soldi ma alla prossima non si potrà tornare a chiederli. Questa logica non la stiamo capendo, ed è sorprendente che siano mesi che si parla dell’uso del Mes sanitario e non si discuta mai di cosa farci con questi 37 miliardi. Per fare il salto di qualità servono coerenza delle politiche, monitoraggio dettagliato e chiarezza sulle responsabilità: di questo l’opinione pubblica italiana non parla, ed è un problema serio perché siamo chiamati a fare programmazione a 10 anni, cosa che da decenni non siamo abituati a fare per mancanza di fondi. Abbiamo un’occasione straordinaria che possiamo usare bene o sprecare. L’Agenda 2030 è prioritaria in tanti governi europei, non per il nostro. La pandemia ci ha posto di fronte a un bivio anticipando i tempi. Se sul fronte europeo sono molto soddisfatto, in Italia abbiamo perso 5 anni, ed è una realtà penosa, che ci costa tanto, ma speriamo sia la volta buona per cambiare il nostro paradigma di sviluppo. In ogni caso forse qualcuno non ha capito che i soldi del Next Generation Ue vanno restituiti».
Giovannini ha chiuso dicendosi preoccupato per l’emergenza sociale più ancora che per quella climatica: «Potremmo arrivare anche a guerre, e noi siamo meno preparati di altri»
La prossima settimana uscirà un nuovo suo libro, scritto con Fabrizio Barca, dal titolo “Un mondo diverso”: indica come l’aumento di disuguaglianza porti alla bassa crescita, e che l’attuale modello capitalistico, se lasciato in balia di se stesso, possa tendere all’autodistruzione, come indicava Marx.

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