Follia in ospedale: la donna partorisce e lui chiude il bimbo in una felpa: «Non toccatelo, è un dono di Dio»
I Carabinieri di Crema, nel tardo pomeriggio del 2 giugno, hanno denunciato per resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto di indicazioni sull’identità personale e abuso dei mezzi di correzione un cittadino straniero di 33 anni, disoccupato. Tutto è iniziato alle 15 quando i militari sono intervenuti in un’abitazione del centro città su richiesta di personale sanitario del 118 che stava soccorrendo una donna che aveva partorito in casa sebbene non avesse con sé il piccolo. Quando la pattuglia è arrivata sul posto ha trovato i medici in atto di soccorrere la donna, con ancora il cordone ombelicale attaccato, stesa sulle scale del palazzo. Anche ai militari la donna ha detto che il neonato era al sicuro con il suo compagno senza dare ulteriori dettagli. I militari hanno quindi cercato e trovato il loro appartamento dove hanno trovato un uomo con un bimbo che aveva poche ore di vita, tenuto avvolto all’interno di una felpa. L’uomo era diffidente nei confronti di carabinieri e medici e ha affermato che solo lui poteva curarlo e assisterlo, tenendo tutti lontani e impedendo a chiunque di entrare in casa e avvicinarsi, continuando a tenere in braccio il piccolo e rifiutando qualunque controllo o visita medica nei confronti del neonato. Solo dopo un po’ di tempo si è fatto convincere ad andare all’ospedale di Crema insieme alla donna che era in gravi condizioni per la seria perdita di sangue e per un’infezione in atto, ma anche in ambulanza e in ospedale ha impedito a chiunque di avvicinarsi al bambino tenendolo in braccio all’interno di una felpa, ripetendo che non si fidava di nessuno.
L’uomo, durante i colloqui con medici e carabinieri, non ha mai voluto riferire il suo nome e non ha detto nulla su quando era avvenuto il parto, neppure dettagli sulla nutrizione. Continuava a ripetere in maniera insensata che il bambino era un dono di Dio e che solo i genitori potevano soddisfare i suoi bisogni. I medici hanno provato più volte a fargli capire che il bambino non poteva essere tenuto in una
felpa perché era a rischio disidratazione e asfissia, ma l’uomo non voleva ascoltare nessuno intorno a lui. Ha continuato a impedire qualunque visita mettendo a rischio evidente la vita del neonato e a quel punto, tenuto conto che il 33enne farneticava con frasi senza senso su reincarnazione e purezza dell’anima, un medico psicologo dell’ospedale ha provato a parlare all’uomo, non riuscendo nell’intento di convincerlo a lasciare il piccolo.
I carabinieri hanno deciso di affiancare al personale medico anche un militare esperto in negoziazione, figura istituzionale particolarmente preparata per intervenire in situazioni delicate in cui è necessario instaurare un dialogo con persone in stato di alterazione psicofisica. Giunto in ospedale in tempi rapidissimi, il negoziatore è riuscito nell’intento di creare un contatto con l’uomo attraverso una lunga conversazione, ma costui continuava a tenere il bambino sotto la felpa e stretto al suo petto, rendendo impossibile qualsiasi intervento nei suoi confronti perché ne avrebbe messo a rischio l’incolumità. Verso le 19 i medici hanno riferito ai carabinieri che era necessario intervenire per poter visitare il bambino e alimentarlo, anche perché il neonato piangeva da molto tempo.
Il militare-negoziatore è riuscito a convincere l’uomo ad andare a trovare la compagna per farle vedere il piccolo al fine di poterne iniziare l’allattamento, ma giunto nella stanza ha continuato a rifiutare di lasciare il bambino. Distrattolo con uno stratagemma, i militari lo hanno bloccato e, nonostante avesse tentato una reazione, il militare negoziatore, unitamente ad una dottoressa del reparto di pediatria ha aperto la felpa estraendo il bambino e mettendolo al sicuro. L’uomo è stato denunciato e nei suoi confronti è stato richiesto un trattamento sanitario obbligatorio, mentre la donna è in miglioramento per le cure ricevute. Il bambino si trova al reparto neonatale ed è in buone condizioni generali.
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