LIBRI E DINTORNI • L’incontro e la frequentazione con la fotografa e intellettuale mancata il 5 luglio all’età di 98 anni
ALESSANDRO ZONTINI
Era il giorno 29 luglio 2013. Vado in edicola ed acquisto “La Stampa”. Rientrato a casa, apro il quotidiano torinese e, come sempre, indirizzo la mia attenzione all’inserto dedicato ai libri e alla cultura. Mi incuriosisce l’intervista di una anziana signora fotografata, mi pare, sul tetto di una casa. L’intervista si intitola: “Quando Pound mi apparve in vestaglia”. Leggo l’intervista e ne resto sbalordito. Poche domande ed una serie di risposte appassionate ed acute di questa signora che denota grande poliedricità intellettuale. Per fortuna esiste internet e, di slancio, vado alla ricerca per scoprire chi sia costei. Mi addentro, in tal modo, nel mondo, fin ad ora a me del tutto sconosciuto, di Lisetta Carmi. Scopro anche che, da poco, è uscito un libro scritto da Giovanna Calvenzi dal titolo “Le cinque vite di Lisetta Carmi” (Bruno Mondadori editore, Milano, 2012) e ne acquisto subito una copia che divoro in poche ore. Scopro una personalità gigantesca, una donna instancabile sia nell’azione intellettuale che nella meditazione speculativa e, soprattutto esente, nell’affrontare le “cose” della vita, dai vincoli, lacci e lacciuoli di un condizionamento culturale e mentale insensato e controproducente.
Scopro Lisetta Carmi e le sue cinque vite. Nata a Genova il 15 febbraio 1924, fin da giovane la Carmi si dedica ad una - quasi - inattesa attività di musicista e, compiuti i necessari studi per pianoforte, si dedica ad una apprezzata attività pianistica che la porterà, in seguito, ad esibirsi anche in Austria, in Germania ed altrove in Europa. Di origini ebraiche, le leggi razziali del 1938 la sorprendono improvvisamente, assistendo dapprima all’esilio dei suoi due fratelli che, in seguito, raggiungerà, unitamente ai suoi due genitori, nel 1943, dopo l’armistizio e la calata delle truppe tedesche in Italia. Lisetta trova, quindi, asilo in Svizzera, attraversando a piedi le Alpi con, sotto il braccio, un faldone di quegli spartiti con le musiche cha amava tanto eseguire al pianoforte. Fino ai suoi 35 anni la Carmi si dedica alla musica, allontanandosene solo quando scopre la fotografia. Inizia la sua seconda vita, quella, molto nota e celebrata, di fotografa per cui anche la storia della fotografia le deve essere grata. Sempre ponendosi a difesa degli umili e di quelle persone spesso relegate ai margini della società, Lisetta realizza reportages fotografici nei luoghi più remoti del pianeta, documentando realtà connotate daquell’estrema miseria che, al “ricco Occidente”, paiono così avulse dalla vita ordinaria. Quasi per caso, Lisetta Carmi decide di vivere (e lo farà per quasi tre anni) a contatto con i travestiti dei bassifondi di Genova, creature emarginate, se non disprezzate, di giorno da quelle stesse persone che le cercano di notte. Lisetta si fa subito benvolere e, molto amata, scatta con la sua Leica ritraendo i visi, spesso nobili e drammaticamente reali dei “suoi” travestiti. La fotografa ne trae un libro che incontrò notevoli difficoltà nella sua circolazione: “I travestiti”. Le case editrici più importanti si rifiutarono di rendersi responsabili della diffusione di un tale orrore e solo l’editore romano “Essedì” si offrì per realizzare questo iconico libro fotografico. I librai lo tenevano celato, evitando accuratamente di esporlo in vetrina, temendo la riprovazione generale. Il volume ebbe notevoli difficoltà al punto che l’editore decise di ritirarlo e di inviarlo allo smaltimento, al macero. Fu l’intervento di Barbara Alberti e della stessa Lisetta a salvare il volume dall’olocausto. In particolare la Alberti ne acquistò numerose copie che regalò, con generosità, ad amici e parenti. L’altra acme per cui viene ricordata Lisetta è la sequenza di fotografie che ritraggono il poeta Ezra Pound scattate a Sant’Ambrogio di Rapallo, nel 1966. Di tale celebre sequenza, Umberto Eco ebbe a dire che raccontavano Pound di più quegli scatti della Carmi rispetto a tutto quello che è stato scritto sul poeta in anni e anni di studi. Riposta la propria Leica R 4 nella cassetta di sicurezza della banca, Lisetta si avvicina spiritualmente a Babaji. È Gora Devi, una ragazza italiana, che le scrive dall’India e la invita a conoscere quel santo uomo. Lisetta, con quel suo fare d’impeto, tratto costante della vita, parte alla volta dell’India fino a Jaipur. Inizia la sua terza vita. L’incontro con Paolo Ferrari, medico, psicoterapeuta e ricercatore con cui Lisetta avvia un proficuo rapporto artistico, è la sua quarta vita. In seguito, quasi per caso, ritrova il libro di Ezra Pound dedicato a Confucio, edito da quel leggendario e coraggioso editore che era Vanni Scheiwiller e, così, si accosta alla calligrafia cinese tratteggiando con un grande pennello intinto di nero, su vari fogli di carta che appendeva nella sua casa di Cisternino, gli ideogrammi raggiungendo una notevole maestria. La sua quinta vita in Val d’Itria. Ed è proprio in Val d’Itria che decido di cercare Lisetta, mutuando quel suo istintivo temperamento che la portava a compire azioni senza tentennamenti. Avevo letto nel libro di Giovanna Calvenzi che Lisetta era solita sbrigare acquisti in un’erboristeria di Cisternino. Quale miglior indizio per sbrogliare la matassa? Giunto a Cisternino individuo subito un’erboristeria, poco distante da dove avevo parcheggiato. Entro e, come un qualsiasi acquirente, acquisto un qualsiasi prodotto, dissimulando. Chiedo alla commessa, molto, molto gentile se, per caso, conoscesse la fotografa Carmi. «Lisetta? Passa qui quasi tutti i giorni ma oggi non l’ho vista. Guardi... la chiamo al telefono», mi risponde. Vedo la ragazza cercare su un’agenda e, poi, comporre il numero. «Lisetta, buongiorno. C’è qui un signore di Cremona che vuole conoscerla». «Digli che infilo le scarpe e arrivo» è la risposta. Ringrazio la commessa e attendo in strada. Trascorrono pochi minuti e, avvolta in un bel “sari” indiano, arriva la Carmi. Ho a tracolla la mia Leica R 4 e lei mi individua subito. Allargo le braccia come in segno di “vittoria”, lei fa lo stesso e mi abbraccia come se ci conoscessimo da sempre. Negli anni a seguire sono sempre ritornato a Cisternino a trovarla. Fino allo scoppio della pandemia da Covid-19. Mi ha raccontato la genesi de “I travestiti” e, ad ogni nostro incontro, il suo incontro con Ezra Pound. E lo faceva con una capacità descrittiva che pareva di essere a Sant’Ambrogio di Rapallo, nel 1966. La ricerca della casa del Poeta, come lo chiamava Lisetta, la sua fortunosa scoperta, la porta che si apre e Pound che esce dall’uscio senza profferire una parola, i capelli spettinati, in vestaglia, prigioniero del silenzio. Per circa quattro minuti Pound scruta lontano quasi senza accorgersi di Lisetta che, nel frattempo, scatta con la sua Leica. L’ultima istantanea ritrae Ezra e, alle sue spalle, una ombra diafana e quasi impercettibile. È la cameriera che lo afferra dolcemente e lo riporta all’interno dell’abitazione quasi, narrava Lisetta, come se la morte fosse arrivata a ghermirlo. Per questi scatti alla Carmi fu assegnato il premio Nièpce e, quelle foto, fungono da copertina per innumerevoli libri dedicati al Poeta in tutto il mondo. Lisetta saliva le scale in beola che conducevano al suo luminoso appartamento in centro a Cisternino con un’agilità inspiegabile per i suoi oltre novant’anni. Faticavo a starle dietro. Una sola volta la vidi affaticata. Era appena stata a Genova ad allestire la sua personale e aveva lavorato indefessamente per cinque giorni. Riparlammo di quella mostra ben allestita a Palazzo Ducale tra il 2015 ed il 2016, e di una - piccola - censura che la contraddistingueva. Armata della sua Leica R 4, Lisetta era entrata in una sala parto ed aveva documentato la nascita di un bimbo, il momento più bello per l’uomo. L’esposizione delle foto, certamente crude e senza censura alcuna ma naturali e senza filtri, trovò la netta opposizione di qualche personaggio e si dovettero esporre in una piccola sala fuori dalla quale campeggiava un burocratico avviso, posto su di un cartello, che ne vietava la visione ai minori. Come se il fenomeno della nascita fosse un momento di cui vergognarsi. Altri ancora furono i vergognosi contegni di amministratori locali che ostacolarono l’esposizione delle fotografie di Lisetta, i cui nomi non intendo nemmeno ricordare. Lisetta ne era infastidita e, al contempo, divertita. Il 5 luglio scorso, Lisetta partiva per un altro viaggio. Non aveva paura perché sosteneva, con la solita indomita fede, che “La morte è meraviglia”.
Bravo Zonto!
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