Trova un violino in soffitta È un Guarneri e vale milioni

 IL CASO • L’autenticità dello strumento è certificata dal Cnr. La proprietaria chiede di mantenere l’anonimato

Enrico Galletti

Per anni è rimasto chiuso nella soffitta di una casa, impolverato. A tramandarselo inconsapevolmente, sono state più generazioni di una stessa famiglia. L’attuale proprietaria oggi ricorda le parole di suo nonno, che spesso le diceva: «Quel violino ha un gran valore...». Deve aver sottovalutato quella frase sino ad oggi, quando ha deciso di riprendere in mano lo strumento dopo aver partecipato a un convegno sulla liuteria. Ha preso il cellulare, ha scattato alcune foto al manufatto e le ha mandate al relatore.  Così si è scoperto che quel violino abbandonato per anni in soffitta è un autentico capolavoro di Guarneri e vale milioni di euro. La proprietaria, felice e allo stesso tempo scossa per la scoperta, non vive a Cremona, ma comunque nel nord Italia. Chiede di non essere più specifici sulla sua identità perché non vuole essere riconosciuta. Certo è che da qualche ora ha scoperto di avere un autentico gioiello in casa. È stato Mauro Bernabei, dell’Istituto di bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR-IBE), contattato dalla signora, a rivelare l’autenticità del manufatto con la dendrocronologia - tecnica di datazione del legno basata sulla misurazione degli anelli di crescita degli alberi - e a confermarne anche la datazione: 1696, periodo d’oro della liuteria classica cremonese. Bernabei, contattato dal Piccolo ieri pomeriggio, racconta il suo entusiasmo. «Quel Guarneri - dice - vale diversi milioni di euro».
Giuseppe Guarneri secondogenito di Andrea, capostipite della famosa famiglia di liutai, lavorò con il padre fino a quando, nel 1698, ne ereditò la bottega. Il suo stile è stato ispirato da Stradivari e i suoi strumenti sono considerati di ottima qualità. «I tentativi avvenuti in passato di datare e attribuire con certezza il violino si erano concentrati per lo più sulle caratteristiche tecnico-stilistiche, ma l’esito di tali indagini era risultato poco attendibile. Sebbene l’etichetta riportasse la scritta “Joseph Guarnerius Filuis Andreae Cremonae Sub Titulo S. Theresie, 1705”, ovvero, Giuseppe Guarneri, figlio di Andrea nel nome di Santa Teresa (fece) nell’anno 1705 (o 6?), questa attestazione risultava non attendibile in quanto non originale, scritta con un carattere non esistente all’epoca. In più riportava un errore ortografico: Filuis al posto di Filius», spiega Bernabei in un saggio che illustra la scoperta.
La svolta è arrivata in questi giorni, grazie all’analisi degli anelli di accrescimento del legno: «L’ultimo anello presente sulla tavola armonica si data con certezza all’anno 1696. In un secondo momento, il confronto con gli anelli di accrescimento misurati su uno strumento di attribuzione certa e documentata ha consentito di ipotizzare l’attribuzione del violino a Giuseppe Guarneri filius Andreae, padre del famoso Guarneri del Gesù. Le ricerche sono state poi approfondite da un punto di vista tecnico e stilistico grazie anche all’aiuto di esperti di caratura internazionale che hanno confermato la scoperta», continua il ricercatore Cnr-Ibe. Inoltre «il confronto diretto con altri strumenti dello stesso liutaio ha consentito di individuare un violino “gemello”, anch’esso di proprietà privata, costruito con certezza da Giuseppe Guarneri, identico in tutto e per tutto: caratteristiche costruttive e uso di legno dagli stessi tronchi».
Solitamente i liutai, allora come ora, selezionavano i propri legni seguendo regole precise: assenza di nodi, deviazioni di fibratura o altri difetti, e generalmente provenienti da boschi d’alta quota. «Una volta trovato il pezzo giusto, essi continuavano a usare legno dalla stessa provenienza, possibilmente dalla stessa partita di legname e a volte, come abbiamo visto, anche dalla stessa pianta», conclude Bernabei. «L’insieme di queste caratteristiche consentono alla dendrocronologia di ottenere di solito risultati significativi nello studio degli strumenti musicali, dimostrandosi in grado talvolta di trasformare un violino dal valore incerto in un pezzo da museo». Come detto, la proprietaria del violino chiede di mantenere l’assoluto anonimato. Comprensibile, visto che quel pezzo raro che si è ritrovata in soffitta, una volta spolverato, varrà davvero oro.

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