CALCIO SERIE A • Dopo 26 anni di delusioni più che di gioie, la città ha accolto il ritorno in serie A con grande passione, che non dovrà svanire anche nella prossima stagione
FABIO VARESI
La promozione in serie B conquistata nel 2017 aveva creato entusiasmo, soprattutto per come è arrivata (appassionante duello con l’Alessandria, risolto solo nel finale dell’ultima partita), ma i successivi quattro campionati, terminati con altrettante salvezze, ma nel complesso nell’anonimato, avevano raffreddato l’ambiente. Serviva una stagione diversa, vissuta con spregiudicatezza e con il sogno della serie A. E d’incanto il tifo si è riacceso e anche se sembrava tutto svanito dopo le sconfitte con Crotone ed Ascoli, la curva ha continuato ad incitare la squadra e questo affetto ha sicuramente dato la spinta ai giocatori per vincere a Como e riportare la Cremonese in serie A dopo 26 anni (successo festeggiato degnamente mercoledì nel tardo pomeriggio allo Zini, con tanto di consegna della coppa per la promozione). Fare paragoni, soprattutto con epoche calcistiche diverse, non è mai facile, ma per chi come il sottoscritto ha vissuto da tifoso la stagione 1992-93 con Gigi Simoni in panchina, è logico trovare analogie con la cavalcata dei ragazzi di Pecchia. Anche allora la Cremo di Luzzara e Favalli non era tra le favorite per la promozione, ma la mossa di inserite molti giovani arrivati dalle categorie inferiori ed alcuni provenienti dal settore giovanile, si rivelò vincente e pose le basi per un triennio d’oro in serie A. Ciò non significa che automaticamente la Cremo riesca ad emulare quella squadra, masiamo sicuri che la società farà di tutto per allestire una rosa competitiva e in grado di lottare per la salvezza. L’importante è che la piazza continui a sostenerla, anche di fronte alle inevitabili difficoltà che si incontreranno nella massima serie, ricordando che in questi 26 anni i tifosi grigiorossi hanno vissuto più delusioni che gioie. Dalla retrocessione datata 1996, infatti, la Cremonese ha giocato sette campionati di serie B, tre dei quali con cocenti retrocessioni, ben 14 di serie C (con varie denominazioni) e addirittura quattro di C2, ultimo gradino del professionismo e di fatto il quarto livello del calcio italiano. Le due sconfitte in finale dei playoff di serie C con Cittadella e Varese (nel 2008 e nel 2010) bruciano ancora e avrebbero accelerato la scalata, ma la perseveranza di Giovanni Arvedi è stata finalmente premiata e nessuno, in primis il patron grigiorosso, vuole scendere dalla giostra del calcio che conta, visto quanto è bello esserci saliti sopra.
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