La discesa negli abissi di Jarry con "Messalina"


GRANDI DIMENTICATI • L’opera fu pubblicata in Italia 19 anni dopo la morte dell’autore, tra i maggiori intellettuali del XX secolo 

Alessandro Zontini
Nel marzo del 2019, per le edizioni “PeQuod”, è stato distribuito un inusuale libro: “Dov’è finito il falco pellegrino” di Massimiliano Varnai. Non è un trattato sulla avifauna divenuta, nel tempo, rara ma riguarda “Storie e vicende di cento libri che non si trovano più in libreria”. In ogni caso, sempre di rarità si parla. L‘autore “ha pescato fra saggi non più ristampati, romanzi accantonati in fretta, prime edizioni, curiosità e strampalate operazioni editoriali del Novecento”.
“Dov’è finito il falco pellegrino” è, in pratica, un interessante libretto composto da oltre un centinaio di schede che ripercorrono sinteticamente le vicende editoriali di volumi divenuti, nel tempo, via, via, rari o rarissimi.
La prima scheda redatta da Massimiliano Varnai è dedicata al - singolare - romanzo “Retroscena” di Mario Carli, intellettuale e soldato nella Prima guerra mondiale, futurista, sansepolcrista e sodale di D’Annunzio a Fiume. Stampato in prima edizione nel 1915, “Retroscena”, riporta Varnai, venne riproposto, nel 1979, nella collana “Gli Arabeschi” dell’editrice Espansione cui, meritoriamente, va ascritta l’intraprendenza di aver ristampato non solo questo ma, anche, altri – peraltro pochissimi – tesori letterari del passato.
Tra questi rari volumi, la collana “Gli Arabeschi” (ri)proponeva al pubblico il volume: “Messalina” di Alfred Jarry.
Alfred Jarry, nato a Laval nel 1873 e mancato ai vivi a Parigi nel 1907, è universalmente considerato come uno degli grandi intellettuali che, insieme a Marinetti, Apollinaire, D’Annunzio e Picasso, maggiormente rinnovò tutta la cultura del XX secolo, attraverso gli innovativi canoni dei vari movimenti di avanguardia che contraddistinsero quel fecondo - artisticamente - periodo.
Jarry, dopo aver compiuto gli studi liceali, trovò a Parigi il terreno fertile a maturare il proprio pensiero artistico, venendo a contatto con alcuni tra i più significativi poeti e letterati dell’epoca.
Influenzato, in modo significativo, dai frequenti contatti con i poeti simbolisti, Jarry in modo, del tutto autonomo, avvierà la sua prolifica carriera di scrittore con un serie di opere di natura teatrale, commedie, raccolte di poesie, spesso dal gusto decadente se non, addirittura, grottesco; opere permeate da un sottile senso di rifiuto dell’esistenza che Jarry vedeva come assurda se non addirittura inutile.
L’autore, primo tra tanti, svilupperà il concetto di “teatro dell’assurdo” ricorrendo ad un’arte sempre in equilibrio tra la denuncia sociale ed il grottesco. In particolare, non si può non ricordare la sua più celebre commedia, l’”Ubu Re” del 1896, eclatante esempio, ottimamente riuscito, di quella visione “disperata” della vita di cui Alfred Jarry è stato propugnatore e alfiere.
Ubu è una stravagante caricatura dell’uomo medio, avido di potere e denaro, prepotente e pauroso e le sue vicende vengono proposte con un linguaggio diretto apparentemente senza regole stilistiche e, soprattutto, senza vincoli moralistici.
La prima rappresentazione della commedia, a Parigi nel 1896, fu anche l’occasione per tafferugli e disordini.
Il personaggio di Perè Ubu venne più volte riproposto, in altre pubblicazioni e produzioni teatrali, da Jarry che ebbe anche l’occasione di conoscere e frequentare i già citati Apollinaire e Marinetti con cui condivideva il gusto per l’avanguardia e la provocazione. Ma la sua vita bohemien, irregolare e negativamente connotata dall’abuso di alcool ed assenzio doveva condurlo ad una morte precoce.
Restano della sua breve esperienza umana ed artistica sia le sue più celebri opere avanguardistiche ma, anche, un gruppo di pubblicazioni meno note ma non per questo meno interessanti.
Tra quelle impossibile a non citarsi indubbiamente “I minuti di sabbia. Memoriale” (del 1894), “Cesare Anticristo” (del 1895) e “Il supermaschio” (del 1902).
Va, anche, segnalato il volume “Gesta ed opinioni del dottor Faustroll, patafisico” (del 1911), che concorse alla fondazione di una (inesistente?) pseudo-scienza, singolare e bizzarra: la “patafisica” che si dedica esclusivamente allo studio delle leggi che regolano le eccezioni.
Da ultimo, giova ricordare il già citato romanzo: “Messalina”. Jarry interpreta, in modo strampalato e rassegnato, una parte della sesta Satira di Giovenale. Il volume venne proposto in Italia, in prima edizione nel 1926, dalle coraggiose e semi sconosciute “Edizioni Pervinca” di Milano e venne incluso nella collana “Storie galanti e romanzate” insieme alle vicende “amorose” di Maria Antonietta, della Marchesa di Pompadour e di altri ancora. Trattasi di libretti dalla severa copertina color grigio, forse un po’ troppo anonima ma, indubbiamente, dal contenuto interessante che, via, via, si sono fatti sempre più rari. Nel dettaglio, secondo quanto riporta il sito OPAC SBN, del volume “Messalina” (edizione del 1926) sono note sole sette copie (due a Bologna, una a Roma ed altre sparpagliate lungo lo “Stivale”).
Le vicende del romanzo sono quelle di Messalina, licenziosa moglie dell’imperatore Claudio (che, proprio in virtù della sua leggendaria passione amorosa, ispirò anche una collana di fumetti erotici di gran successo negli anni ’70) ma non si tratta di un romanzo storico od erotico. O, quantomeno, non è solo storico (frequentissimi i riferimenti alla storia romana ed ai suoi personaggi, alle sue usanze ed ai giardini di Roma antica, ove si svolgono molte delle scene descritte dal libro) e non è solo erotico (anche se vi abbondano allusioni licenziose: “E vennero uomini, uomini e uomini. Fino all’alba, quando il leno congedò le sue vergini. Dopo tutte le altre, compresa l’accompagnatrice, Messalina chiuse la propria cella, ma il desiderio la consumava ancora”).
E nonostante l’inclusione voluta dell’editore nella collana “Storie galanti e romanzesche, la “Messalina” di Jarry ha ben poco di strettamente romantico, risultando, viceversa, una coraggiosa “discesa” nell’abisso della percezione umana dell’esistenza e nei suoi inesplicabili dedali. L’ambientazione ed il personaggio principale, Messalina, paiono quali meri espedienti letterari (un po’ come sarà il film “Salò o le 120 giornate di Sodoma” di Pier Paolo Pasolini che, molto probabilmente, ben conosceva Jarry) per agevolare l’autore nella propria discesa dantesca verso un tragico epilogo che pare segnato fin dall’inizio dell’opera. Neppure il frequente ricorso a figure che sembrano facciano capolino da qualche opera di Plauto riesce ad elidere la - quasi - palpabile disperazione dell’autore.
Non manca qualche guizzo di genio: “l’ultima parola della dedica, al disopra del portico, della biblioteca di Lucullo, rovesciata nello specchio: AMOR” posta in contraltare al “nome sacro, mai pronunciato, come nome della Città, del dio della Città stessa”: ROMA. Un arzigogolo palindromo piazzato al centro della pagina, quasi un prodromo dell’esperienza parolibera futurista.
Singolari anche alcune descrizioni che accostano, intersecandoli, sesso e flora: “secondo il lusso preferito dai più raffinati architetti di giardini, dopo avere esaurite tutte le fioriture della scultura e tutte le forme versicolori delle orticolture – un campicello rustico e nudo, nudo come le nudità d’un uomo fino al suo itifallo di fico”, descrizioni che si ritroveranno, similari, anche in alcuni “brani” di Alberto Moravia.
La “corsa” verso l’Inferno di Jarry insieme alla lasciva Messalina (che però, dopo aver giaciuto con mille amanti scoprirà e dichiarerà a Silio di essere vergine, secondo un controsenso tipico dell’autore) si conclude con la morte della donna e con l’affermazione, secondo la visione disperatamente tragica di Jarry, che l’unica certezza è che non ci sono certezze.
Chi fu, in realtà Alfred Jarry? Un autore “dantesco” che coniugò Baudelaire, Mallarmé e Rimbaud con Plauto e Giovenale? Uno scrittore che fu archetipo o “modello” per Pasolini, Moravia e Marinetti (peraltro sono vari i detrattori del “capo” del futurismo che lo accusano di avere copiato l’”Ubu Re” di Jarry per realizzare il suo “Roi Bombace”). Forse solo un esploratore delle più remote regioni della conoscenza. Da riscoprire e rileggere.

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