Gli invisibili? No, li vediamo e accettiamo lo sfruttamento

 La morte del ragazzo del Mali Camara per troppo caldo nella campagna pugliese

Vanni Raineri

Solo una settimana fa ci siamo occupati dei lavoratori, spesso stranieri, intrappolati in una rete di cooperative che si succedono, e spesso che subappaltano ad altre cooperative, lasciando lavoratori già di per sé poco tutelati con stipendi arretrati non riscossi. Una situazione che di tanto in tanto viene a galla ogni qualvolta si registra il fatto di cronaca, come nel caso del sindacalista dei Cobas travolto e ucciso da un mezzo pesante nel corso di un picchetto di protesta. Una situazione che si verifica anche nei servizi pubblici, come il caso di cui ci occupammo dei lavoratori impegnati nella raccolta rifiuti per il Comune di Cremona.
Lo sfruttamento dei più deboli per emergere ha bisogno ogni tanto di una tragedia, che provoca indignazione che però poi si spegne con la stessa rapidità con cui si era prodotta. Fino alla tragedia successiva.
È questo anche il succo di una lettera che abbiamo ricevuto da Gabriele Cervi da Castelverde, ex rappresentante regionale Cisl-Cgil scuola, attualmente iscritto a Cisl scuola, lettera che riportiamo nel box in alto.
Il riferimento in questo caso è alla triste vicenda del maliano Camara Fantamadi, morto dopo una durissima giornata di lavoro sotto il sole del Brindisino. A seguito di questo decesso, la Regione Puglia ha emanato un’ordinanza con efficacia immediata che vieta di lavorare nei campi dalle ore 12 alle 16 per tutta la stagione estiva. Ma si può risolvere un problema intriso di illegalità con una nuova legge? No, ovvio che non cambierà nulla, e lavoratori sottopagati, ben distante da quanto prevedono i contratti nazionali, continueranno a lavorare per pochi euro l’ora in serre che nel primo pomeriggio toccano i 50 gradi.
Il problema come noto non sono le norme, ma il loro rispetto, in assenza di controlli efficaci. E pensare che basterebbe la volontà di cambiare le cose. Ma allora perché manca questa volontà? Perché al di là della facciata si sa bene che le aziende agricole, soprattutto al sud, riescono a mantenere prezzi competitivi risparmiando sulla manodopera. Accade anche dalle nostre parti, per carità, ma in Puglia il fenomeno, cui si accompagna quello del caporalato, è più accentuato. E a poco serve che ogni tanto qualche troupe televisiva vada a documentare quanto accade sotto la luce del sole intervistando i braccianti: si sa benissimo dove questi reati vengono compiuti, e d’altro canto non si possono nascondere, ma di fatto, fatta eccezione per qualche sporadico intervento, il fenomeno non si ferma. Ammesso anche che il taglio sul costo consenta un prezzo concorrenziale, è altrettanto vero che in questo modo vengono svantaggiate le aziende che si comportano correttamente.
Ma per agire basterebbe il rifiuto di accettare comportamenti disumani. Camara è morto di caldo, e soprattutto di sfruttamento. Nessun italiano avrebbe accettato di lavorare a quelle condizioni, anche perché probabilmente il “salario” mensile non si stacca molto dal reddito di cittadinanza. A rendere ancora più complicato alzare la voce è il timore spesso di dover abbandonare il nostro Paese perché irregolari. E se l’irregolarità è di per sé una stortura, può questo giustificare uno sfruttamento del genere?


La Lettera
Egregio direttore,
l'ennesimo schiavo di colore è morto, di sfruttamento. Si chiamava Camara e aveva 27 anni, originario del Mali. È morto lavorando sotto il sole (la temperatura era arrivata a 40 gradi) in quel di Puglia per 6 euro l'ora. Camara stava tornando a casa in bicicletta da suo fratello che lo ospitava dopo aver interrotto il lavoro per un forte mal di testa. Ma durante il tragitto (doveva percorrere 10 Km in bicicletta) è stato colto da un malore ed è morto.
Questa purtroppo non è la prima morte causata dallo sfruttamento lavorativo nel nostro bel paese. E sempre vengono colpiti gli ultimi, gli invisibili, i fragili e per questo sfruttati da persone senza scrupoli. Anche questa volta per un paio di giorni se ne parlerà, faranno dibattiti, chiameranno i soliti tuttologi, vip in disarmo, e politici di sempre, strapagati e inefficienti a dire ovvietà e stronzate.
Poi ce ne dimenticheremo fino a parlarne ancora alla prossima vittima. È tutto cosi tremendamente squallido! Nemmeno la pandemia ha fatto tabula rasa delle baraccopoli dove vivono migliaia di immigrati senza luce e acqua, fra immondizia a cielo aperto.
Tutto questo sfruttamento succede da decenni in Italia, senza che nessuna autorità istituzionale seriamente, oltre ai bla bla strapagati, vi ponga seriamente rimedio.
Senza fare di tutta l'erba un fascio si può dire, che in Italia le leggi non vengono rispettate e i controlli sono un optional, quindi sta di fatto che ci si può ancora arricchire sulla pelle dei lavoratori.
Gabriele Cervi

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