LIBRI • E’ la provocazione di Stefano Scrima nel suo nuovo libro “L’arte di disobbedire - Raccontata dal diavolo”
FEDERICO PANIE’ l’archetipo mitologico della disobbedienza e, nella cosmogonia cristiana, è il male, l’assenza di Dio. Sì, è proprio lui: il diavolo, lucifero. L’iconografia ce lo restituisce come un caprone, un demonio alato, Dante ne scrive come di un gigantesco mostro imprigionato nel ghiaccio. Eppure, a ben vedere, era il più bello tra gli angeli, il “portatore di luce”. Stefano Scrima, nel suo nuovo libro “L’arte di disobbedire - Raccontata dal diavolo” (dove, oltre all’ironia, ricorre allo stratagemma dello scartafaccio vergato da Mefistofele in persona) ci racconta la “versione del diavolo”. Ma chi gliel’ha fatto fare a Lucifero di guadagnarsi la fama che ha? Nel pensiero comune, dominato ancora dal cristianesimo, Lucifero impersona il male assoluto, quel male che non ha possibilità di commistione col bene. Ma la filosofia e la letteratura, in particolare i romantici (penso a Milton e a Shelley) ne hanno riqualificato l’affascinante figura, facendole assumere i connotati di un antieroe, a suo modo positivo. Del resto, non è vero che si tratta dell’incarnazione del male assoluto. Questo perché, semplicemente, non esistono gli assoluti: una cosa esiste se esiste il suo contrario. Anche Lucifero va visto sotto questa luce. Anzi, Lucifero ha anche dei messaggi positivi da dare all’uomo: lo scuote dalla sua torpidezza e ci dà il “beneficio” del dubbio. Ci fa ripensare il nostro modo di vivere.
Vale la pena fare uscire Lucifero dal folklore e farlo diventare un maestro? Mah, io più che un maestro lo vedo come il vero e proprio inventore della filosofia, colui che squarcia il buio dell’ignoranza con il lume della conoscenza. E’ colui che tentò Adamo ed Eva, sotto forma di serpente, con la mela, metafora del libero arbitrio e della libera conoscenza. E’ questo che significa fare filosofia: esercitare il pensiero critico, pensare con la propria testa, amare la conoscenza.
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